Fino all’8 giugno 2014 il complesso del Vittoriano a Roma propone la "grande" mostra “Musée d’Orsay. Capolavori”. Curata da Guy Cogeval, presidente dei Musée d’Orsay et de l'Orangerie, e da Xavier Rey, l'esposizione ha condotto per la prima volta a Roma le "straordinarie" opere realizzate tra il 1848 e il 1914 da Manet, Monet, Degas, Sisley, Pissarro, Corot, Seurat, Gauguin, Van Gogh e dai più grandi maestri francesi del XIX e XX secolo.
Così, per lo meno, si evince dal comunicato stampa relativo all'esposizione, che viene presentata dagli organizzatori e dalle istituzioni locali e francesi come un evento "epocale", meglio ancora come un elemento di trait d'union tra le città di Roma e Parigi, un esempio di "dialogo culturale radicato nel tempo". Eppure, agli occhi di chi scrive, “Musée d’Orsay. Capolavori” sembra essere piuttosto autoreferenziale e basata essenzialmente sulla celebrazione del Musée d’Orsay, della sua storia e delle sue collezioni. Per carità, nulla di sbagliato in questo. Ma allora sarebbe stato più corretto intitolare l'esposizione "Musée d’Orsay, capolavoro" e non "capolavori", che invece lascia intendere la presenza di celebri opere d'arte europee. Eh sì, perché di "eccellenze", al Vittoriano, ce ne sono davvero poche, e si contano sulle punte della dita. Io, personalmente, ne ho contate 7 o 8 su 64. Andando con ordine: Argenteuil e Le barche e Regate ad Argenteuil di Monet, Cortile di fattoria di Cézanne, Il pasto di Gauguin, L’Italiana di Vincent Van Gogh e qualche altro olio di Monet e Renoir. Fine. Ma d'altronde, come hanno ben spiegato i curatori in occasione della conferenza stampa, non sarebbe stato possibile portare in Italia i veri capolavori del Musée d’Orsay (La classe de danse di Edgar Degas, Le spigolatrici di Jean-François Millet, Bal au moulin de la Galette di Pierre-Auguste Renoir tanto per citarne alcuni), vincolati in patria dalle durissime restrizioni giuridiche e conservative francesi che li tutelano. Ci siamo dovuti quindi accontentare delle opere provenienti dalle donazioni di Paul Rosenberg e dai lasciti di Alfred Chauchard e di altri collezionisti del tempo.
Come se non bastasse, i pochi "capolavori" in mostra risultano a tratti mistificati da un'illuminazione che definire inappropriata è un eufemismo. Ed è paradossale per un'esposizione che dovrebbe raccontare l'evoluzione della pittura francese e italiana (?) del XIX e XX secolo, tutta basata sullo studio della luce e del colore nelle sue diverse declinazioni.
A ciò va aggiunto il mancato "dialogo interculturale" tra Roma e Parigi, tra i contenuti della mostra e praticamente inesistente. I fecondi rapporti Italia-Francia si esauriscono infatti con l'intervento di riallestimento degli spazi del museo operato dall'italiana Gae Aulenti, purtroppo recentemente scomparsa. Dopodiché il nulla. Rimane solo un'opera di Giuseppe De Nittis, dimenticata anche dagli organizzatori della mostra (Comunicare Organizzando) i quali, nel comunicato stampa, parlano essenzialmente di "grandi maestri francesi". Collocato nella sezione dedicata alla vita contemporanea il povero e "sperduto" De Nittis, originario di Barletta e quindi italianissimo, risulta oscurato dalle opere di Monet, Pissarro, Degas, Manet e Renoir. Posto lì, solo solo, da una parte, è in attesa che qualcuno lo guardi (impresa ardua, vista la sua collocazione in prossimità dei più noti impressionisti francesi).
Insomma, la mostra merita i suoi dodici euro, non foss'altro per la possibilità di ammirare da vicino le dense pennellate di Van Gogh e l'innovativa e pioneristica sintesi geometrica della (unica) tela di Cezanne, caposaldo per leggere l'evoluzione della pittura europea del XX secolo. Ma al di là di ciò il Vittoriano propone l'ennesima mostra tutto "fumo e niente arrosto", pensata, come suggerisce lo stesso titolo (che è poi una grande azione di marketing), per sbarcare il lunario e per attrarre attraverso nomi celebri un numero elevato di visitatori.
“I capolavori del Musée d’Orsay”
Complesso del Vittoriano con ingresso in via San Pietro in Carcere
fino all’8 giugno 2014
dal lunedì al giovedì 9.30–19.30; venerdì e sabato 9.30–23.00; domenica 9.30–20.30
La biglietteria chiude un’ora prima
COSTO DEL BIGLIETTO
€ 12,00 intero; € 9,00 ridotto