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22 Dicembre 2024

'Lo and Behold': la rete secondo Werner Herzog

di Giorgio Morino
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'Lo and Behold': la rete secondo Werner Herzog

Il regista tedesco propone, con il suo nuovo documentario, una visione attenta e personale della storia di internet e dei suoi possibili sviluppi futuri, con un occhio sempre ben focalizzato sull’elemento umano e sull’importanza filosofica e metafisica che certe realtà tecnologiche possono rappresentare

Spesso, il tema dello sviluppo tecnologico presente e futuro è stato affrontato nelle sale cinematografiche in ‘salsa fantascientifica’. Comunemente, con la letteratura di genere, il cinema ha cercato di immaginare un mondo futuribile, fatto di straordinari macchinari e tecnologie incredibili, capaci di cambiare la nostra vita radicalmente. Razzi spaziali, colonie su altri mondi, pastiglie che messe nel forno diventano intere portate e chi più ne ha più ne metta. Ma c’è un elemento che nessuno, nemmeno l’autore con la fantasia più fervida, è mai riuscito a prevedere nello sviluppo tecnologico. Un’invenzione che, più di qualunque altra scoperta, ha cambiato letteralmente il mondo: internet. Da questo spunto di riflessione è nato il documentario ‘Lo and Behold’, del pluripremiato regista tedesco Werner Herzog. Quando e dove è nato internet? La ricostruzione comincia il suo percorso esattamente da questi due interrogativi. Ci troviamo in California, il giorno è il 29 ottobre del 1969: alle 22.30 circa, in uno scantinato della University of California, venne inviato il primo messaggio internet sulla rete ‘Arpanet’. Il messaggio, che dalla California sarebbe dovuto arrivare a un altro computer dell’Università di Stanford, nel Connecticut, doveva essere un semplice comando di accesso, in inglese ‘Log’. Ma dal momento che la linea andò in ‘crash’, a metà della comunicazione, il messaggio che arrivò a Stanford fu solo ‘Lo’. Da quel momento, lo sviluppo della rete è proseguito senza interruzioni. E con un ritmo sempre crescente, rendendo di fatto tutto il mondo interconnesso. Herzog decide di partire proprio da questo punto, dal momento della ‘creazione’, mostrandoci i luoghi e i protagonisti che hanno reso possibile questa nuova frontiera della comunicazione. Osservare il primo server di internet, una cabina grande come un frigorifero e realizzata con materiali di provenienza militare, in modo tale che fosse a prova di esplosione, da una parte fa sorridere al pensiero dell’attuale livello tecnologico, dall’altro suscita profonda ammirazione per l’audacia pionieristica che gli scienziati del progetto ‘Arpanet’ seppero dimostrare. Internet è stata una rivoluzione non solo tecnologica, ma anche concettuale, che ha cambiato il mondo. Come afferma il professor Leonard Kleinrock, l’uomo che inviò il messaggio ‘Lo’, la comunicazione tramite internet può essere paragonata alla scoperta dell’America o allo sbarco dell’uomo sulla Luna, perché da quel momento nulla, nella vita quotidiana dell’uomo, è stata più come prima. Herzog è consapevole di raccontare un momento epocale della storia dell’uomo. E lo fa con il suo stile unico e inconfondibile: entra nei luoghi del racconto per poi concentrarsi sui protagonisti, sulle persone, sulle loro posizioni, indagandone eventuali debolezze. La narrazione si suddivide in 10 capitoli, che vogliono rappresentare un ipotetico viaggio dalla nascita di internet alla sua potenziale evoluzione finale. Nel mezzo, il regista tedesco cerca d’indagare a fondo il vero impatto dell’interconnessione costante, di un mondo sempre più esposto alla tecnologia e da essa dipendente. Ci sono alcuni passaggi impressionanti nel procedere del documentario: mometi ‘bruschi’, dal più florido ottimismo sul futuro tecnologico, ai risvolti più ignobili. E’ il caso di una famiglia che, di fronte alla telecamera di Herzog, racconta la terribile vicenda della morte della figlia in un’incidente d’auto e di come molti si siano accaniti con loro inviando al padre foto del cadavere mutilato della ragazza: una vicenda ‘schifosa’, che non ha avuto seguito legale in quanto, stando al racconto della famiglia, il diritto alla privacy della figlia era decaduto con il decesso stesso della giovane. A questo si aggiunga anche che molte persone al mondo sono ‘allergiche’ alle onde radio prodotte dalle telecomunicazioni e da internet. Persone che sono costrette a vivere all’interno di vere e proprie ‘gabbie di Faraday’ o, nella migliore delle ipotesi, in sperdute comunità rurali lontane da qualunque tipo di tecnologia e di ‘onda radio’. Oltre a indagare i risvolti quotidiani che internet ha nelle nostre esistenze, Herzog sembra maggiormente interessato a un altro tipo di indagine: il futuro di internet. Parlando con vari interlocutori, che vanno dal professore di Stanford fervente sostenitore dell’automatismo tecnologico, all’hacker capace di carpire dal web qualunque informazione di qualsiasi natura, fino a giungere all’imprenditore Elon Musk, co-fondatore di PayPal e Tesla Motors, che sta sviluppando un progetto di colonizzazione spaziale con la sua agenzia privata ‘SpaceX’, l’obiettivo di Herzog inizia a porre interrogativi che suonano profetici sul futuro della rete. Riprendendo un tema caro alla letteratura di fantascienza, e in particolare a Philip K. Dick, “internet può sognare se stesso”? Ovvero: si può pensare che lo sviluppo della rete e delle sue interconnessioni possa generare una coscienza? Un discorso metafisico non di poco conto, specialmente se, nel caso in cui si voglia dare risposta affermativa a tale interrogativo, pensiamo alla nostra totale dipendenza dalla rete. Bisogna ammetterlo: come tutti i lavori di Herzog, questo ‘Lo and Behold’ non è un ‘docufilm facile’ da assimilare. Non si tratta di un documentario sulla rete e sulla cultura tecnologica contemporanea, ma della visione personale di un autore sul tema. E, in quanto personale, tale visione può essere condivisa o meno. L’aspetto antropologico emerge in ogni ‘frame’ e in ogni domanda posta da Herzog ai suoi interlocutore. Quello che conta, ovviamente, è ciò che lo spettatore riceve dalla pellicola e cosa si porterà ‘dentro’ dopo la visione. In ogni caso, si tratta di un viaggio che non lascia indifferenti.

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Nella foto: il primo server della rete internet


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
EDITORE: Compact edizioni divisione di Phoenix associazione culturale