”Sapere che gli osservatori dei miei quadri percepiscono la pulsione creativa è la sublimazione dell’opera pittorica da me rappresentata”, afferma questo grandissimo artista impegnato a tutto tondo nel sostenere numerose cause umanitarie nel mondo
A Roccagloriosa, piccolo borgo situato nel Parco nazionale del Cilento nasce, nei primi anni ’60 del secolo scorso, Antonio Balbi. Si avvicina all’arte pittorica studiando i tradizionali colori a olio e a pastello. È la consistenza materica dei colori e le tecniche dell’uso di questi, che lo identifica quale pittore italiano che più rimarca l’utilità del ‘cromatismo acceso’, evidenziatore delle comuni esigenze antropologiche. Rosario Bortone da Camerota, pittore, attore e poeta dialettale del Cilento, incoraggiò il giovane Balbi a intraprendere l’arte pittorica. L’artista, perfezionatosi presso l’Accademia internazionale d'Arte moderna di Roma, che gli conferì altissimo rigore formale, si trasferì in Germania, a Frankfurt am Main, nel quartiere Sachsenhausen: il rione della ‘riva sinistra’ del fiume, in cui vivono artisti e intellettuali provenienti da ogni continente, nel quale si trovano i più importanti musei e gallerie dell’Assia e dove la sua opera è stata definita dalla critica tedesca: “Poesia visiva e narrazione emotiva archetipica”. Qui incontrò Marcella Continanza, giornalista, poetessa e scrittrice sensibile, ideatrice del ‘Festival della poesia europea’, l’iniziativa culturale più prestigiosa di Francoforte sul Meno. I libri e la poesia, in particolare, sono la testimonianza dei nostri valori sociali e culturali, gli strumenti di dialogo e il mezzo d’informazione, così come lo sono i colori per l’arte. Fu questa la motivazione che avvicinò Antonio Balbi allo studio della cromoterapia, in simbiosi collaborativa con medici e psicologi, anche per risolvere i suoi personali problemi, responsabili di una profonda depressione. Il disegno ‘frenetico’, con ripetuti motivi a occhi stellati, linee a zig zag intrecciate e macchie di colore ad ‘amebe in espansione’, teste piatte con bizzarri cappellini, disegnano criticamente la futilità dell’essere. Alcuni quadri costituiscono l’eccellente sintesi di una parabola artistica molto ampia. Impegnato per la salvaguardia dell’ambiente e in difesa del diritto al lavoro, l’artista riesce a dedicare gran parte della sua attività di pittore ed espositore donando numerose opere a fondazioni, associazioni e agenzie internazionali che, a vario titolo e nei modi più diversi, sono impegnate nelle cause che riguardano l’Unicef, Telethon, l’associazione ‘Bambini in emergenza’, l’Istituto Antoniano di Bologna e altre istituzioni che si occupano di offrire aiuto a chi ne ha bisogno in tutto il pianeta. Antonio Balbi, infatti, si considera ‘cittadino del mondo’. E, come tale, si esprime in italiano, tedesco, inglese, spagnolo, turco, francese e portoghese. Bertolt Brecht ricordava sempre in un aforisma che “tutte le arti contribuiscono all'arte più grande di tutte: quella del vivere”. Ispirandosi alla terra del Cilento, il Balbi compone le opere pittoriche della serie ‘Viaggio verso il confine’, dove il pathos si percepisce dal colore che delinea spazi e territori, narrandoli liricamente attraverso cromìe che si rincorrono nelle loro infinite sfaccettature, dando così forma a gradazioni con pennellate libere e strati di colore densi e corposi. Colori che trattengono l’eco di atmosfere sognanti di paesaggi, ricchi di fulgide e diafane visioni della memoria, dove la catena delle esistenze è un continuo riproporsi dell’essere, abitante di questo pianeta. Le sue vernici vanno dai piccoli quadri, alle opere di grandi dimensioni. Gli elementi del percorso artistico di Balbi che meglio lo sintetizzano sono, oltre alla infinita ripetizione gloriosa del colore, la ‘pittura ovunque’, l’ossessione e l'annientamento del sé, la molteplicità dei punti e delle linee, la fantasia lirica, la visione cosmica, la policromìa e, a tratti, la monocromìa. Forme figurative e astratte in quanto espressioni di nudi riflessi, che convivono nei medesimi ambienti come