Ci sono luoghi che dovrebbero esistere in quanto bene supremo per la collettività: uno di questi è ‘Lucha Y Siesta’, spazio femminista e transfemminista
L’edificio di via Lucio Sestio 10, in Roma, è nato come una sottostazione di proprietà di Atac, abbandonata per anni. Nel 2008 è diventata la Casa delle donne ‘Lucha y Siesta’: un luogo, materiale e simbolico, di lotta per i diritti delle donne e delle soggettività oppresse dal patriarcato. Un’area dove si intessono relazioni di sorellanza, dove si 'crea rete' e si scambiano saperi. Ma soprattutto, ‘Lucha Y Siesta’ è un centro antiviolenza, una casa di accoglienza per donne e minori in percorsi di fuoriuscita dalla violenza, un polo culturale di prevenzione e contrasto alla violenza di genere in tutte le sue forme: un luogo di elaborazione politica, sensibilizzazione, formazione e promozione di percorsi di autonomia e autodeterminazione. Dai loro comunicati ufficiali di questi giorni possiamo leggere: “Hai bisogno di aiuto? Non sei solə, lo sportello antiviolenza risponde 24 ore su 24”.
Ora, questo luogo rischia, ancora una volta, di scomparire: una delibera della Regione Lazio rischia, infatti, di ridurre il progetto molteplice della ‘Casa’ a un semplice servizio da mettere a bando. Ecco perché, lo scorso giovedì 12 ottobre, si è svolto un presidio sotto il palazzo della Regione Lazio. Nella nota di 'Lucha y Fiesta' leggiamo: “Dopo 15 anni di costruzione di un presidio antiviolenza all'avanguardia, di tavoli istituzionali che hanno condotto all'acquisizione, da parte della Regione Lazio, dello stabile di proprietà Atac e alla stesura di una convenzione avanzata, che riconoscesse formalmente alla comunità l'immenso valore di ‘Lucha y Siesta’, si riparte dal via. Due anni fa”, sottolinea il comunicato, “la stessa Regione Lazio, sotto la guida Nicola Zingaretti, aveva dichiarato salva l'esperienza di ‘Lucha y Siesta’, aggiudicandosi all'asta l'immobile dell'Atac in fallimento e mettendo a punto un'opera di ingegneria giuridica innovativa – con una equipe fatta di amministrativi, giuriste, attiviste ed esperte in violenza di genere – che, unendo Convenzione di Istanbul, legislazione per il contrasto alla violenza di genere e legislazione sui Beni comuni, avrebbe finalmente dato un riconoscimento formale, tramite convenzione, a un'esperienza che in quindici anni ha sopperito alle falle del sistema antiviolenza locale e nazionale, sempre insufficienti in termini di accoglienza per le donne e i minori in fuga dalla violenza, sempre carenti negli interventi di prevenzione alla violenza di genere. E di nuovo sembra necessario spiegare che svuotare dei corpi – richiedendo la liberazione dell’immobile – e di senso – predisponendone la messa a bando – sia un atto politico inaccettabile: un’azione miope e incompetente, una violenza istituzionale che non siamo disposte a ricevere. Noi non cederemo di un millimetro”, prosegue la nota del gruppo di attiviste, “non ci nasconderemo dietro la burocrazia amministrativa, non ci confonderemo dentro vuoti slogan. Non intendiamo somigliare a delle vittime indifese per farci compatire, né siedere il prossimo 25 novembre su altre ‘panchine rosse’ installate per l’occasione. Continueremo, invece”, insistono le ragazze, “a fare contrasto alla violenza con professionalità, a intrecciare alleanze con passione, a resistere a questo nuovo attacco con la moltiplicazione degli spazi di propagazione della cultura femminista e transfemminista. Intanto”, prosegue la nota di ‘Lucha y Siesta’, “oggi bisogna impedire che questa delibera venga discussa e approvata. Che sia chiaro: per il prossimo 25 novembre non vogliamo ‘panchine rosse’, vogliamo Lucha y Siesta. E sappiamo che non continueremo da sol3, perché #luchasiamotutt3. Di fronte a un attacco violento, anche questa volta, rifiutiamo il ruolo di vittime: siamo forza, siamo tempesta e marea, siamo luchadorəs, corpo collettivo resistente. Facciamo ben più che difenderci: anzi, rilanciamo: vogliamo che sia convocato d’urgenza un tavolo con tutta la rete antiviolenza della regione. Abbiamo competenza ed esperienza e il nostro posizionamento politico non è neutro, perché la violenza non è neutra. Lo hanno detto ieri chiaramente tutte le associazioni e le realtà presenti: noi siamo coloro che, quotidianamente, si occupano di antiviolenza in questa regione. E la nostra voce non è silenziabile. Noi siamo pienə di amore, per l'attivazione fragorosa e immediata dell'ampia comunità che si è stretta, ancora una volta, attorno a Lucha: dire grazie sembra riduttivo, perché sappiamo che ognunə lo fa a partire da sé, perché lucha siamo tuttə. La sorellanza*”, concludono le attiviste di 'Lucha y Fiesta', “è semplicemente un superpotere, che se ne faccia una ragione chi ci attacca”.
E nel frattempo che aspettiamo una risposta, la richiesta da parte delle attiviste è quella di un 'tavolo' con tutta la rete antiviolenza della Regione Lazio. Rimaniamo in attesa anche noi, insieme a loro, non soltanto seduti su delle retoriche ‘panchine rosse’, ma aspettandoci risposte concrete.