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7 Maggio 2024

‘Quo vado’? e il ‘togliattismo’ di certi cosiddetti ‘intellettuali’

di Giuseppe Lorin
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‘Quo vado’? e il ‘togliattismo’ di certi cosiddetti ‘intellettuali’

Le critiche di una certa ‘intellighentia’ nei riguardi del nuovo film di Checco Zalone sono severe ed eccessive: il comico barese non è affatto un conformista, ma si richiama a un antico sentimento di umanità francescana, alla poetica dell’eterno ‘fanciullino’ da riscoprire con urgenza, nel tentativo di salvare il nostro Paese dal cinismo imperante

Recensire un film criticato dalla sapiente ‘intellighentia’ italiana è un po’ come sfidare un drago dalle fauci fumanti. Ma noi di ‘Periodico italiano magazine’ amiamo le sfide. Per questo, armati di umiltà e disponibilità, abbiamo assistito alla proiezione di un film che, in pochi giorni, ha letteralmente ‘sbancato’ gli incassi della programmazione cinematografica, superando financo l’ultimo episodio della nota ‘saga’ di ‘Guerre Stellari’. Si tratta di ‘Quo vado?', il nuovo lavoro di Checco Zalone, all’anagrafe Luca Pasquale Medici, girato assieme a Eleonora Giovanardi, Sonia Bergamasco, Ninni Bruschetta, Maurizio Micheli, Ludovica Modugno, Lino Banfi, Azzurra Martino e tanti altri, tutti ben diretti da Gennaro Nunziante. Un film che, innanzitutto, ha il giusto ritmo della commedia all’italiana: dura circa 86 minuti, dunque non moltissimo. In secondo luogo, è il quarto film che vede l’affermazione della comicità ‘disorganica’ - la stessa critica che Palmiro Togliatti mosse, guarda caso, contro Charlie Chaplin - di un artista i cui prodomi possono ritrovarsi in molte nobili maschere del cinema del passato: da Harold Lloyd allo stesso Charlie Chaplin, da Totò ad Alberto Sordi, con qualche sporadica attinenza al primo Carlo Verdone. Sono inoltre apprezzabili i sottili riferimenti alla situazione, a dir poco drammatica, dei nostri lavoratori e dei tanti giovani costretti all’espatrio, pur di mettere in pratica le proprie predisposizioni e capacità affinate con gli studi. Ma oltre a queste problematiche socioeconomiche contingenti, la pellicola ha soprattutto il merito di avvicinare il pubblico medio a temi universali, come il riscaldamento globale e gli aiuti umanitari e sanitari nelle missioni africane, che necessitano di medicinali e vaccini. Un pregio che lo distingue nettamente dal filone dei ‘cinepanettoni’, anche perché l’uscita nelle sale cinematografiche, a rigor di marketing, è avvenuta solamente il giorno di capodanno. In terzo luogo, ‘Quo vado?’ già dal titolo fa riferimento all’eterna domanda: “Quo vadis, Domine”? Ovvero: “Signore, dove vai? Non ci abbandonare, anche se trattiamo in malo modo il creato. E dove sto andando io, quo vado, se non alla ricerca di te in quanto uomo, confidente e amico”?

Checco, come San Francesco, mostra al capo-tribù africano la purezza della sua anima e la sincera umanità dei propri sentimenti. Un’esistenza inizialmente basata sul mito del ‘posto fisso’ a tempo indeterminato nell’ufficio provinciale ‘Caccia e Pesca’. Un impiego che consiste unicamente nell’apporre timbri comodamente seduto alla scrivania di un paesotto del meridione d’Italia, rilasciando licenze, ma aborrendo il favoreggiamento e la concussione. Non è un eterno ‘bamboccione’, anche se la vita comoda lui la preferisce a quella dello stress quotidiano. È stato il padre Peppino (Maurizio Micheli) ad avergli inculcato il mito del posto fisso. E così Checco è ancora celibe, servito e riverito dalla madre Caterina (Ludovica Modugno) e dall’eterna fidanzata (Azzurra Martino), che però lui non ha la minima intenzione di sposare. A un certo punto, il Governo vara la riforma della pubblica amministrazione, che decreta il ‘taglio’ delle province. Purtroppo, il provvedimento coinvolge anche le organizzazioni e le associazioni legate alle amministrazioni provinciali. Il suo status di single in ottima forma lo rende idoneo alla richiesta ‘volontaria’ di dimissioni, a fronte di una buonuscita. Ma Checco viene consigliato dal senatore Binetto (Lino Banfi), che a suo tempo lo ha ‘raccomandato’, a non cedere alle pressioni. Così, la spietata responsabile della Gestione del personale, pur di liberarsene e non avere rimproveri dal ministro Magno (Ninni Bruschetta), lo spedisce in giro per l’Italia, dalla Sardegna alla Sicilia, dal Piemonte alla Lombardia e al Lazio, nelle sedi più disagiate e scomode. Checco si adatta: è spontaneo e si rapporta in modo eccezionale con il pubblico. E la gente lo percepisce, apprezzando il ragazzo. Tra l’altro, in ogni posto in cui viene trasferito, Checco ha successo e i media sono costretti a occuparsi di lui e del suo impegno, con articoli e interviste sui giornali. Alla dottoressa Sironi (Sonia Bergamasco), la dirigente della Gestione del personale, non resta che tentare un’ultima carta: ‘spedirlo’ al Polo Nord, in mezzo alle nevi perenni delle Svalbard, in Norvegia. Per fortuna, nel laboratorio italiano del Cnr ‘Dirigibile Italia’ c’è anche Valeria (Eleonora Giovanardi), una ricercatrice che studia gli animali in via d'estinzione come pinguini, foche e orsi bianchi, con prelievi del sangue, misurazioni pressorie e analisi spermatiche. Una donna coraggiosa, con tre figli avuti da tre uomini diversi, che lotta per l’ambiente e per gli animali, il cui fascino riuscirà finalmente a fare chiarezza nella personalità del protagonista. La pellicola ha conquistato anche il primo ministro, Matteo Renzi, che lo ha scelto con la famiglia come prima visione cinematografica del nuovo anno. In una scena, vi è anche un riferimento al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, in quanto individuo puro, in via d’estinzione, posizionato con la sua immagine nella parete del laboratorio del Cnr.

Checco Zalone, insomma, è un ragazzo simpatico, anche nella quotidianità: non è un presuntuoso e non ha affatto la pretesa di fornire lezioni di sociologia allo spettatore. Non sarà un Antonio Albanese, ma la sua comicità possiede il merito di proporre agli spettatori tematiche piuttosto distanti rispetto al noto ripiegamento ‘privatista’ dell’italiano medio, senza eccedere in formule dissacratorie o paradossali, né declinare verso quel facile ‘macchiettismo’ che, viceversa, ha appiattito altri ‘esperimenti’ non troppo riusciti in questa ‘tornata’ natalizia. Evidenti sono, infine, i richiami alla purezza d’animo, alla ricchezza spirituale che gli italiani possono, quando vogliono, far emergere dal proprio ‘Io’ interiore. E il pubblico apprezza Checco Zalone proprio per questa sua spontaneità. Anche perché, ricordiamolo, si tratta di un ottimo cantante e musicista, che affronta con un’ironia semplice, in grado di raggiungere chiunque, i problemi posti dalla modernità. Il suo successo va ricercato, pertanto, nella necessità, urgente e propria di questo preciso periodo storico, di trovare una maggiore umanità, stabilità e coerenza di comportamenti. È lo stupore dell’animo puro: il riscoprirsi bambino, incantato dal volo di libertà di un gabbiano.


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