Al cinema dal 29 agosto il ‘noir partenopeo’ di Igort, alla sua prima prova come regista, trasposizione cinematografica di una sua acclamata graphic novel: una storia di vendetta, ricca di riferimenti al mondo del fumetto
In una Napoli notturna, piovosa e desolata, Peppino Lo Cicero, sicario di seconda classe in pensione al servizio della camorra, decide di tornare in pista per vendicare la morte del suo amato figliolo. Queste, in breve, le coordinate narrative da cui si sviluppa la trama di ‘5 è il numero perfetto’, trasposizione cinematografica dell’acclamata graphic novel di Igort, pseudonimo di Igor Tuveri, alla sua prima prova come regista. Sono infatti moltissimi i riferimenti al mondo del fumetto, più che al cinema italiano: basti pensare all’Uomo Gatto, personaggio molto amato nell’infanzia dal figlio di Lo Cicero, supereroe che risponde in tutto e per tutto ai canoni dei comics americani; fino ad arrivare a Diabolik e Kriminal, personaggi imprescindibili della nostra tradizione fumettistica. Anche la scelta di dividere il film in cinque capitoli fa pensare al fumetto, così come l’impostazione di alcune sequenze filmiche, che sembrano ricalcare la suddivisione in vignette a imitazione di quanto accade nella letteratura disegnata. E ancora la stessa caratterizzazione del protagonista, Peppino Lo Cicero, impersonato da un ottimo Toni Servillo, perfettamente calato nella parte, fa pensare a un altro eroe delle nuvole parlanti, ovvero Dick Tracy. Una caratterizzazione che interessa sia l’abbigliamento, con il tipico impermeabile grigio e l’immancabile cappello di feltro, sia l’aspetto fisico, per quanto concerne invece il particolarissimo naso adunco. Siamo negli anni '70, in una Napoli oscura e deserta: una città che trasuda desolazione a ogni angolo e che non lascia spazio all’immaginario solare del sud d’Italia, reinventata attraverso la lezione di Sin City di Frank Miller, nume tutelare del fumetto d’autore americano da cui Igort attinge a piene mani. La trasposizione filmica di ‘5 è il numero perfetto’ è quindi un ‘noir’ in piena regola, che ha poco o nulla a che vedere con il cinema italiano. E se proprio si volesse accostarlo a un prodotto nostrano, l’unico titolo da formulare sarebbe quello di Gomorra, ma solo perché entrambe le opere sono ambientate a Napoli, capitale della violenza e del crimine. Un ‘noir partenopeo’, insomma, non privo di una certa ironia, poiché come ricorderà lo stesso Lo Cicero: “La vita è terribile e il bello è che tiene pure il senso dell’umorismo”. A rubare l’attenzione dello spettatore è soprattutto il ruolo della città: una Napoli che da semplice sfondo si trasforma in personaggio vero e proprio, per costruire una suggestiva atmosfera di cupa desolazione. Lo Cicero riscoprirà il tanfo della polvere da sparo, a simboleggiare, come lui stesso converrà in un bellissimo dialogo, il “fetore della morte”, senza per questo averne più paura. Paradossalmente, sarà proprio la tragedia del figlio ucciso a farlo sentire vivo, potendo egli contare solo sulle sue forze, due gambe, due braccia e una sola faccia, a suggellare la perfezione del cinque: il numero perfetto. Buone anche le prove dei due personaggi comprimari: il sanguinario Totò o’ Macellaio, amico di Lo Cicero e come lui anch’egli sicario della camorra, impersonato da Carlo Buccirosso e, infine, Rita, vecchia fiamma del protagonista, una Valeria Golino che accompagna il vecchio sicario nel ruolo di femme fatale.
NELLA FOTO QUI SOPRA: TONI SERVILLO IN UNA SCENA DEL FILM
AL CENTRO: ANCORA SERVILLO IN VERSIONE DICK TRACY PARTENOPEA
IN ALTO A DESTRA: CARLO BUCCIROSSO E VALERIA GOLINO