Nel centenario dalla nascita e a dieci anni dalla scomparsa, Roma celebra la pittrice del ‘Gruppo Forma 1’ ripercorrendone la parabola artistica attraverso cento tra le opere più significative
Dallo scorso 6 marzo - e fino al prossimo 9 giugno 2024 - ha preso il via, a Palazzo delle Esposizioni in Roma, l’attesa retrospettiva su Carla Accardi (Trapani, 1924 - Roma, 2014): un’artista siciliana attiva tra gli anni ‘40 del novecento e i primi quindici del duemila, una delle protagoniste della scena artistica italiana e internazionale del secondo dopoguerra. Realizzata in collaborazione con l’archivio 'Accardi Sanfilippo' con il sostegno della Fondazione 'Silvano Toti', curata dalle storiche dell’arte, Daniela Lancioni e Paola Bonani, negli ambienti di Palazzo delle Esposizioni, la mostra intende presentare al grande pubblico l’itinerario creativo della Accardi nella sua interezza: dagli esordi figurativi degli anni ‘40 del secolo scorso ('Autoritratto' del 1946; 'Visita su un campo da tennis' del 1947), permeati ancora di una cultura visiva d’avanguardia (dalle accensioni cromatiche fauve al cubismo, alle composizioni di Mondrian, fino alle sperimentazioni di Kandinsky, ndr), alle avventure segniche dei successivi anni ‘50, passando per quelle materiche e ambientali degli anni ‘60 (la 'Tenda' del 1965-1966 e i 'Rotoli' del 1965-69), che avvicinarono la pittrice al movimento di ‘Arte concreta’, a Michel Tapié e all’arte povera, per arrivare, infine, alle opere degli anni ‘90 e dei primi decenni del duemila ('Imbucare i misteri', 2014), conclusive di un percorso coerentemente e irreversibilmente orientato al segno pittorico astratto. Esposte nelle sette sale al pianterreno, fisicamente e concettualmente a raggiera rispetto alla grande 'Triplice Tenda' (1969-1971) allestita nella rotonda centrale, le 100 opere scelte dalle curatrici illustrano, in modo equilibrato e riuscito, gli scatti evolutivi dell’artista, testimoniandone la totale e profonda adesione all’astrattismo formale. Fu proprio tale inclinazione poetica a spingerla, trasferitasi a Roma appena diplomata presso l’Accademia delle Belle Arti di Palermo, ad aderire al ‘Gruppo Forma 1’: un 'collettivo' artistico, ratificato nel marzo del 1947, attraverso la pubblicazione del Manifesto 'Forma 1' sul primo e unico numero dell’omonima rivista. Insieme a lei, gli artisti Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato: “Tutti dichiaratisi”, recita il manifesto, “formalisti e marxisti, convinti che i termini marxismo e formalismo non siano inconciliabili”, dunque in aperta opposizione all’arte marcatamente figurativa promossa, invece, da Palmiro Togliatti e dal Partito comunista italiano, cui pure afferivano.
Intorno a tale 'snodo' ruota la prima sala della mostra, in cui è possibile apprezzare il passaggio dell’artista dalla figura all’astrazione (tra le opere esposte: 'Scomposizioni' del 1947, il 'Grande grigio bruno' del 1954 e il 'Materico con grigi' dello stesso anno), l’esperienza in 'Forma 1' e le prime variazioni di due temi cardinali nella sua ricerca artistica: il 'segno', inteso come elemento linguistico, innesco di ritmi dinamici ed espressivi; e i 'contrasti cromatici', ora giocati sulla giustapposizione positivo/negativo, ora sulla complementarietà dei colori, ora sulla ricerca di armonie più tenui, raffinate e preziose.
