Soldi chiamano soldi. È quasi una legge di natura, non ‘fiscale’, nel senso del fisco però. Quel che sta accadendo in Francia lo testimonia. La maxi-tassa voluta da Hollande ha portato i calciatori a indire uno sciopero per fine novembre. Chiariamo una questione: l’aliquota graverà sui redditi superiori a un milione di euro, ma non sugli stipendi dei calciatori che sono contrattualizzati al netto.
Facciamo un conto per chiarire: Ibrahimovic recepisce un lauto stipendio di 15 milioni di euro/1 milione 250 mila euro al mese/41 mila 666 euro al giorno/ 1.736 euro l’ora. Con la supertassa sarà il suo club a dover pagare qualcosa che, fatti due conti, corrisponde a 434 euro l’ora. Essendo un tributo solo sugli ingaggi, quale motivo spinge le star del calcio francese allo sciopero, allora? L’85% dei francesi, secondo un recente sondaggio, è contrario a questa scelta: sono stati i club, in realtà, a proclamarlo. Ma di questi tempi non si va troppo per il sottile, tant’è che il 67% dei cittadini ritiene il contrario. Chissà come avremmo reagito in Italia. In realtà, un caso vagamente simile si è già verificato: ricordate il contributo di solidarietà richiesto ai redditi alti? Squadre e calciatori si rimbalzarono la 'palla avvelenata', perché nessuno voleva sborsare un euro. Il sindacato dei giocatori, per bocca del rappresentante Damiano Tommasi, invitava alla calma in quei giorni ‘infuocati’, proclamando: “Si parla sempre dei guadagni, nessuno si preoccupa mai di sottolineare che siamo tra i massimi contribuenti di questo Stato (…) e magari i tifosi penseranno che faremo slittare il campionato perché non vogliamo pagare le tasse”.
L’hai detto, Tommasi: visti gli ingaggi che prendono i tuoi colleghi, essi sono (s)tartassati proprio perché 'strapagati'.