Una bella rassegna sotto ai portici di una delle basiliche più accoglienti di Roma, con opere di artisti provenienti dalle più svariate parti del pianeta: romeni, tedeschi, peruviani e italiani
Dal 10 al 20 ottobre 2019, la chiesa di San Gregorio al Celio ha ospitato una mostra d’arte contemporanea promossa dall’associazione culturale ‘Arte e curiosità… e non solo’. Per l’occasione, ‘Periodico italiano magazine’ ha effettuato una intervista collettiva e ‘itinerante’ ad alcuni degli artisti e ad Anna Nutu, fondatrice e presidente dell’associazione, chiedendo a ciascuno di illustrare il proprio lavoro e i propri indirizzi artistici. Come un improvvisato Virgilio ci ha guidati, all’interno della mostra, l’artista Donato D’Angelo, eccellente intarsiatore: un vero e proprio mago del legno, autore di una ‘Crocefissione’ molto semplice e, al contempo, toccante, per il senso di sacrificio che essa riesce a comunicare. “L’iniziativa”, ci ha spiegato D’Angelo, “nasce da un nostro progetto, che consiste nell’esporre i nostri lavori in tutte le basiliche romane. Abbiamo già esposto a San Lorenzo fuori le Mura e, adesso, siamo qui. Prossimamente, vorremmo andare in Vaticano, ma ancora non sappiamo: abbiamo inviato la nostra richiesta da parecchio tempo e attendiamo una conferma. Abbiamo scelto le basiliche romane”, ha proseguito, “perché le nostre opere stanno bene nei luoghi sacri. Io realizzo anche opere sacre. Anzi, quasi tutti presentiamo opere sacre. Quel che ci accomuna, tuttavia, non è la religione, bensì l’arte, mediante la quale cerchiamo di coinvolgere artisti provenienti da più parti d’Europa e anche del mondo: qui, oggi, c’è una tedesca, una peruviana, due rumene. C’è un norvegese che, se riesce a venire, noi lo accogliamo subito, perché ci piace essere aperti a tutte le culture. L’associazione nasce proprio per integrare tutte le culture, perché noi vorremmo aprirci agli altri Paesi, europei e non”. Dopo questo primo incontro e vista la ricchezza di presenze e di opere degne di nota, abbiamo deciso di formulare un’unica domanda, che desse modo a ciascuno degli artisti presenti di farsi conoscere. La domanda da noi posta è stata la seguente: potete illustrarci, per sommi capi, il vostro lavoro? Ecco qui di seguito, le risposte che questi eccellenti artisti, provenienti da tutto il mondo, ci hanno rilasciato.
Gentilissimi artisti di San Gregorio al Celio, potete illustrarci, per sommi capi, il vostro lavoro?
Donato D’Angelo: “Nel mio caso, si tratta di una passione proveniente dall’infanzia: quando ero bambino, mio padre faceva il boscaiolo in provincia di Salerno, che è la zona da cui provengo. Perciò, l’unica nostra ricchezza era il legno: ne avevamo molto. Dai primi giocattoli che mi costruiva è nata la mia passione. Venendo a Roma, nel lontano 1965, ho avuto modo di perfezionarmi grazie alla guida di un bravo maestro. Abbiamo lavorato quasi cinque anni insieme, poi sono partito per il militare. Al ritorno, non ho ritrovato né lui, né la bottega. Per vivere ho fatto altri lavori: ho avuto un’impresa di ristrutturazione e adesso vivo di pensione. Nel 2006, sono andato in pensione e, da allora, mi sono buttato a capofitto in questa mia passione. Queste opere sono solo una parte del mio lavoro: i ‘pezzi’ più belli si trovano dentro, nella cappella Salviati. Io adoro lavorare il legno: realizzo intarsi sul legno massello di un centimetro. In merito ai soggetti, amo variare: mi piace la natura morta, gli animali, la città di Roma, i ricordi di quando ero bambino, i soggetti greci, il sacro. Insomma, un po’ di tutto”.
Elio Carocci: “Anche io mi dedico all’intarsio in legno, utilizzo diversi spessori e realizzo opere di diverso soggetto: dalla Sala Nervi in Vaticano alle maschere e Arlecchino. Per realizzare questa serie di tarsie raffiguranti il Colosseo ho impiegato vari materiali, tutti naturali: dalle 12 alle 15 essenze, sia nazionali che internazionali. Sperimento diverse soluzioni: alcuni intarsi li ho realizzati più lucidi, altri più satinati”.
