Tutti siamo in grado di creare, senza eccezioni ed è probabilmente la nostra caratteristica più stupefacente insita nella vita stessa: la creazione
Il nostro muscolo creativo, spesso situato, secondo l’immaginario collettivo, nel cuore, in realtà è correlato alla ghiandola pineale e richiede una pratica costante. Ma soprattutto, oltre ogni altra cosa, la vera condizione 'sine qua non' del creativo é il sentire. Per creare, dipingere, scrivere e suonare, bisogna essere in grado di vivere le proprie emozioni appieno. Di lasciarle scorrere con libertà tra i pensieri, per poi plasmarle. Cogliere l’instante in cui l’ispirazione prende forma dentro alla quiete o al vortice dei sentimenti: questo é il segreto. Forse un po’ astratto, ma estremamente tangibile nell’esperienza di chi la vive. Molti artisti con profonde ferite vengono travolti da queste emozioni, dal dolore, proprio perché diventa la fonte della loro creatività: sono i cosiddetti “artisti maledetti”. Una definizione ingiusta, che semplicemente dimostra l’incapacità di navigare nel mare troppo vasto del loro sentire. Si tratta, in realtà, di naufraghi delle loro stesse emozioni. Ne sono un esempio grandi figure del calibro di Vincent Van Gogh, Caravaggio, Antonio Ligabue e Sylvia Plath. Ma non c’è bisogno di essere 'dannati' per creare. Quello é semplicemente uno 'stadio', dato dai sentimenti e dalle esperienze della vita. Se si attraversa l’oceano del dolore con l’aiuto degli strumenti ancestrali a nostra disposizione nelle diverse tradizioni spirituali, si può venirne fuori. Strumenti che sono come uccelli in volo, che ci mostrano la direzione verso la terraferma: è così che si arriva in un nuovo luogo. Con rinnovata consapevolezza, si scopre la propria mappa, chi si è veramente. Saniamo il passato con lentezza, ma costanza. Ricuciamo la ferita più grande, a cui cerchiamo di attingere per creare e per amare, perché è quella che ci porta nel 'pozzo nero' del dolore: l’amore verso noi stessi. O meglio, per la sua 'assenza': questo dobbiamo e veniamo a imparare. Non dobbiamo essere in balia della mente e di cosa ci fa credere di essere, ma piuttosto teniamo noi il suo 'guinzaglio'. Una volta compresa la propria oscurità, si arriva alla 'luce', si respira in modo diverso. L’estro creativo prende forma nel 'divino' e nella stupefacente bellezza del mondo. E, anche se ogni tanto si affaccia una forma di malinconia, essa non ci rende più tristi. Siamo salvi da noi stessi: é un ricordo che ci intenerisce e che ci consente di riappacificarci con i ricordi che ci facevano male. Scoprendo che, in realtà, era solamente un punto di vista che possiamo cambiare. L’arte é l’espressione di chi siamo, una pura soggettività: quel riflesso interiore che segue il colore, il suono, la forma, le parole. Sta a noi decidere se viverla attraverso la gioia o il dolore. Anche se l’ultima opzione é quella più semplice e spesso automatica, la prima é estremamente più appagante. E ci dona il tanto ricercato equilibrio.