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23 Aprile 2024

Clima: temperature bollenti al Polo nord e progressivo arretramento dei ghiacci

di Michela Diamanti
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Clima: temperature bollenti al Polo nord e progressivo arretramento dei ghiacci

Il preoccupante fenomeno del riscaldamento globale sta avendo gravi ripercussioni ai due poli della Terra, che si starebbero sciogliendo a un ritmo sei volte più rapido rispetto a quello degli anni '90 del secolo scorso

Dopo un inverno relativamente mite, già da febbraio scorso, gli studiosi che monitorano lo stato di salute dei ghiacci polari hanno avuto modo di osservare temperature anche di 20 gradi centigradi superiori alle medie climatiche (che in questo periodo dovrebbero oscillare tra i -35 e i -25 gradi). Per questo motivo, il 73% dei fornitori di energia elettrica – una grande maggioranza – propone ormai offerte verdi (come Sorgenia e Green network) e soltanto il 27%, ormai, propone tariffe tradizionali e non ecologiche. Per la salvaguardia dell'ambiente, è importante scegliere una fornitura green presente sul mercato dell’energia italiano e si può cambiare fornitore semplicemente fornendo i dati anagrafici e il codice pod reperibile in bolletta. Il Centro meteo americano (Gfs - Global forecast system) ha recentemente osservato, infatti, un preoccupante innalzamento delle temperature, che hanno toccato i 5 gradi: un clima freddo ma comunque ospitale, se riferito a una zona densamente popolata, ma decisamente 'rovente' se osservato al di sopra del perimetro del circolo polare artico. Secondo il Gfs, il fenomeno è la conseguenza dell'alta pressione (flusso d'aria calda) che ha investito l'Asia settentrionale (in particolare la Siberia, che in buona parte si trova all'interno della zona artica). Sempre a febbraio si è registrata anche una risalita di aria calda che, dall'Europa orientale, ha condizionato la regione artica, creando le condizioni per un 'blocco' dell'espansione dei ghiacci polari, destinati a fondersi a temperature superiori allo zero, nonché per una 'fuga' di aria fredda dall'artico, che potrebbe investire l'America settentrionale, andando incontro alle correnti calde in salita provenienti dal Golfo del Messico. Il fenomeno, denunciato più volte negli ultimi anni, porta con sé altre conseguenze immediate: oltre a un abbassamento delle temperature nelle zone investite dalle correnti fredde, è probabile la formazione di 'super-celle', ovvero di vortici d'aria atmosferica (i mesocicloni), che costituiscono il fenomeno temporalesco più violento in natura e di cui gli Stati Uniti detengono il primato (anche se, ultimamente, questo genere di anomalia temporalesca ha fatto visita anche nella Pianura Padana, dove nel 2019 si sono registrate ben 3 ‘super-celle’ con formazione di tornado). Queste escursioni del termometro artico verso temperature 'continentali' non sono una novità. Anzi, i dati di questi mesi sembrano confermare un trend negativo che, già nel 2016, raggiunse un picco preoccupante, con l'autunno più caldo della storia artica, con temperature del tutto simili a quelle di oggi. Una tendenza che va di pari passo con il progressivo arretramento dei ghiacci, al tempo stesso causa ed effetto dell'innalzamento delle temperature: più l'aria è calda, più è debole la loro formazione; più i ghiacci si sciolgono, più facilmente le corrrenti meridionali, calde e umide, potranno penetrare nella regione artica; più sono estese le aree di acqua non congelata, più quest’ultime saranno in grado di assorbire luce solare, contribuendo a mantenere le temperature su valori elevati. Un circolo vizioso, dunque, destinato ad autoalimentarsi e a consolidare il processo di scioglimento dei ghiacci polari: alla fine dell'estate 2016, secondo i dati del National Snow and Ice data Center dell'Università del Colorado (l'Insidc fornisce aggiornamenti periodici sulle variazioni della calotta artica, partecipando al progetto Mosaic - Multidisciplinary drifting Observatory for theorsi.jpg Study of Artic Climate) sono stati misurati 6,4 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio artico, 400 mila in meno rispetto al 2007. Secondo l'istituto statunitense, dal marzo 1979 al marzo 2020, il Polo nord avrebbe perso circa 1,66 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio: un'estensione paragonabile a quella dell'intero Stato dell'Alaska. Inoltre, uno studio degli ecosistemi polari, realizzato dal team che gestisce il progetto 'Ice Sheet Mass