Loretta Antognozzi: “Le mie, invece, sono opere classiche. Sono diversi anni che dipingo e ho avuto anche una fase informale e astratta. È un progredire, un evolversi. Queste sono opere classiche. Ultimamente, prediligo l’acquarello. Un soggetto che amo molto è Roma, con le sue cupole. A Verona, alla mostra del professor Sgarbi, ho inviato questa ‘Maternità’. Amo molto le vedute ottocentesche napoletane e la costiera amalfitana, ma ho tratto ispirazione anche dalle incredibili vedute romane di Bartolomeo Pinelli, ritraendole in pittura su porcellana. Questi ultimi lavori sono stati molto apprezzati ai Cento pittori di via Margutta”.
Vasilica Vafta: “Io prediligo la pittura a olio. Attraverso l’arte, rappresento ciò che sento, quello che provo. Realizzo paesaggi, nature morte, ma anche opere sacre. Attraverso le opere sacre, che ho esposto nella cappella Salviati, ho voluto rappresentare il cammino della nostra vita. Quest’altro lavoro raffigura ‘Gesù che porta la croce’ e rappresenta il nostro cammino: tutti abbiamo una croce da portare. Mi ispiro alla vita di Gesù: come soggetto, amo molto la Sacra Famiglia”.
Donatella Torcio: “Io sono un’acquarellista. Mi dedico al disegno e alla pittura da quando sono bambina. Mio padre dipingeva e per me era normale disegnare tutti i giorni. Ho amato molto anche la pittura a olio, ma negli ultimi anni mi sto dedicando soprattutto all’acquarello. Eseguo ritratti di fantasia, nature morte, vedute tratte da luoghi che ho visitato e che mi sono rimasti impressi. Traggo sempre ispirazione dalle impressioni che ricevo dai luoghi. Questo acquerello, per esempio, raffigura ‘Istambul di notte’. Ho ritratto anche la Scozia, la laguna veneziana e le nostre Dolomiti”.
Eva Maria Schmuck: “Io baso tutti i miei dipinti sul triangolo e le mie figure sono tutte composte da tanti piccoli triangoli. Uso solo la pittura a olio, che rende il colore più pastoso. Lo stendo e poi lo batto con un pennello piatto, per avere questo effetto ‘ruvido’, di vibrazione luminosa. I miei soggetti sono vari: pappagalli, gatti, donne africane. Ma alla base di ogni quadro, ci sono i triangoli”.
Concetta Siccardi: “Io ho sempre avuto una vera e propria ‘vocazione’ per la pittura. Fin da bambina, amavo disegnare e dipingere. Ho aspettato di andare in pensione per poter frequentare la scuola ‘San Giacomo’. Chiaramente, non sono una professionista. Tuttavia, mi piace quello che faccio e ci metto tutta la mia anima. Anche io amo l’olio e i soggetti classici, ma prediligo un’arte figurativa. Ho realizzato e realizzo anche molti disegni, ma la pittura a olio è la tecnica che più mi è congeniale, ne amo proprio l’odore”.
Marzia Fedeli: “Io realizzo dei ritratti su carta da spolvero, in gessetto e carboncino. Nella vita di tutti i giorni sono una grafica. Pertanto, produco anche xilografie e serigrafie. E dipingo, anche. Mi cimento in diverse tecniche, ma principalmente realizzo ritratti a carboncino".
Stefano Fedeli: "Io, invece, ritraggo particolari di fontane, statue, vicoli di Roma: tutti dettagli, come si può notare. Non dipingo la Fontana di Trevi tutta intera: amo coglierne i particolari. Per esempio, della ‘Fontana dei quattro fiumi’ ho ritratto il Gange. Alla base delle mie opere vi è una suggestione metafisica e classica. Alla Biennale di Venezia ho potuto vedere la scultura di Igor Mitoraj e ho voluto rendere omaggio a questo grande scultore. Ho tratto ispirazione anche dalle sculture da lui collocate a Pompei”.
Marina De Casamassimi: “Le mie ultime opere sono queste vedute di Matera, realizzate con una tecnica da me inventata, per la quale sono stata anche premiata. L’ho chiamata: ‘graniglia calcarea’. Si tratta di un impasto capitato casualmente, ma che subito mi è sembrato congeniale a ritrarre i ‘sassi’ di Matera. Io frequento un corso di pittura per adulti, che mi porta a sperimentare varie tecniche e soggetti, sia astratti, sia figurativi. Mi ispiro ai grandi maestri. Per esempio, ho ritratto ‘Il bacio’ di Rodin prediligendo colori di terra. Ho cercato anche di attualizzare, con un pizzico di follia, quadri di Van Gogh e Caravaggio. Anche il volto della Madonna nel ‘Magnificat’ di Botticelli mi ha catturato. Ho ritratto anche ‘Amore e Psiche’ del Canova, in varie versioni”.
