I ‘sovranisti’ proseguono la loro polemica contro la Ue, mentre gli 'europeisti' criticano le inefficienze e gli egoismi dei singoli 'Stati-membri', ma nel campo del risparmio energetico e in quello della tutela ambientale, le cose non vanno così male
Gli spazi in cui viviamo, sono degli eccezionali ed evidenti prospetti del passato. Se vogliamo parlare di energia, aria, ecoinformazione e rivalutazione del nostro patrimonio storico-culturale, non possiamo tralasciare ogni dettaglio della nostra cultura sposata a un piacere reverso, di ritorno, verso le nostre città. La continua trasformazione dei luoghi di passaggio e attraversamento delle vie del centro, rendono Roma, come tante altre città, caratteristica e bella: un luogo condivisibile e perlustrabile nella sua identità. Ricreare un paesaggio totalmente privo di infiltrazioni ad alto tasso di idrocarburi tossici, supera ogni possibilità per il raggiungimento degli obiettivi dettati dai Trattati internazionali. L’avvalorare il pensiero ecosostenibile combacia perfettamente con l’idea della ecosostenibilità e del rinnovamento delle risorse finalizzate al riutilizzo e al riciclo degli oggetti di primo consumo. Il cittadino romano dovrà agire per far sì che il consumo delle risorse sia reso identico a ogni generazione successiva. Lo scopo di lasciare un pianeta più sano per spazi, luoghi protetti e biodiversità, dovrà muovere dei cambiamenti intesi globalmente, per una limitazione equilibrata delle emissioni di Co2 in grado di salvaguardare non solo l’atmosfera terrestre, ma anche il ‘microambiente’ cittadino. L’alto tasso di diffusione dei residui chimici comporta, per esempio, una confluenza nelle acque del mare degli scarichi plastici. Un nostro grande e primo investimento importantissimo è, perciò, quello di cominciare a pensare a scelte ecosostenibili di riutilizzo e di riciclo, di conversione alla bioarchitettura, al fine di trasformare la capitale d'Italia in un luogo che sappia rispettare sia l’ambiente, sia la nostra salute. Le stesse auto elettriche sono sicuramente una delle idee che l’ingegneria ci ha mostrato, favorendo la scelta di una salubre vita a piedi nei piccoli centri, in città come in alta montagna. Cominciare a pensare in termini di ecosostenibilità può trasformarsi in una predisposizione del cittadino per amare e preservare la propria città, affinchè le prossime generazioni possano usufruire della stessa quantità di risorse di cui abbiamo, oggi, piena disponibilità. Per adottare questa visione, bisogna impegnarsi a proteggere l’interesse degli animali, delle piante e, più in generale, del nostro intero ecosistema. Dobbiamo riuscire a fare la differenza per il nostro pianeta, dato che è importante anche l’impegno individuale, che nel suo piccolo può risultare prezioso. Tutto questo ci impegna in Kyoto 2020. Il cambiamento climatico e gli effetti negativi dell’inquinamento hanno posto l’accento sulle problematiche ambientali. Uno degli aspetti che desta maggior preoccupazione è ‘l’effetto serra’: l’aumento della temperatura media della Terra, provocato dall’emissione in atmosfera di alcuni gas, di cui il più rilevante è l’anidride carbonica (Co2). Ecco perché risulta necessario applicare il Protocollo di Kyoto sia nelle grandi, sia nelle ‘piccole’ realtà. E, per far questo, diviene necessario reperire energia da fonti rinnovabili, oltre a operare un netto miglioramento dell’efficienza del 'parco-centrali termoelettriche'. Ma a prescindere da questo problema, più generale, è chiaro che per megalopoli come Roma l’aspetto rilevante è la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. Questioni che ci impongono di ragionare in un’ottica di sostenibilità e di impatto sul territorio come una necessità non solo dei cittadini.
