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28 Novembre 2024

E adesso rivogliono il cattivo 'classico' (ovvero quello stupido)

di Giovanna Albi
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E adesso rivogliono il cattivo 'classico' (ovvero quello stupido)

Se Pietro Gambadilegno continua a farsi mettere in gattabuia da Topolino e non riesce a comprendere perché non gliene vada mai una ‘dritta’, un problema di scarsa intelligenza i ‘cattivi tradizionali’ ce l’hanno
 
Pur nella confusione totale di questi anni, ci siamo imbattuti in una discussione culturale interessante: il 'mainstream' dei film di animazione digitale, dominato da Disney e Pixar, non propone più il ruolo del 'cattivo', ma solo quello di personaggi problematici, affetti da traumi ancestrali, che non sono mai riusciti a superare. Si tratta di una critica tradizionalista, anche se la accettiamo di buon grado, per la capacità dimostrata di individuare un tema che, in effetti, appare evidente. E le recenti polemiche contro Roberto Saviano ci offre uno spunto per spiegare meglio alcune evoluzioni che pensavamo fossero ormai chiare per tutti o quasi. Certificare l’esistenza di un soggetto moralmente 'cattivo di sana pianta' è una semplificazione del passato. Anche nei casi di 'grandiosa malvagità'. E il tema dell’eroe negativo - o antieroe - che aveva cominciato a farsi strada già nella letteratura francese sin dai primi anni del novecento con l’invenzione del 'ladro-gentiluomo' di nome Arsenio Lupin - uscito dalla geniale penna di Maurice Leblanc - piano piano ha cominciato a farsi strada. Insomma, il tema dei cattivi “che poi così cattivi non sono mai”, per dirla con le parole di Ivano Fossati, è alquanto recente. Per le culture puritane e anglosassoni, in particolare, addirittura recentissimo. E’ la medesima obiezione che si solleva in politica, quando si viene accusati di voler instaurare il cosiddetto “pensiero unico”, che tale viene definito perché ci si ritrova presi in contropiede da una novità. Il fatto che si affermino nuove tendenze culturali, infatti, è un segnale della vivacità di autori, sceneggiatori, scrittori e artisti. E persino il tema delle 'narrazioni' dimostra un’attenzione e una capacità di rinnovamento della nostra cultura media, che dovrebbe segnalarci esattamente il contrario. E cioè che il vero 'pensiJoker_primo_piano.jpgero unico dominante' era quello precedente, ormai 'finito in soffitta' poiché 'inattuale'. Pertanto, dato che ormai ci si lamenta di tutto, la notizia diviene che qualcuno 'piagnucola' anche su questo, poiché si tratta di una complicazione e non di una semplificazione. Un’obiezione, quest’ultima, che avrebbe un proprio grado di fondatezza in una chiave di comunicazione commerciale, non quando si parla di cultura 'umanista', dunque non 'contrattualista'. L’accusa di voler imporre un 'pensiero unico' è fondamentalmente un 'nonsense': una contraddizione in termini, che dimostra la staticità di questa posizione accusatoria. La quale, invece, era tenuta anch’essa a rielaborare il proprio pensiero, al fine di proporre innovazioni. Restare fermi come la moglie di Lot, trasformata in una statua di sale in un famoso episodio biblico, non è mai una buona cosa. Anche perché dimostra una conoscenza puramente elementare di chi dice di voler difendere le ragioni di una fede o di una filosofia morale, quando in realtà si sta mostrando una visione valoriale puramente ritualista o dogmatica della propria credenza. Insomma, il problema non è quello di amare o meno un filone culturale o letterario qualsiasi, bensì di non riuscire a difenderlo, poiché si rigetta la messa in discussione di alcuni elementi divenuti obsoleti o superati, che dovrebbero prevedere una nuova interpretazione simbolica. Insomma, c’è chi ha nostalgia del 'cattivo classico', perché spesso è il personaggio meno noioso e più divertente, che inserisce l’elemento del conflitto divenendo il vero 'motore' di una storia. Che è un po’ come rimpiangere la 'lotta di classe', o qualcosa del genere. Se le culture progressiste stanno cercando nuove vie di sperimentazione filosofica, o anche semplicemente metodologica, l’immobilismo delle culture 'altre' non è un buon segnale. Ma se il classismo dei cattivi stava tanto sulle 'scatole' a tutti, anche quello 'rovesciato', tendente cioè a creare nuovi conformismi, perché adesso lo si rimpiange? Semplice: perché il 'cattivo', esattamente come fanno le culture eversive e protestatarie, in genere 'scuote l’albero' senza mai riuscire a coglierne i 'frutti'. I 'cattivi', soprattutto nelle storie per bambini, non vincono mai: sono fondamentalmente degli stupidi. Ma ciò rappresenta un elemento irreale, poiché nella vita di tutti i giorni è proprio lo stupido a fare più danni. La 'grandiosa malvagità', a suo modo, è una forma di intelligenza, per quanto criminale essa sia. Ma se Pietro Gambadilegno continua a farsi mettere in gattabuia da Topolino e non riesce a comprendere perché non gliene vada mai una 'dritta', un problema di 'scarsa intelligenza' questo tipo di 'cattivi tradizionali' ce l’hanno: eccome se ce l’hanno. Perché in realtà non si tratta di malvagi, ma di semplici opportunisti, che cercano di fare la 'grana' con metodi disonesti o, comunque, facili: la rappresentazione di un personaggio privo di princìpi, che non crede nelle virtù del risparmio, del lavoro, del sacrificio, nel valore del danaro guadagnato. Se si voleva una sinistra 'laburista' e non più 'rivoluzionaria', adesso non ci si può lamentare perché non ci sono più “i comunisti di una volta”. Non si è mai contenti, insomma: ogni scusa è buona pur di rimuovere i contenuti. E cioè che i veri stupidi sono proprio coloro che credono che tutto sia immobile, che nulla debba mai cambiare, persino quando le cose cambiano da sole. E questo non è conservatorismo, bensì pigrizia mentale.
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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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