Carol Lopez Trujillo: “Io sono peruviana e traggo ispirazione dal mio Paese: il paesaggio, i mercati, i costumi, la quotidianità. Mi ispiro alle iconografie ‘inca’ e ‘pre-inca’, restituendole con colori vivi e forti, che caratterizzano la cultura latino-americana. Per esempio, ho realizzato una serie di dipinti che ho chiamato: ‘Le facciate’. Essi raffigurano il panorama urbano del mio paese: l’architettura coloniale di Cuzco, vicino Matchu Picchu”.
Antonella Rossano: “Io lavoro da professionista da sempre. Qui espongo tre momenti pittorici diversi. Alcune opere sono state realizzate in occasioni di ‘personali’ fatte in altri luoghi. La mia pittura, essenzialmente, è figurativa, con accenti espressionistici e simbolismi manieristici. Impiego tutte le tecniche, declinandole in base al tema da trattare. Abbino sempre la tecnica con tematiche. Le tematiche sono varie: filosofiche, oniriche, mitologiche. Come soggetto prediligo la figura umana”.
Raffaella Iadeluca: “Questi sono i miei quadri di vent’anni fa, che ho realizzato guidata da questo spirito che viene dal cielo, dall’alto. Mi sono sentita molto coinvolta in questa arte, veramente molto, tanto che dipingevo di notte: i miei bambini erano piccoli, ma io ogni notte dipingevo. Una grandissima spinta interiore, avvertita in corrispondenza anche dell’inizio del cammino ‘neocatecumenale’, che ho intrapreso in quel periodo. Poi, dopo questo inizio ispirato alle Sacre Scritture, ho trovato la mia dimensione nelle icone bizantine. La mia arte, allora, si è tramutata in qualcosa di più aulico. Si tratta di un’arte più alta, più elevata, in cui non c’è più un autore, poiché divenuto mediatore tra il divino e il terreno. Ed effettivamente, ho appurato che è così: nel momento in cui si realizza l’icona si sta a contatto col divino. Noi facciamo sempre un’invocazione allo Spirito Santo e una ‘preghiera dell’iconografo’, prima di operare. Entra allora lo spirito di Dio, che conduce le nostre mani e l’icona ci sorprende: è un’icona che non abbiamo voluto noi, ma una rappresentazione del divino: un qualcosa che va al di là delle nostre stesse aspettative. Il divino si manifesta, ci parla. I materiali sono pregiatissimi: sono tutte realizzate sul tiglio, con applicazioni in oro zecchino, pigmenti naturali. Si tratta di un procedimento lunghissimo e molto complesso. La Madonna è il mio soggetto preferito, insieme agli angeli e gli arcangeli. L’Arcangelo Gabriele dell’Annunciazione mi ha tanto ispirato: c’è sempre il Cristo, al centro della mia esistenza”.
Anna Nutu: “Ho esposto i miei ricami cercando di illustrare il mio percorso di vita. Credendo in Dio e nella Madonna sono riuscita a costruire una famiglia: sono diventata madre. La fatica e le perdite possono essere superate grazie alla preghiera. Io, vent’anni fa, ho bussato alla porta dello Stato italiano, che ha fatto un miracolo: ha accolto me e mia figlia. Con la preghiera e con l’aiuto di Gesù e della Madonna sono diventata l’artista che sono oggi. È una tecnica particolare: ho lavorato con filo e l’ago, con sfumature che partono da colori più freddi, alle tonalità più calde possibili. La particolarità sta nella firma, nascosta nella cucitura. Ho avuto una vita pesante, segnata da alcune disgrazie. Nel 2003, ho avuto la fortuna di esporre insieme a 50 grandi talenti italiani e di vincere il premio ‘Vivere la provincia’. Un riconoscimento che mi ha dato la forza di arrivare a ciò che sono oggi. Ho un museo con più di 100 pezzi, raffiguranti la vita di Gesù. Lavoro essenzialmente di notte. E attraverso il mio lavoro cerco di trasmettere qualcosa di bello a questo mondo e alle generazioni future. Per tali motivi, io organizzo questi eventi e promuovo gli artisti. Quando morirò non porterò nulla con me, ma lascerò qualcosa di bello a chi rimane. Sono onorata di esporre insieme a questi artisti: persone squisite e sensibili. E siamo felici di essere riusciti a integrarci: l’integrazione è la cosa più importante del mondo. Sono onorata, questa volta, di avere ospitato quattro nazioni: la comunità italiana; la comunità rumena; la comunità tedesca; la comunità peruviana”.
NELLA FOTO QUI SOPRA: ALCUNE DELLE OPER ESPOSTE SOTTO AI PORTICI DI SAN GREGORIO AL CELIO
AL CENTRO: 'BAMBINI CON I COLORI DELLA PACE', OPERA DI CARLO LOPEZ TRUJILLO
IN ALTO A DESTRA: LA LOCANDINA DELLA MOSTRA