A pochi giorni dall'uscita sui grandi schermi del film Saving Mr. Banks, Meryl Streep getta pesanti ombre sulla figura di Walt Disney
Meryl Streep ha reso indimenticabile il suo intervento per la premiazione di Emma Thompson alla National Board of Review of Motion Pictures di New York, con un attacco diretto al 'papà' di Topolino: “Era un bigotto, un antisemita e un sessista”.
La Thompson ha ricevuto il premio per la sua interpretazione di P. L. Travers, ideatrice di Mary Poppins, nel film Saving Mr. Banks: la pellicola, tra più attese della stagione cinematografica, racconta la storia dei tentativi di Walt Disney, incarnato da uno straordinario Tom Hanks, di convincere la riluttante scrittrice a cedere i diritti sulla tata più famosa del mondo.
Salita sul palco, dopo aver elogiato la collega, la Streep ha sorpreso tutto l’auditorio, rendendosi protagonista di un accalorato attacco al padre dei film d'animazione nonché creatore di Disneyland, accusandolo di essersi opposto all’assunzione di donne per i lavori di animazione e di essere stato il fondatore e maggiore sostenitore di una lobby antisemita ad Hollywood.Si tratta di accuse molto gravi, ma che non giungono nuove in quel di Hollywood: la personalità dello “Zio Walt”, è già stata per molti anni oggetto di studi e analisi: come il dottor Jeckill che deve convivere con la sua parte malvagia, così Walt Disney sembra essere stato da un lato un geniale intrattenitore, dall’altro un retrogrado razzista, un carattere assolutamente inconciliabile con la bellezza di ciò che ha creato.
Gli esempi che sono stati portati a sostegno di questa tesi sono tanti e l’attrice, tre volte premio Oscar, ne ha scelti due in particolare: il primo risale al 7 luglio 1938, quando la Walt Disney Production, in una lettera di risposta alla domanda di assunzione di Mary Ford, giovane aspirante animatrice, affermò che “le donne non fanno alcun lavoro creativo in relazione alla preparazione dei cartoni per lo schermo, in quanto tale compito viene eseguito interamente da giovani uomini”; il secondo si riferisce a Ward Kimball, membro degli Old Nine Men (il primo nucleo di animatori della Disney), che durante un’intervista disse chiaramente: “Walt non si fidava delle donne e dei gatti”.
L’accusa più grave però, è quella di antisemitismo e razzismo, formulata sulla base di alcuni episodi che Meryl Streep non ha citato: nel 1933, durante la lavorazione de I Tre Porcellini, Disney fu costretto a cambiare una scena in cui il lupo cattivo, per ingannare i porcellini, si traveste da venditore di spazzole e indossa una maschera dai chiari tratti semitici, rappresentando uno stereotipo che, seppure molto in voga nel teatro del vaudville dell’epoca, risultò comunque offensivo e provocò il biasimo generale; anche “I Racconti dello Zio Tom”, film del 1946, causò alla Disney non pochi problemi, a causa di una rappresentazione troppo idilliaca della schiavitù dei neri nelle piantagioni di cotone, obbligando lo Studio a bloccare l’ulteriore diffusione della pellicola.
Questo genere di attacchi, oggi come allora, possono provocare un forte calo d’immagine per una azienda come la Disney, che infatti non ha tardato a tutelarsi e a difendere il suo fondatore: sul sito del Walt Disney Family Museum è stata pubblicata una lunga lettera che mette in luce le falsità dette durante la cerimonia di premiazione: Mary Blair, assunta da Disney nei primi anni ’40, fu la prima donna ad occuparsi di animazione, riuscendo a ritagliarsi un posto di rilievo nella compagnia collaborando alla realizzazione di pellicole come I Tre Caballeros, Cenerentola e Le Avventure di Peter Pan.
Il giornalista Neal Gabler, nel suo libro del 2009 “Walt Disney: The Triumph of American Immagination”, smentisce l’accusa di antisemitismo e afferma che, dalle testimonianze raccolte “era difficile trovare qualcuno che lo considerasse antisemita e razzista”. Viene riportata anche la testimonianza di Kay Kamen, responsabile del Marketing e stretto collaboratore di Disney, il quale disse, scherzando, che “gli uffici della Disney a New York hanno più ebrei che il libro del Levitico”.
L’intero impianto accusatorio della Streep, alla prova dei fatti, non sembra reggersi in piedi.
Il dubbio permane, nonostante tutto, fisso nella mente di tutti quelli che hanno amato i film di Disney e sono cresciuti in compagnia dei suoi personaggi: come può una persona che ha dedicato la vita a creare storie per i bambini avere tante contraddizioni?
La polemica non si spegne, anche in seguito alle dichiarazioni rilasciate dall’unico membro della famiglia Disney che si è schierato a sostegno di Meryl Streep: Abigail Disney, pronipote di Walt, attivista e documentarista, ha espresso la sua opinione sul film e sulla polemica sviluppatasi: “So che era un uomo del suo tempo e io lo posso perdonare, ma Saving Mr. Banks è stato un tentativo sfacciato da parte della società di fare di un uomo un santo. Non era un diavolo, ma neanche un angelo... Allora dico Brava Meryl”.
La realtà, probabilmente, si trova nel mezzo: Walt Disney era davvero un uomo dei suoi tempi, gli anni ’30, quando i pregiudizi sulle donne e sulle minoranze avevano appena iniziato a essere considerati come “problemi” per la società, ma era anche altro: un innovatore, l’uomo che ha elevato il cartone animato da semplice intermezzo pubblicitario a vera e proprio forma d’arte, diventando il cineasta più premiato della storia.
“Se puoi sognarlo puoi farlo”. Questo era il motto che Disney amava ripetere, ed è questa la sua vera eredità, al di là di qualunque errore possa aver commesso in vita.