Bianco, nero, grigio e rosso, le tinte della seconda sala, dedicata alle opere degli anni '50. Dipinti in cui l’artista comincia a indagare le possibilità espressive offerte dal contrasto dinamico tra 'segno' e 'superficie', impiegando la 'caseina' per esaltare i toni ('Arciere su bianco', 1955; 'Assedio rosso n. 3', 1956; 'Grande integrazione', 1957; 'Grande rettangolo grigio', 1960). Una vampa cromatica, innescata da incontri/scontri tra tinte sgargianti e vivaci, a tratti acidi, accende invece il terzo ambiente espositivo, con le sperimentazioni degli anni '60 ('Verderosso', 1963; 'Violarosso', 1963; 'Oriente', 1964; 'Rosa verde', 1964; 'Stella', 1964). Per alcune di queste opere, la Accardi introduce il 'sicofoil', un materiale plastico innovativo, facendo letteralmente 'uscire' la pittura dal quadro nello spazio del visitatore fino a includerlo: a questo decennio risalgono le due 'Tende', quella semplice, presentata il 21 maggio 1966 alla 'Galleria Notizie' di Roma e la 'Triplice' del 1969-71, esposta nella rotonda, con le quali la sua arte conquista la dimensione ambientale facendosi 'abitabile' - con la 'Triplice tenda' partecipò alla XXXVII Biennale di Venezia nella sezione 'Arte & Ambiente' -. Esemplare di tale fase creativa anche 'l’Ambiente arancio' (1966-68) - assente in questa rassegna - esposto nel 1966 alla Galleria dell’Ariete e ultimato nel 1968 per la personale allestita nella Galleria Marlborough di Roma.
Più fredda e rarefatta l’atmosfera della quarta sala, scandita dalla presenza di tre strutture percorribili in plexiglass e sicofoil ('Cilindrocono', 1972-2013; e 'Casa Labirinto', 1999-2000), coperte di segni dipinti e attraversabili in mostra (contrariamente alle due 'Tende', ndr) indossando copriscarpe e una persona per volta. A contornare tali opere: il grande fregio 'Si dividono invano', realizzato nel 2006 su modello dell’esemplare eseguito nel 1972 a Tangeri (Marocco); quella sorta di 'pala d’altare' in sicofoil che è l’opera 'A Gent abbiamo aperto una finestra' del 1971-1986 e la 'Moltiplicazione verdeargento' del 1964.
La 'tabula rasa' rappresentata per l’artista dagli anni '70 fa da padrone nella quinta sala, alla quale si accede attraversando l’installazione-ambiente 'Origine', allestita per la prima volta così come pensata dalla Accardi nel 1976, in occasione della 'personale' alla Cooperativa di via Beato Angelico in Roma: metaforica visualizzazione della pratica dell’autoscoscienza sperimentata in 'Rivolta femminile', gruppo femminista fondato dall'artista assieme all’attivista e critica d’arte, Carla Lonzi - autrice di 'Autoritratto' - e alla giornalista Elvira Banotti nel 1970. La stessa sala ospita una delle pareti allestite nel 1978 alla 'personale' dell’artista allestita nella Galleria milanese di Paola Betti, con i 'Quattro trapezi verdi' e i 'Dieci triangoli' (sempre pittura su sicofoil) appesi e sparsi a 'fluttuare' sulla superficie muraria.
La partecipazione alla Biennale di Venezia del 1988 polarizza, invece, la sesta sala, fedele ricostruzione - a eccezione di due dipinti non rintracciabili - della sua 'personale', con monumentali, coloratissimi dipinti, quali il 'Grande dittico' (1986), 'Animale immaginario 1' (1987) e il 'Grande capriccio viola' (1988), tutti 'animati' da un ritmo interno alla superficie dipinta, impresso alle forme segniche dal colore.
La sala 7, infine, corona questa riuscita 'antologica', celebrando l’ultima stagione creativa dell’artista, dagli anni '90 al 2014: dall’effervescenza cromatica e segnica dei tre dittici 'Grande nerobianco', 'Movenze notturne' e 'Grande bianconero' (tutti e tre del 1991), posti in dialogo dalla Accardi nel 1992 alla Galleria Pieroni di Roma, a opere successive quali il 'Vortice del vento verde' (1998) e l’installazione 'Segni e forme' (2007), realizzata per la 'personale' alla Fondazione Volume di Roma nel 2008, frutto del continuo rinnovamento operato sul proprio linguaggio pittorico. Un linguaggio vitale ed energico fino agli ultimi giorni, come attestano le opere 'Imbucare i misteri' e 'Ordine inverso', con le quali la mostra di Palazzo delle Esposizioni felicemente si conclude.
NELLA FOTO QUI SOPRA: I 'ROTOLI' (SULLO SFONDO LA 'TENDA SEMPLICE' DEL 1966)
AL CENTRO, DAL BASSO VERSO L'ALTO: 'ORDINE INVERSO' (2014) E IL 'GRANDE DITTICO' (1986)
PIU' IN ALTO, L'OPERA 'ORIENTE' (1964)
IN APERTURA: LA 'TRIPLICE TENDA' (1971)