Balance Intercomparison Exercise' (collaborazione internazionale di esperti di climatologia che ha analizzato i dati relativi alla Groenlandia e all'Antartide), conferma che il processo di scioglimento della calotta di ghiaccio sta seguendo un ritmo 6 volte più rapido rispetto agli anni '90 del secolo scorso. La massa di ghiaccio finita in mare è passata da circa 81 miliardi a 475 miliardi di tonnellate annue, dal 2010 in poi. In base a questa ricerca, tra il 1992 e il 2017 sono stati persi, in Artide e in Groenlandia, circa 6,4 trilioni di tonnellate di ghiaccio, con l'effetto di un innalzamento del livello del mare di circa 18 millimetri. Se questa tendenza dovesse essere confermata, per gli studiosi sarà necessario rivedere al rialzo di 17 centimetri le previsioni di aumento del livello del mare, che potrebbe crescere di 53 centimetri nel 2100, secondo quanto stimato dall'Ipcc (Intergovernmental Panel for Climate Change: l'organo delle Nazioni Unite dedicato all'osservazione e allo studio dei cambiamenti climatici). Si tenga in considerazione, infine, che i dati ora esposti sono tutti indissolubilmente interconnessi: aumento della temperatura, arretramento dei ghiacci, innalzamento del livello del mare e coorrenti d'aria che si scambiano di posto costituiscono gli ingredienti di una miscela esplosiva, in grado di condizionare pesantemente il clima a cui siamo abituati, con conseguenze imprevedibili sulla temperatura globale e l'innesco di repentini fenomeni atmosferici (temporali nelle forme più intense) e marini (inondazioni), potenzialmente distruttivi e letali. E' prematuro immaginare quali conseguenze potranno avere sui cambiamenti climatici i rallentamenti subiti dalle produzioni industriali, a causa della recente emergenza sanitaria. La pandemia per il Covid-19 ha sconvolto la vita e le abitudini di milioni di persone in tutto il mondo, spingendo i governi a intraprendere azioni drastiche, nel tentativo di contenere il contagio. Questa convergenza, la preoccupazione dilagante di fronte a un nemico invisibile che si è 'presentato' senza farsi 'annunciare', tarda però a replicarsi di fronte a eventi della natura che sembra volerci lanciare un monito severo, con congruo preavviso. Il tema del 'climate change' stenta a raccogliere la medesima attenzione, sia nella coscienza politica, sia in quella collettiva, rimanendo un argomento di èlite per studiosi e attivisti, senza essere affrontato con la necessaria priorità  dagli attori politici. L'accordo di Parigi, sottoscritto nel 2015 tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfcc) ha fissato degli obiettivi sfidanti, con la prospettiva di contenere, come obiettivo a lungo termine, l'aumento medio della temperatura al di sotto di 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali. E' lecito chiedersi se queste iniziative siano sufficienti a tracciare la strada migliore per il futuro delle nuove generazioni. Secondo uno studio del 'National Center for Climate Restoration di Melbourne' (Australia), gli accordi di Parigi non avrebbero tenuto nella dovuta considerazione il meccanismo di 'long term carbon cycle feedback' - legato al rilascio nell'atmosfera di gas serra, presenti anche nel permafrost - in grado di accentuare in negativo i mutamenti del clima e l'aumento della temperatura. Un processo che potrebbe portare a superare ‘punti di non ritorno climatici’ (in particolare, l'estensione delle calotte polari e del permafrost, nonché i livelli di mari e oceani), oltre i quali il 'global warming' tenderebbe ad autoalimentarsi, rendendo vani gli sforzi che l'uomo dovesse spendere per il contenimento delle emissioni. Questa prospettiva pone una pesante ipoteca sul futuro del pianeta, la cui salute sembra sfuggire alle attuali generazioni, cresciute negli agi (non per tutti) di un modello economico e di uno stile di vita distratto, poco attento ai delicati equilibri della natura, le cui alchimie dovrebbero essere tenute in maggiore considerazione. I campanelli di allarme continuano a risuonare come un ‘mantra’: sta a noi dare a essi il giusto 'peso', che non è certo quello di qualche pezzo di ghiaccio vagante in mare o di un improvviso colpo di vento. Abbiamo, ancora adesso, tutte le possibilità per evitare di doverci sedere al tavolo di uno stravolgimento climatico, perchè possiamo esser certi che il ghiaccio perduto non si recupererà.

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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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