Il film del cileno Sebastin Lelio ha già raccolto numerosi riconoscimenti quali l'Orso d'argento per la migliore sceneggiatura ed è stato selezionato per rappresentare il Cile ai premi Oscar 2018, nella categoria pellicola in lingua straniera
Dopo il successo del film 'Gloria', la produzione cinematografica cilena ha regalato al pubblico internazionale una nuova ‘perla’ di grande forza e raffinatezza sul tema dei sentimenti. Sebastian Lelio realizza un ritratto di Marina privo di ogni retorico sguardo sull'identità di genere, svelando la persistente sfiducia dell'uomo nei rapporti interpersonali. La predominanza delle inquadrature, centrali ed essenziali nella tecnica, induce lo spettatore a non staccare mai gli occhi dalla protagonista, che nella sua formidabile interpretazione cattura lo sguardo e impone la sua intima sofferenza nella sua natura nuda e cruda. Fin dall'inizio, lo spettatore viene trascinato dalla sua storia e, in particolare, dai suoi sguardi, da silenzi che pesano più delle grida e delle violenze fisiche subite. Il prologo evocativo, con l'immagine delle cascate di Iguazù in Brasile, è la metafora perfetta di tutto il film e del suo stile narrativo di stampo poetico. La natura è il fondamento dell'esistenza: da essa, le forze di tutte le cose prendono forma, come per il lento e incessante fluire delle acque. Ma non tutti i torrenti e i fiumi precipitano seguendo lo stesso tragitto: alcuni deviano per via di detriti prima di ricongiungersi con le altre masse d'acqua. “Panta rhei”, il 'tutto scorre' di Eraclito, si contrappone alla riflessione filosofica sull'essere e, in questo film, diviene il ‘fil rouge’ non solo della vicenda di Marina, ma costituisce una più ampia messa in discussione dei parametri di giudizio diffusi su ciò che debba considerarsi come 'normalità'. Il regista non si sente in dovere di chiarire l'identità, maschile o femminile, del personaggio: le circostanze e le persone che ruotano attorno a lei non fanno che sottolineare la sua 'diversità'. La cattiveria e la gelida posizione di una borghesia poco sensibile non oscura l'armonia e la dignità del personaggio principale, che esprime il suo dolore e la mancanza di accettazione nel canto e nella mai ostentata voglia di essere accettata per la propria fragilità e l'amore puro nei confronti di un uomo più grande di lei, già sposato. Il contrasto tra il calore del suo cuore e la freddezza di chi la circonda si esplica perfettamente nelle tante passeggiate nella città di Santiago del Cile, perlustrando i grattaceli della modernità e la ruvidezza e le lacerazioni nei muri dei vecchi edifici. Il film pone uno specchio davanti a tutte le ipocrisie e ai perbenismi di quella classe sociale che, quando entra in un territorio sconosciuto, mostra le proprie bassezze, evitando di scavare nella propria intimità limitandosi a ‘galleggiare’ come un involucro di plastica sulla superficie delle relazioni umane. La storia di Marina è uno scontro tra due grandi paure: l'incertezza del futuro e la paura del cambiamento che, in fondo, come per il flusso delle acque, non fa che confluire in un quadro più ampio di generale ridefinizione di un'epoca.
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