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2 Maggio 2024

Esistere di diritto per i diritti delle donne

di Rita Chessa
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Esistere di diritto per i diritti delle donne

Ci sono luoghi che dovrebbero esistere in quanto bene supremo per la collettività: uno di questi è ‘Lucha Y Siesta’, spazio femminista e transfemminista
 
L’edificio di via Lucio Sestio 10, in Roma, è nato come una sottostazione di proprietà di Atac, abbandonata per anni. Nel 2008 è diventata la Casa delle donne ‘Lucha y Siesta’: un luogo, materiale e simbolico, di lotta per i diritti delle donne e delle soggettività oppresse dal patriarcato. Un’area dove si intessono relazioni di sorellanza, dove si 'crea rete' e si scambiano saperi. Ma soprattutto, ‘Lucha Y Siesta’ è un centro antiviolenza, una casa di accoglienza per donne e minori in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, un polo culturale di prevenzione e contrasto alla violenza di genere in tutte le sue forme: un luogo di elaborazione politica, sensibilizzazione, formazione e promozione di percorsi di autonomia e autodeterminazione. Dai loro comunicati ufficiali di questi giorni possiamo leggere: “Hai bisogno di aiuto? Non sei solə, lo sportello antiviolenza risponde 24 ore su 24”.
Ora, questo luogo rischia, ancora una volta, di scomparire: una delibera della Regione Lazio rischia, infatti, di ridurre il progetto molteplice della ‘Casa’ a un semplice servizio da mettere a bando. Ecco perché, lo scorso giovedì 12 ottobre, si è svolto un presidio sotto il palazzo della Regione Lazio. Nella nota di 'Lucha y Fiesta' leggiamo: “Dopo 15 anni di costruzione di un presidio antiviolenza all'avanguardia, di tavoli istituzionali che hanno condotto all'acquisizione, da parte della Regione Lazio, dello stabile di proprietà Atac e alla stesura di una convenzione avanzata, che riconoscesse formalmente alla comunità l'immenso valore di ‘Lucha y Siesta’, si riparte dal via. Due anni fa”, sottolinea il comunicato, “la stessa Regione Lazio, sotto la guida Nicola Zingaretti, aveva dichiarato salva l'esperienza di ‘Lucha y Siesta’, aggiudicandosi all'asta l'immobile dell'Atac in fallimento e mettendo a punto un'opera di ingegneria giuridica innovativa – con una equipe fatta di amministrativi, giuriste, attiviste ed esperte in violenza di genere – che, unendo Convenzione di Istanbul, legislazione per il contrasto alla violenza di genere e legislazione sui Beni comuni, avrebbe finalmente dato un riconoscimento formale, tramite convenzione, a un'esperienza che in quindici anni ha sopperito alle falle del sistema antiviolenza locale e nazionale, sempre insufficienti in termini di accoglienza per le donne e i minori in fuga dalla violenza, sempre carenti negli interventi di prevenzione alla violenza di genere. E di nuovo sembra necessario spiegare che svuotare dei corpi – richiedendo la liberazione dell’immobile – e di senso – predisponendone la messa a bando – sia un atto politico inaccettabile: un’azione miope e incompetente, una violenza istituzionale che non siamo disposte a ricevere. Noi non cederemo di un millimetro”, prosegue la nota del gruppo di attiviste, “non ci nasconderemo dietro la burocrazia amministrativa, non ci confonderemo dentro vuoti slogan. Non intendiamo somigliare a delle vittime inLucha_siesta_logo.jpgdifese per farci compatire, né siedere il prossimo 25 novembre su altre ‘panchine rosse’ installate per l’occasione. Continueremo, invece”, insistono le ragazze, “a fare contrasto alla violenza con professionalità, a intrecciare alleanze con passione, a resistere a questo nuovo attacco con la moltiplicazione degli spazi di propagazione della cultura femminista e transfemminista. Intanto”, prosegue la nota di ‘Lucha y Siesta’, “oggi bisogna impedire che questa delibera venga discussa e approvata. Che sia chiaro: per il prossimo 25 novembre non vogliamo ‘panchine rosse’, vogliamo Lucha y Siesta. E sappiamo che non continueremo da sol3, perché #luchasiamotutt3. Di fronte a un attacco violento, anche questa volta, rifiutiamo il ruolo di vittime: siamo forza, siamo tempesta e marea, siamo luchadorəs, corpo collettivo resistente. Facciamo ben più che difenderci: anzi, rilanciamo: vogliamo che sia convocato d’urgenza un tavolo con tutta la rete antiviolenza della regione. Abbiamo competenza ed esperienza e il nostro posizionamento politico non è neutro, perché la violenza non è neutra. Lo hanno detto ieri chiaramente tutte le associazioni e le realtà presenti: noi siamo coloro che, quotidianamente, si occupano di antiviolenza in questa regione. E la nostra voce non è silenziabile. Noi siamo pienə di amore, per l'attivazione fragorosa e immediata dell'ampia comunità che si è stretta, ancora una volta, attorno a Lucha: dire grazie sembra riduttivo, perché sappiamo che ognunə lo fa a partire da sé, perché lucha siamo tuttə. La sorellanza*”, concludono le attiviste di 'Lucha y Fiesta', “è semplicemente un superpotere, che se ne faccia una ragione chi ci attacca”.
E nel frattempo che aspettiamo una risposta, la richiesta da parte delle attiviste è quella di un 'tavolo' con tutta la rete antiviolenza della Regione Lazio. Rimaniamo in attesa anche noi, insieme a loro, non soltanto seduti su delle retoriche ‘panchine rosse’, ma aspettandoci risposte concrete.
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