Che ci faccio io qui? Sono un malato, affetto da un tifo particolare, quasi viscerale, che mi lega alla mia squadra del cuore. Vado in curva tutte le domeniche, i sabati, a volte i lunedì. In casa e in trasferta. Dal mio posto seguo la partita, urlo, incito i giocatori, a volte impreco per degli stupidi errori. Al mio fianco, poi, qualcuno urla più di me. Punta un giocatore di colore: “Buu!...Buu!...”. E allora altri, sempre affianco, gli rispondono: “Sce-mo! Sce-mo!”. Però questo non basta a generare un po’ di pulizia mentale per seguire meglio la mia squadra. Già, la mia squadra, che per quei cori razzisti verrà multata. E così, ogni tanto, un ‘negro’ o un ‘ebreo’ di troppo ci scappa sempre. Scappano, se è per questo, anche razzi, molotov, motorini, spranghe. E io sono là, spettatore pagante, consapevole per lo spettacolo che viene ‘disturbato’. Dovrei chiedere un rimborso? E a chi? Michele Serra su “L’Amaca” di Repubblica ha scritto che “è il tifo ultras che contagia e rivitalizza l’estremismo politico”, non il contrario. Dunque sarebbe la curva a consentire a quegli animi violenti, di prosperare, di crescere e farsi visibili. E io? Io che, come molti là in curva, mi considero ‘normale’? Non mi sento di appartenere a quelle urla che non incitano la squadra, ma aizzano gli animi a ‘combattere’ un nemico inesistente. Sono tutti ‘fascistoidi’ o ‘sinistroidi’, rossi o neri. Nel 2014. Anche il muro di Berlino è caduto, da 25 anni. Cosa ci faccio, dunque, là in mezzo? Non sono e non voglio essere come ‘loro’. Non ho quelle colpe, non mi assumo responsabilità! La mia è una condotta conforme alle leggi, non sono l’autore materiale di un bel nulla, quindi lasciatemi in pace e girate al largo. Mi godo la partita. E pazienza se qualcuno a me vicino, inneggia al Duce o scaglia accendini, espone striscioni 'estremi' e resta impunito. Io sto là, in silenzio, a cercare di seguire la mia squadra. In silenzio, sì, come se nulla, ma davvero nulla, mi stesse succedendo a fianco. Chiamatemi ignavo, se volete, mi sta bene, ma non colpevole. Sarò un peccatore, non un delinquente. Non mi metto in gioco, ma lascio che altri lo conducano e lo osservo. Quel che accadrà non mi riguarda. Ho le mani pulite, me le sono ‘lavate’.