Fallito il corteo del 15 ottobre, con gli episodi di violenza che non hanno permesso l’assemblea generale a San Giovanni con i gruppi partecipanti alla manifestazione, gli ‘indignati’ si sono accampati in piazza Santa Croce in Gerusalemme. Persone di ogni età, accomunate dal desiderio di “riprendersi la loro giornata di protesta” e non cederla ai politicanti e ai mass media. Purtroppo gli atti di violenza che hanno messo a ferro e fuoco piazza San Giovanni hanno dato il via a una serie di speculazioni che hanno quasi offuscato il vero senso della protesta e dei giovani che a tutt’oggi manifestano in piazza. Gli indignati è il nome che si sono attribuiti i ragazzi del ‘Movimento democrazia reale ora’, nato in Spagna ed esploso nelle piazze il 15 maggio 2011. Si tratta di giovani e adulti che si dichiarano stanchi della precarietà e della crisi economica, cittadini resi esausti da un sistema governato dalle banche e da politici che sembrano non essere più in grado di tutelare i diritti fondamentali degli individui: dal lavoro alla casa, dalla sanità all’istruzione, dalla famiglia alle pensioni. Questi i cardini su cui si muove il movimento spagnolo che si ispira al movimento islandese, il quale ha ottenuto la restituzione del denaro dalle banche e, attualmente, si sta adoperando per la stesura di una nuova Costituzione. Altro elemento che guida il ‘Movimento democrazia reale ora’ è la dichiarata ispirazione alla ‘non violenza’: non è accettato nel gruppo alcun tipo di atto vandalico, razzista, omofobo (qualsiasi simile atto verrebbe disconosciuto). Il principio su cui si basa il movimento è, dunque, la disobbedienza civile con il massimo rispetto per tutti. Il sistema capitalistico che conosciamo si sta dissolvendo sotto ai nostri occhi: una struttura economico-sociale basata sullo sfruttamento indiscriminato di uomini e delle risorse naturali, che ha generato precarietà e miseria solo per l’arricchimento di pochi. Il problema negli ultimi mesi è stato denunciato a livello globale coinvolgendo migliaia di persone. Persino i giovani israeliani si sono accampati nelle strade di Tel Aviv denunciando un disagio sociale che probabilmente la questione arabo-israeliana aveva ‘nascosto’ agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Una così diffusa esigenza dei cittadini di riappropriarsi del potere della parola e del confronto mette in evidenza una crisi profonda del senso della società e della democrazia, al di là dei governi e delle ideologie.In Italia, il movimento - chiamato anche ‘Italia revolution’ - ha avuto inizio il 20 maggio, seguendo gli stessi ideali spagnoli grazie a un gruppo di ragazzi iberici che hanno mobilitato i coetanei romani con una manifestazione in piazza di Spagna. Alla protesta hanno poi aderito altre piazze d’Italia. I ragazzi che chiedono ‘Democrazia reale ora’ non sono un gruppo politico e non abbracciano bandiere partitiche. La protesta è essenzialmente spunto per assemblee nelle quali i ragazzi discutono e si confrontano. Ogni proposta viene prodotta dai singoli all’interno di commissioni tematiche per essere poi portata all’attenzione dell’intera assemblea. Diventa fondamentale, quindi, il consenso della piazza, con l’uso delle mani attorno alle mozioni, visto che di leader non sembrano essercene (e dichiarano di non volerne) e l’ormai consolidata forma della semplice “maggioranza più uno” non viene più considerata valida. Questi ragazzi nelle ultime settimane hanno vissuto in strada e la ‘costante’ delle loro giornate sono state – e sono a tutt’oggi – le assemblee e le commissioni che riprendono quel filo interrotto a Roma il 15 ottobre. Da un piccolo gruppo si è passati a 70 accampati che, spontaneamente e senza alcun organo dirigente, hanno costruito coperture per la pioggia, una cucina attrezzata e un sistema di raccolta differenziata, in uno spirito di collaborazione e condivisione quotidiani, con il massimo rispetto per l’ambiente in cui sono alloggiati. Idealisticamente il gruppo auspica un nuovo sistema sociale, una nuova società da costruire tutti insieme (per esempio si acquista o si accettano le donazioni dei piccoli produttori e delle piccole attività, boicottando centri commerciali e supermercati). Ma ci sono anche progetti avviati con materiali di riciclo, filtri d’acqua e generatori eolici e alcuni si stanno impegnando per creare un orto urbano. Tutto ciò esprime il desiderio di ‘un mondo nuovo’ lontano dall’attuale, basato su guerre lecite o illecite e di ingiustizie sociali. La parola d’ordine è “muoversi al di fuori delle logiche imposte dal sistema” e si fonda sul riconoscimento dell’altro, sul rispetto, sul dialogo, sull’inclusione”. Così dichiarano gli ‘indignati’, aggiungendo: “Vogliamo essere noi a decidere in che condizioni vivere”.