Le 2700 tonnellate di spazzatura romana rischiavano di tornare a Colle Fagiolara, alle porte della capitale, nonostante le operazioni di messa in sicurezza della discarica che dalla chiusura di Malagrotta aveva accolto l’indifferenziato di Roma siano già iniziate
Ci risiamo. Dalla chiusura della discarica di Malagrotta del 2013, quella dei rifiuti romani è diventata una questione che si propone ogni anno, in particolar modo d’estate. Una delle prime soluzioni individuate per le 2700 tonnellate di indifferenziato prodotte dal territorio della capitale è stata Colle Fagiolara: una discarica confinante con la zona industriale di Piombinara di Colleferro, con il Monumento naturale Selva di Paliano e, attualmente, il nuovo polo logistico Amazon. In breve tempo, la discarica di Colleferro, sin dalla sua apertura alla metà degli anni ‘90 fino alla chiusura, ha accolto rifiuti dell'intera regione insieme a Malagrotta, rischiando di superarla in dimensioni. Dal 15 gennaio 2020 risulta chiusa. E ‘Lazioambiente’ ha già iniziato a spendere i soldi stanziati per le lunghe operazioni di copertura e messa in sicurezza. A fine giugno, il Campidoglio non avrebbe potuto più inviare le sue 2700 tonnellate di rifiuti giornalieri fuori dalla Regione Lazio. La Giunta presieduta da Nicola Zingaretti, il 28 maggio scorso ha imposto un ultimatum alla sindaca di Roma, Virginia Raggi: entro 60 giorni, la prima cittadina della capitale dovrà aver trovato un sito per i rifiuti della 'città eterna', altrimenti verrà commissariata. Ecco perché, il 12 giugno, una piccola rappresentanza del movimento ‘Rifiutiamoli’ si è riunita davanti i cancelli della discarica di Colle Fagiolara. Non c’è stata nessuna smentita da parte della sindaca circa la possibilità, millantata dall’assessora Katia Ziantoni e da Ama, di riaprire la discarica. “Questo luogo non appartiene più a Lazioambiente”, afferma al megafono il sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, “appartiene ai cittadini, che hanno ottenuto dopo anni di lotte la chiusura del sito. Nessuna strategia del terrore su possibile perdita di posti di lavoro funzionerà, stavolta: il ‘capping’ di Colle Fagiolara è solo una prima parte di interventi che avranno fine tra 30 anni. I soldi stanziati per la fine di questo capitolo della città di Colleferro iniziano a essere spesi. Roma ha un territorio immenso: se solo riuscisse a fare la raccolta differenziata come la facciamo qui, non avrebbe bisogno di delegare ad altri lo smaltimento dei suoi rifiuti”. ‘Rifiutiamoli’, il movimento nato per la grande mobilitazione dell’8 luglio 2017, ha portato alla decisione di chiudere i cancelli della discarica a dicembre 2019, poi prorogata a gennaio 2020. “Colleferro, come ogni cittadina della provincia romana, ha il diritto di avere una vocazione diversa da quella di essere la discarica della capitale”, ha detto Alessandro Coltrè, giornalista ambientale e attivista del movimento ‘Rifiutiamoli’. “La logistica e i rifiuti non possono essere l’unico motore di sviluppo di territori a margine. Abbiamo la stessa dignità di chi abita ai Parioli. I 1200 abitanti di Magliano Romano, che rischiano di dover accogliere 2 mila tonnellate di rifiuti al giorno della capitale, non hanno alcuna colpa per aver scelto di vivere in una località marginale”. È Roberto Rosso, una voce autorevole dell’attivismo colleferrino, a effettuare un’analisi più globale - e politica - del problema: “Gestire la raccolta differenziata di 3 milioni di cittadini richiede un lavoro di coordinazione, che metta in comunicazione le specificità di un territorio vasto come quello di Roma. Servono larghe intese, oltre che una transizione energetica dal sapore di rottura: c’è una crisi climatica in corso: bisogna far presto”. Per altri 6 mesi, i rifiuti della capitale prenderanno strade extra-regionali: Campania, Toscana e Abruzzo si sono dimostrati ‘solidali’ con l’emergenza romana. Segno che la storia di Colleferro sul business dei rifiuti non ha insegnato niente. Dall’amministrazione Colabucci, del 1993, durante tutto il periodo di governatorato di Silvano Moffa, fino ad arrivare alla Giunta Cacciotti, si è cercato di fare dei rifiuti un business, declinando in senso logistico la vocazione ‘operaia’ della cittadina, nata intorno alla fabbrica neanche cento anni fa. Ma tutto è andato storto: dalla legalizzazione di una discarica, mai bonificata dall’abusivismo degli anni ’70 del secolo scorso, la quale in 30 anni ha quasi raggiunto le dimensioni di Malagrotta, la più grande d’Europa; all’incenerimento di rifiuti tossici, fino alla manomissione dei dati sull’inquinamento atmosferico, che hanno portato all’avvelenamento dei polmoni dei cittadini. Da parte di Colleferro non si tratta di non essere solidali con Roma, né di paventare lo spostamento della soluzione del problema dei rifiuti in un altro territorio, marginale tanto quanto la cittadina fondata da Giovanni Parodi Delfino, al confine col frusinate. Si tratta di individuare strategie di breve e lungo termine che evitino di trasformare ogni estate romana in un’emergenza rifiuti. Per ora, ogni ipotesi di economia circolare continua a essere un fantasma che terrorizza l’industrialismo di ogni fazione politica.
QUI SOPRA: I SINDACI DELLA VALLE DEL SACCO E 'RIFIUTIAMOLI' DICONO BASTA AI RIFIUTI DI ROMA
AL CENTRO: IL SINDACO DI COLLEFERRO, PIERLUIGI SANNA
IN APERTURA: IL FLASH MOB ORGANIZZATO DA 'RIFIUTIAMOLI' NEL RISPETTO DELLE NORME ANTI-COVID