Per tutti i mesi estivi, fino al 27 ottobre 2019, enigmatiche apparizioni metteranno ‘in moto’ un luogo straordinario, punteggiandolo di ‘presenze’ intriganti e inaspettate: stiamo parlando delle monumentali sculture di Tony Cragg, suggestivamente esposte in punti e snodi significativi, a segnalare percorsi inediti e ad attivare ‘strane’ affinità tra moderno e contemporaneo
Dalle forme fluide e dinamiche, quasi mosse e cristallizzate dal vento, 16 opere realizzate dal maestro inglese Tony Cragg nell’arco di vent’anni - dal 1997 a oggi - sono le protagoniste della mostra curata da Eike Schmidt, Jon Wood e Chiara Toti nello spazio verde adiacente a Palazzo Pitti, sistemato e ordinato all’italiana nel secondo '500 per volere dei Medici e ora coinvolto in un affascinante dialogo con la contemporaneità. Una mostra ‘diffusa’, che chiede di essere fruita attivamente, percorsa con divertita curiosità e attitudine alla meraviglia: questo, il sentimento provocato dall’improvvisa ‘materializzazione’ delle sculture contemporanee nell’ambiente mediceo, l’affascinante cortocircuito innescato dalla frizione tra tali concrezioni materiche, magmatiche e organiche e le geometrie razionali e regolari del ‘giardino all’italiana’. Poetico stupore, infatti, suscita il connubio tra le opere e lo spazio espositivo, la polarità tra sensibilità moderna e contemporanea, distanti quasi cinque secoli e ora coestensive l’una dell’altra: più opere immerse in una sola, fuse al contesto paesaggistico impostato secoli or sono dal Tribolo - alias Niccolò Pericoli - nel 1549 per la duchessa Eleonora di Toledo, poi da Bartolomeo Ammanati e Bernardo Buontalenti e ancora rimaneggiato nei secoli successivi. Natura e artificio avvolgono lo spettatore, catapultandolo in una sorta di capricciosa ‘caccia al tesoro’ orientata alla ricerca di queste insolite forme: geysers di acciaio brillante si stagliano contro il cielo di Firenze, dalla ghiaia e tra le siepi spuntano stalagmiti di bronzo di apparenza preistorica e giganteschi fiori di resina, steli colossali e candidissimi, eruzioni collinari e forme ellittiche, intrecci di immaginarie foreste fossili, colate di metallo che sussultano, si torcono e si ripiegano, colte nell’ultima fase molle prima di rapprendersi. Bellissimo perdersi per Boboli, vagare tra le siepi e i viali alberati, i fiori e le sculture cinquecentesche, girovagare senza sosta tra fontane e grotte, strutture del XVI ma anche del XVIII secolo come il Kaffeehaus o la Limonaia e, all’improvviso, intercettare le ‘discontinuità’ contemporanee di Cragg, con la loro monumentale presenza e la loro struttura amorfa, disseminate in fluido stridore col contesto che le ospita e, al tempo stesso, le ingloba. Presenze irregolari e stravaganti, eppure in qualche modo evocatrici delle forze naturali, che sembrano piegarne la materia, fluidificarla e rapprenderla, quasi si trattasse di una sostanza magmatica. Utilizzando le parole di uno dei curatori della mostra nonché direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt: “È la prima volta che un grande museo italiano dedica una mostra monografica a Tony Cragg. E il Giardino di Boboli, con le sue meraviglie naturali, le opere d’arte antica e la sua struttura fortemente razionale, è il teatro perfetto per questa mostra. Infatti, il tema della scultura nel parco, centrale nella poetica dell’artista, include necessariamente forme ispirate alla natura e alla sua forza misteriosa che Cragg crea per suscitare una reazione forte nell’osservatore, che sia di pura emozione o di interpretazione intellettuale”. ‘Deroghe’ impreviste, potremmo dire, che accendono e stimolano la curiosità del visitatore, arricchendo e rendendo ancor più affascinante la visita della splendida e prestigiosa sede. Ora collocate in punti raccolti e più nascosti, ora in scenari ampi e fortemente scenografici, tali plastiche ‘incongruenze’ possiedono una carica dirompente e trasmettono una potenza tale da informare di sé gli spazi circostanti, plasmati in qualche modo dal percorso attivato e scandito dalle sculture. Sorpresa e incanto, dunque, suscitati dall’accostamento straordinario tra moderno e contemporaneo, geometrie razionali e magmatiche fluidità, che s’incontrano e si scontrano stagliandosi su un fondale d’eccezione: Firenze, con la sua cupola e il suo campanile.
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