Per rilanciare il nostro patrimonio artistico e culturale, il direttore di Paestum ha voluto concedere a una coppia di sposarsi fra le rovine dell’antica città della Magna Grecia, provocando così una reazione a catena fra i direttori di musei e aree archeologiche italiane: intanto i wedding planner sono pronti a farlo diventare un 'evento glam'
Se siete in procinto di pronunciare il fatidico "Sì" e ancora non avete deciso la location, dovete aggiornarvi e mettervi al pari con le nuove mode in termini di matrimonio. Dai templi di Paestum al torinese Palazzo Madama, dall’anfiteatro di Fiesole alla galleria degli Stucchi di Jesi, dal Circo Massimo di Roma al museo di Pietrarsa a Napoli, gli sposi preferiscono i luoghi d’arte alla classiche chiese sparse sul nostro territorio. Inaugurano la stagione dei ‘matrimoni d’arte’ i templi di Paestum, sito archeologico proprietà dell’Unesco e diretto dall’archeologo tedesco Gabriel Zuchtriegel. Quest’ultimo, al fine di rilanciare l’area, concede l’affitto di una parte del sito a matrimoni in rito civile: "Tutela e fruizione sono e rimangono la priorità. Tutti gli introiti verranno riversati proprio su ricerca e manutenzione". Così commenta Zuchtriegel all’agenzia di stampa Ansa, spiegando che vi è un regolamento e un tariffario da rispettare se ci si vuole sposare in loco: da 200 a 2 mila euro se i neo promessi vogliono le foto con il Tempio di Hera, o brindare davanti le colonne del Tempio di Nettuno. Nonostante il ministro Franceschini abbia definito la nuova moda "un po’ kitsch", i direttori dei musei e i wedding planner approvano e promuovono la nuova tendenza nuziale, tanto da diffondere il fenomeno in tutta Italia. Un successo che ha convinto gran parte dei direttori museali italiani ad aprire le porte ai futuri coniugi e ai loro invitati dando vita così a quella che è stata definita: "La vera novità nel settore degli ultimi anni. La bellezza dei nuovi set è il must che aiuta a costruire un matrimonio davvero unico", spiega il wedding planner e conduttore televisivo Enzo Miccio. Ma come per tutte le iniziative, vi è chi disapprova categoricamente questa tendenza. Il soprintendente di Pompei, Massimo Osanna e lo storico d’arte fiorentino, Tomaso Montanari, vedono questa iniziativa come "la fine del progetto costituzionale sul patrimonio d’arte".