Una capacità mimetica stupefacente da parte dell’attore romano nei ‘panni’ del grande leader socialista, sino al punto di riuscire a trasformare la sua morte da evento privato a fatto condiviso
Un gigante circondato da 'topolini' che rosicchiano il piedistallo su cui si è issato. Ecco chi è Pierfrancesco Favino protagonista di ‘Hammamet’, pellicola uscita nelle sale lo scorso 9 gennaio. Il Bettino Craxi del regista Gianni Amelio, nel film mai nominato e definito semplicemente “il presidente”, viene dipinto non in modo fazioso, ma come un ‘monarca decaduto’ o un 'esule' della democrazia italiana. Nella sua villa di Hammamet, in Tunisia, dove il film è stato effettivamente girato, privilegiato ma non ricchissimo, libero di muoversi ma prigioniero di se stesso, pesante, malato e zoppicante, Craxi combatte contro l’idea che egli ha dato di se stesso, contro l’immagine del leader arrogante che conquistò il Partito socialista italiano con consensi quasi ‘bulgari’ e che poi lo ‘distrusse’ anche con il contributo dei suoi uomini. Questo ‘presidente’ ha sempre l’ultima parola, possiede una capacità di ragionamento sopraffina, un’abilità, tutta da prima Repubblica, di utilizzare il linguaggio come difesa contro amici, familiari e avversari. Una magniloquenza di tono e di portamento proprie di quella stagione politica, che lo vide alla guida dell’Italia con il più lungo e stabile esecutivo di coalizione della nostra Storia repubblicana. Gianni Amelio dà il meglio nella costruzione delle relazioni fra i personaggi, attraverso l’uso dei primi piani, dei campi e controcampi, nei ‘raccordi’ di sguardo. Amelio è capace di non assolvere e di non condannare, Bettino Craxi. Semplicemente, lo lascia al centro della scena come luogo naturale per un uomo del suo calibro. Il risarcimento di ‘Hammamet’, dunque, non è per la vita di Craxi, ma per la sua morte, trasformata da evento privato e distante a fatto condiviso. Per questo film, Gianni Amelio ha voluto Pierfrancesco Favino e nessun altro: questo ha detto in recenti interviste. Per averlo, ha dovuto aspettare sei mesi, perché l’attore era impegnato nelle riprese de ‘Il Traditore’, in cui ha ricoperto il ruolo del pentito di mafia, Tommaso Buscetta. Le riprese di ‘Hammamet’ sono iniziate nel marzo 2019 e Favino ha dovuto sottoporsi ogni mattina a cinque ore di trucco per diventare Bettino e ad altre due, a fine giornata, per tornare a essere se stesso. Ma il successo del film non è solo una questione di trucco, perché Favino ha effettuato un lavoro ‘mimetico’ eccezionale sui gesti, sulla voce, sullo sguardo. Intervistato da ‘Il Venerdì’ di ‘Repubblica’, l'attore romano ha spiegato che, per maggiore comodità, veniva ‘trasformato’ in Bettino Craxi nell’alloggio in cui tornava ogni sera per dormire e che, quindi, arrivava sul set "già con la maschera". E ha aggiunto: “Dopo un paio di giorni, mi sono accorto di suscitare una certa soggezione nella troupe, formata da gente con cui lavoro da anni. C’era anche una forma imbarazzante di riverenza, quindi ho capito che sull’autorevolezza non dovevo lavorare: era garantita dal mio aspetto”. A proposito della sua interpretazione, invece, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, Favino ha dichiarato: “Craxi è stato sicuramente un personaggio controverso, ma io non l’ho interpretato pensando a questo. Ho cercato solo di rappresentare quello che lui sentiva dentro. Il fatto di essere controverso è qualcosa che gli attribuivano gli altri e di cui lui era incosciente”.
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