Il Piano ‘20-20-20’
Ecco dunque le misure pensate dall'Unione europea per il contrasto al cambiamento climatico. Il ‘pacchetto’ di misure era contenuto nella direttiva 2009/29/CE, entrata in vigore nel giugno 2009 e valido fino al 2020. Una normativa alla quale noi di ‘Periodico italiano magazine’, su indicazione della direzione, abbiamo spesso fatto riferimento in questi anni, per tutti i servizi relativi al risparmio e all’efficientamento del nostro sistema energetico. La denominazione stessa del ‘Piano’, ovvero il suo ‘titolo’, parlando in termini giornalistici, fa riferimento all’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 20%, di alzare al 20% la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e di portare al 20% il risparmio energetico entro il 2020. Scopo della direttiva era quello di contrastare i cambiamenti climatici, promuovendo l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili tramite obiettivi vincolanti per i 'Paesi-membri'. Ma il suo significato ‘reale’ era quello di trovare una modalità per coinvolgere i cittadini in un impegno di questo tipo senza dover attendere difficilissimi accordi ‘globali’. In pratica, l’impegno europeo si è rivolto, già in quest’ultimo decennio, a promuovere il proprio impegno unilaterale, rilanciandolo oltre il -20% di emissioni entro il 2020, per poi portarlo al -30% entro il 2030 e a -50% nel 2050. E già oggi, anche se non accompagnato da un accordo globale di livello planetario, il pacchetto ‘clima-energia’ della Ue può essere giudicato un buon insieme di provvedimenti, tesi a contrastare il cambiamento climatico e aumentare l’efficienza energetica. Un’operazione lodevole e, in buona parte, riuscita, che premia la lungimiranza di Bruxelles e della nostra linea editoriale.
Le fonti energetiche rinnovabili nel ‘Piano 20-20-20’
Un ulteriore importante direttiva europea è stata quella che ha definito gli obiettivi e i mezzi finalizzati al raggiungimento della quota del 20% della produzione di energia proveniente dalle fonti rinnovabili, misurata sui ‘consumi finali’. La tanto criticata Unione europea ha infatti pubblicato, il 5 giugno 2009, la direttiva 2009/28/CE in cui sono stati indicati gli indirizzi relativi al settore delle fonti rinnovabili. Secondo quella norma, ogni ‘Stato-membro’ avrebbe dovuto preparare, entro il 30 giugno 2010, un Piano di azione nazionale (Pan) che il nostro ministero dello Sviluppo economico ha redatto, approvato e applicato puntalmente. Anche di questo, le nostre testate sono state le prime a dare diffusione in merito all’etichettatura dei prodotti energetici, all’adozione delle nuove valvole di fruizione dei riscladamenti nelle nostre abitazioni, alla sostituzioni delle vecchie caldaie a kerosene con quelle a metano. Piccoli cambiamenti ampiamente condivisi e regolarmente eseguiti dai cittadini. Ma quando si parla di ‘consumi finali’ di energia s’intendono sia le forme di approvvigionamento di energia nel settore civile, sia in quello industriale. Stiamo cioè facendo riferimento non solo ai consumi di elettricità per il condizionamento (riscaldamento e raffrescamento), ma anche nei trasporti, dove i biocombustibili possono riuscire coprire il 10% dei consumi dell’intera Unione europea. Oltre a ciò, considerati la popolazione e il Pil, l’obiettivo assegnato all’Italia doveva essere del 17%: tale quota è stata ripartita in ulteriori obiettivi specifici tra le singole Regioni, secondo una suddivisione chiamata ‘burden sharing’. Nella fase iniziale, l’Ue ha insistito molto sulla raccolta statistica puntuale dei dati sui consumi e sulle azioni intraprese dagli enti locali dei singoli 'Stati-membri' per il raggiungimento dei propri ‘target’, così da mettere in relazione le diverse esperienze, confrontarle tra loro e definire così i migliori piani di sviluppo. Cosa che, incredibile a dirsi, l’Italia ha eseguito con una certa puntualità, dando un ‘inedito’ e sorprendente segnale di responsabilità civile.
Le politiche dell'energia e del clima per il 2020
Adesso che al 2020 ci siamo arrivati, è necessario raggiungere i nuovi obiettivi ‘clima-energia’ previsti per il 2030. Dobbiamo cioè insistere sul taglio delle emissioni di 'gas serra' del 40% rispetto ai livelli del 1990, nonché sul fronte delle rinnovabili, che dovranno arrivare al 27% dei consumi finali di energia, limato al ribasso il 'target' sull'efficienza energetica, ridotto anch'esso al 27% rispetto al 30% previsto in precedenza. L’obiettivo vincolante è sempre quello di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera, mentre i ‘target’ su rinnovabili ed efficienza energetica, calcolati come riduzione rispetto all'incremento dei consumi previsti, sarà rivisto entro l’anno in corso.
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