espressione ibrida di un percorso artistico assolutamente originale. Immagini illusorie, tali da non essere definite né figurative, né astratte. Dopo aver visto le sue opere esposte emerge l’impressione che questo artista abbia continuamente creato nuove e più forti versioni di se stesso, esplorando, reinterpretando e reinventando la sua arte. Le tele della serie ‘I pesci’ sembrerebbero, appunto, suggerire che la sua esistenza, giorno dopo giorno, altro non sia che un continuo e costante processo creativo, che gli fa vivere la sua vita. A questa serie ben si addicono le riflessioni sul viaggio e sul sogno di Odisseo nella sua visione più ampia e onirica, alla ricerca del proprio io, nell’abbraccio con la sonorità del verso poetico di antichissima tradizione: quello della grande Éllade nella malìa delle Sirene, o nei fantasmi dell’arcipelago di Ikitikì: un luogo immaginario, raggiungibile solo attraverso indicazioni fantastiche legate al mistero delle costellazioni, alla magica danza dei delfini, al tuffo nel mare della diafana luna. Ed ecco apparire il mito di Polyphemo: l’artista non è più disumano e avulso da qualsiasi sentimento, ma si riscatta amando profondamente e senza remore. Così come quel Polyphemo mitico, capace di sedurre la sensibilità pittorica di Gustave Moreau, precursore del simbolismo e del surrealismo, che lo rese soggetto di molti, intensi e malinconici dipinti. L’interpretazione artistica e libera che Antonio Balbi compie nel ricordo del mitico Polifemo non è altro che il riconoscimento dei tratti che, dall’inconscio, sono apparsi nel sogno dell’artista, prendendo coscienza del palo conficcato dentro quell’unico occhio, memore di sconfitta. A Andy Warhol e alla Pop Art si richiama il ‘Cristo senza croce’: un’iconografia semplice, stilizzata ed essenziale, dove il messaggio è profondo, potente. E la croce riporta alle sofferenze dell’esistenza. Antonio Balbi è l’arte pittorica; è intenso colore che lo invischia, compiacendolo nel dialogo universale; è un linguaggio che gli permette di comunicare con chiunque. Fu proprio negli atelier tedeschi che gli venne l’idea illuminante di dare vita a un’associazione che agisse nel sociale, che premiasse l’eccellenza e che svolgesse una funzione architettonica di ‘ponte sospeso’ tra la Germania e l’Italia. Così, nel 2006, l'artista fonda l’associazione no profit ‘Il Ponte sul Meno’, per celebrare l’italianità nell’amicizia tedesca di ampio respiro, dando aiuto ai bisognosi nel ricordo della storia delle origini di Francoforte, per unire la sponda sinistra alla sponda destra del Main. È questo respiro di fratellanza che unisce l’artista a Marcella Continanza, entrambi sotto la quercia di Goethe nella lettura della poesia di Michela Zanarella, sacerdotessa dei sentimenti: “Aver riconosciuto la libertà/nell’aria discreta che mormora luce/agli alberi e fa felici le cose intorno/nel punto più interiore. Respirare. Che fortuna avere fiato abbastanza/per pronunciare parole che sanno di resina/dentro hanno tutta la fiducia delle cortecce/sfiorate al cuore da un vento sottile”. Nelle edizioni annuali del Deutsches Filmmuseum in Frankfurt, struttura di 2 piani che mostra le origini del cinematografo fino alle più moderne tecniche cinematografiche, l’artista Antonio Balbi di Roccagloriosa conferisce riconoscimenti appositamente realizzati agli artisti prescelti. Nelle scorse edizioni sono stati premiati: Roberto Benigni; Giuseppe Tornatore; Luigi Comencini; Federico Moccia; Vittorio Sgarbi. La serie ‘Cristo senza Croce’ venne donata a Bruno Vespa, che provvide a mettere all’asta le opere di Antonio Balbi per raccogliere fondi in favore dei terremotati de L’Aquila. L’associazione ‘Ponte sul Meno’ è una realtà che agisce in silenzio, senza proselitismo o protagonismo. L’umiltà è il suo punto di forza, così come traspaiono gli illuminati divini. Non ci resta che immaginare un viaggio accompagnati dal maestro Antonio Balbi da Roccagloriosa.
NELLA FOTO QUI SOPRA: L'ARTISTA ANTONIO BALBI
AL CENTRO: L'OPERA 'MONNA LISA'
IN ALTO: 'IL VIAGGIO'
IN APERTURA: 'SINAPSI LUCENTI'