Spettacolari, divertenti, strani, canori, danzanti, muti. Ce n’è per tutti i gusti. Parliamo dei flash mob, le stravaganti mobilitazioni di massa in luoghi pubblici prescelti, dove i ‘mobbers’ riunitisi, partono all’unisono, al segnale che solo loro conoscono (inscenando qualcosa che lascia solitamente attoniti gli increduli presenti) per poi, al termine, dileguarsi in fretta.
Si tratta di un fenomeno sociale, nato attraverso la rete, che ha preso piede un po’ in tutto il mondo. I primi flasmob sono stati organizzati a New York nel 2003, ma già un anno dopo il fenomeno ha fatto la sua prima comparsa in Italia, a Roma. In meno di dieci anni la casistica si è allargata a macchia d’olio, in tutto il mondo. Gli eventi vengono organizzati e diffusi in rete (attraverso i filmati di you tube). In linea generale, si tratta di riunioni tra più persone per compiere un’azione contemporaneamente. Ciò che caratterizza il flasmob è l’effetto sorpresa (in un contesto pubblico) e la durata limitata (solitamente pochi minuti) e il fatto che i partecipanti agiscano nello stesso momento e poi, finita l’esibizione, si disperdano, come se nulla fosse mai accaduto. Le modalità sono diverse, a seconda dell’occasione: può trattarsi di una coreografia eseguita da un centinaio di persone, con tanto di musica d’accompagnamento (di solito uno stereo portatile), così come di una qualsiasi altra azione collettiva (i partecipanti si fermano restando immobili fino al segnale di fine evento, oppure innnescano improvvise guerre con pistole e fucili ad acqua e così via). Ma come fanno centinaia di persone a ritrovarsi in un luogo, nello stesso momento, e a comportarsi alla stessa maniera, senza essersi mai viste prima? Grazie alla rete e allo scambio dei flussi di comunicazione. Attraverso i vari social network e l’uso delle e-mail, il messaggio si diffonde rapidamente, giunge a più destinatari possibili, i quali, lette le istruzioni, il luogo dell’appuntamento, il giorno e l’ora, le modalità dell’azione, si ritrovano, ognuno autonomamente, come da programma per realizzare il flash mob. Semplice, a costo zero o quasi, non richiede grandi fatiche e non è così invasivo e fastidioso come tanti cortei che paralizzano la mobilità cittadina. Anzi, precisiamolo subito: per le modalità con cui si svolgono e le finalità che possiedono, i flash mob non hanno nulla a che spartire con i cortei o le mobilitazioni di piazza. L’evento è talmente estemporaneo che non si richiede alcuna autorizzazione al comune: si lancia la notizia, si lascia fare al passa parola, ci si ritrova e via. Non si protesta né per tagli alla scuola, né per la pressione fiscale. Non ci sono motivazioni politiche. E allora perché comparire d’improvviso in una piazza, travolgerla per pochi minuti e andar via? Chi rappresentano questi flash mob? Chi sono i suoi fruitori? Chi è il destinatario?I mobbers sono, di solito, ragazzi tra i 16 e i 35 anni, che scelgono di comparire per puro intrattenimento. Tutto alla luce del sole. Condividono allegria. Le modalità con cui questo avviene, possono variare. La fantasia nel corso degli anni, non è mancata agli organizzatori dei flash mob. Così abbiamo, per esempio, lo ‘Human Mirror’, molto suggestivo, in quanto realizzato da coppie di gemelli; il ‘Silent Rave’, in cui i partecipanti si muovono nel completo silenzio, ognuno ascoltando la propria musica in cuffia; il ‘Freeze flash mob’, in cui i ragazzi convenuti, si fermano, restando immobili, a un segnale prestabilito. Recentemente si è svolto a Roma il ‘Music mob’: sulle note di un tormentone musicale, i partecipanti hanno inscenato una coreografia d’effetto. La musica, infatti, non proveniva soltanto da casse esterne, ma, tramite un’applicazione italiana per android e i-phone, tutti gli smartphone erano sincronizzati col brano in questione. L’intera Piazza del Popolo sembrava muoversi e tremare al ritmo proveniente da 3000 telefonini in sincrono con le casse.Ma la storia dei flash mob è fatta anche di stravaganze. Qualcuno, per esempio, ha pensato di chiedere la mano della futura moglie proprio in questo modo, davanti a una moltitudine di estranei, accorsi, dopo aver appreso, tramite il tam tam su internet, il giorno e il luogo prescelto.Qualche tentativo di farne un evento-denuncia, a dire il vero, non è mancato: a Napoli, infatti, ne è stato realizzato uno contro la camorra nel quale i partecipanti a un certo punto sono caduti a terra, come colpiti da un colpo di pistola. Persino l’Unicef ha deciso di ricorrere a un flash mob per lanciare la campagna di reclutamento di ‘Younicef’, il suo movimento di giovani volontari. Secondo Ugo Guidolin, docente di Teorie e Tecniche dei Nuovi Media alla facoltà di Scienze della Comunicazione di Padova, i Flash Mob, come molte altre formedel Web, sono dei cortocircuiti che si innestano all'interno dei tradizionali sistemi di comunicazione. Cortocircuti ad alto potenziale: ‘viralmente’ parlando.Non pensiamo comunque che tutto ciò possa costituire un sistema innovativo di attuare una protesta di ‘piazza’. Perché i mobbers non sono folla, sono diventati folla, in qualche maniera: non si muovono da folla, non hanno la forza della folla e non hanno perso la loro individualità di singoli. Tanto è vero che ogni singolo partecipante si dilegua, tornando alla propria vita di sempre, al termine dell’azione (da perfetti sconosciuti si entra tutti in azione e da perfetti sconosciuti si ritorna a casa). Si tratta, invece, di un momento di follia personale condivisa, finalizzata al gioco, al divertimento e, perché no, all’esibizionismo.