Arnold Schwarzenegger ritorna nel ruolo iconico che negli anni ’80 gli regalò il successo, con l’obiettivo di riportare in vita la saga del T-800 sotto una nuova prospettiva e con nuovi protagonisti: un’operazione in parte riuscita, ma viziata da un ormai insopportabile senso del “già visto” che sta invadendo le sale cinematografiche
Hollywood: idee cercasi disperatamente.
Si aggiunge un nuovo capitolo all’ormai sconfinato libro dei remake e dei reboot dei classici del cinema, segno evidente di una scarsa vena creativa che sta attraversando Hollywood e del desiderio della major di fare “soldi facili” riproponendo serie che hanno fatto la storia della settima arte.
In questo caso a essere richiamati in causa sono i muscoli (ormai un po’ cadenti ma in fin dei conti la vecchia colpisce tutti) di Arnold Schwarzenegger e lo scheletro di metallo di quello che è sicuramente uno dei personaggi più amati portati sullo schermo dall’ex Governatore della California: Terminator T-800.
Giunta ormai al quinto capitolo ufficiale (dopo il brutto scivolone di Terminator Salvation) la serie sui terribili cyborg che viaggiano nel tempo per uccidere il futuro leader della resistenza umana in un mondo ormai dominato dalle macchine viene “azzerata” per essere proposta a un pubblico più moderno.
Il pretesto per compiere quest’operazione ormai insopportabile, è proprio quello dei viaggi temporali: quando Kyle Reese (Jai Courtney), soldato della Resistenza contro le macchine nel 2029, viene mandato indietro nel tempo fino al 1984 dal leader John Connor (Jason Clarke) con il compito di proteggere la madre Sarah (Emilia Clarke) dalla minaccia del Terminator (Schwarzenegger). Ma le cose non andranno proprio secondo i piani e tutto quello che era il passato di cui Kyle aveva sentito parlare non esiste più.
A dispetto di quanto possa apparire in superficie, l’intreccio narrativo di questo nuovo Terminator è ben costruito, con ogni cambiamento temporale giustificato e ben architettato. Lo spettatore che ha ancora nella mente i due film originali (non consideriamo sia il terzo episodio che il quarto che vengono ignorati in questa continuity), non potranno che rimanere soddisfatti di fronte alle innumerevoli citazioni, riferimenti e capovolgimenti di ciò che si conosce.
La mano del regista Alan Taylor (già regista di Thor: The Dark World) è precisa rispettosa, capace di gestire con notevole bravura le infinite sequenze d’azione, sparatorie scazzottate e inseguimenti infiniti, come del resto si vedeva in tutti i film degli anni ’80, con l’aggiunta di una dose massiccia di computer grafica.
Passando invece alle interpretazioni, bisogna dire che quasi nessuno dei protagonisti scelti dimostra quel minimo di carisma e bravura necessari per interpretare dei ruoli così iconici: Kyle Reese e Sarah Connor sembrano “imbalsamati” incapaci di esprimere qualunque tipo di emozione salvo poi diventare delle macchine distruttive quando imbracciano il fucile. Il vero fulcro della pellicola è ovviamente lui, “Schwarzy” che, seppur invecchiato e comunque mono-espressivo, è in grado con il suo carisma di reggere tutta la pellicola sulle sue spalle. Una menzione speciale invece va riservata per Jason Clarke, capace di dare vera vita a John Connor e mostrarne tutti gli aspetti, anche quelli più oscuri.
Terminator Genysis è solo l’ultimo film in linea temporale a riesumare un mito del cinema per gli interessi economici delle grandi case di produzione (Predators, Robocop, Prometheus e Jurassic World solo per citare alcuni dei titoli più illustri). Il fatto è che quasi tutte queste produzioni, palesi specchietti per le allodole, finiscono per essere mal digerite dagli spettatori che non vedono più qualcosa di innovativo, ma solo una serie di interminabili citazioni. Hollywood ormai vive auto-citando se stessa. Sarebbe folle dire che i guadagni colossali che possono essere garantiti da un marchio famoso come quello di Terminator non debbano essere considerati quando si programma una produzione, però sarebbe anche ora di abbandonare questo filone citazionista ormai saturo e che rischia di nascondere invece idee interessanti e valide.
Nello specifico caso di Terminator il nuovo scenario in cui si dovrebbe configurare l’offensiva delle macchine, spostandosi dalla tecnologia robotica a quella digitale e dei social-network è tutto sommato interessante e dimostra un notevole sforzo degli sceneggiatori per attualizzare il contesto della pellicola. Ma sempre di questo si tratta: un’attualizzazione, qualcosa di diverso ma comunque già visto.
Con questo possiamo dire che TerminatorGenisys non è un brutto film, anzi è una pellicola d’azione ben al di sopra della media. Quello che viene da chiedersi è: era davvero necessario rispolverare il T-800 per scrivere un bel film d’azione?