La polemica di Verdone contro Allen e la 'sua' Roma descritta attraverso luoghi comuni non fa il minimo sforzo per comprendere il punto di vista ‘esogeno’ di uno straniero che, invece, riesce a cogliere anche il lato grottesco della vita quotidiana della città eterna
Sono rimasto alquanto ‘seccato’ dalla recente polemica generata dall’attore e regista Carlo Verdone nei confronti del film ‘To Rome with love’, diretto da Woody Allen. L’artista romano, infatti, con una certa arroganza ha accusato il grande umorista americano di aver descritto una città eterna stracolma di “luoghi comuni”, senza fare il minimo sforzo per comprendere il punto di vista ‘esogeno’ di uno straniero che, senza dubbio, è rimasto assai colpito dai bellissimi ‘scorci’ della capitale d’Italia, dai suoi splendidi panorami, dal dolcissimo clima che, generalmente, accompagna le sue giornate, concentrandosi tuttavia maggiormente sul lato grottesco della vita quotidiana della città dei 7 colli. In realtà, è proprio Carlo Verdone a essersi sempre limitato a una visione provinciale della ‘romanità’. Ed è per questo motivo che i suoi film non sempre sono bene accolti nel resto del Paese. A parte la felice eccezione di ‘Compagni di scuola’, in cui ha cercato di fotografare, riuscendoci, lo spaccato sociale di un gruppo di liceali che si ritrovano, dopo molti anni dall’esame di maturità, a vivere una serata carica di nostalgia nei confronti di un’epoca di ‘spensieratezze’ in seguito costretta a fare i conti con le dure responsabilità della vita ‘reale’, è proprio il cinema di Verdone quello che ha sempre teso a raccontarci storie improntate su personaggi caratteristici, replicando all’infinito il consueto luogo comune di una popolarità romana sempre allegra ed estemporanea. In sostanza, Verdone è romano e ama molto la sua città. Dunque, è per questo motivo che proprio non riesce a cogliere anche gli aspetti di una capitale che sconta una serie di gravissimi errori di programmazione amministrativa. Allen, invece, possiede un punto di vista ‘esterno’, ‘distaccato’, non si lascia ‘comprare’ emotivamente dalla bellezza artistica di Roma. E, a parte qualche evidente ‘errore’, come la scena finale di un cittadino in canottiera che chiude il film parlando al pubblico da una finestra di un appartamento di via dei Condotti (come se l’orripilante mercato immobiliare romano fosse realmente in grado di porre in vendita, o anche semplicemente in affitto, un’abitazione inavvicinabile persino per i ceti medio-alti della città…) evidenzia l’impazzimento totale di un mondo, quello capitolino, che proprio si rifiuta ostinatamente di voler analizzare i propri difetti di fondo. La ‘galleria’ di personaggi della Roma degli ultimi vent’anni che Allen presenta al pubblico è realistica, verosimile: un circuito dell’informazione qualunquista, che crea notizie sul nulla trasformando “un coglione qualsiasi” in un illustre ‘tuttologo’ (ben interpretato da Roberto Benigni) a dimostrazione di un giornalismo meramente ‘riempitivo’ e superficiale; gli ambienti cosiddetti ‘in’ che, gira e rigira, si ‘ripassano’ tutti la stessa prostituta; l’attore ‘marpione’, che cerca di portarsi a letto un’ingenua sposina veneta in viaggio di nozze; l’attricetta di belle speranze, che ruba il fidanzato all’amica promettendogli una storia ‘favolosa’, tutta composta di meravigliosi viaggi intorno al mondo, ma che nel giro di un attimo, non appena giunge la tanto attesa telefonata di un regista, annulla ogni progetto d’amore per continuare a inseguire il proprio sogno di affermazione egoistica, ricercata anche a costo di passare da un letto all’altro. Insomma, una buona descrizione di un mondo ‘fatuo’, tutto basato sulle mere apparenze, su una finzione di atteggiamenti e di comportamenti che dipinge l’impazzimento morale, i retaggi tradizionalisti ormai stantìi, quel ‘carnevale romano’ che continua imperterrito a rifiutarsi di affrontare le proprie ‘magagne’ e la propria ‘cafonerìa’ da Europa meridionale, che continua a illudersi di essere la città della ‘dolce vita’ mentre in realtà è diventata solamente un gran calderone di opportunismi, di esibizionismi, di atteggiamenti ‘affettati’, che nascondono sempre obiettivi ben distinti rispetto a quelli dichiarati. Una Roma di doppie vite, assurdità e tristezza: Verdone e i romani non vogliono comprendere la questione? Tutto sommato, la cosa non ci stupisce: nel fingere di fare ogni cosa, diviene inevitabile voltare il proprio sguardo da un’altra parte, nell’ipocrita illusione di veder scomparire le proprie miserie, di poter continuare ad appiattire una disastrosa realtà sociale al solo fine di replicare all’infinito una logica basata su ‘bluff’ reiterati, in una sciocca commistione tra vita reale e telenovelas, tra fiction e gossip, fino a impoverire una ‘piazza’ artistica e professionale la quale, invece, ha sempre dimostrato, nell’ambito della produzione culturale, una propria storica vitalità. Il film di Woody Allen non è affatto malvagio. Anzi, la pellicola possiede dei momenti addirittura ‘spassosi’, con la ‘chicca’ del cantante lirico che si esprime al meglio solamente sotto la doccia. E la Roma descritta è “senza orrore di se stessa” - come avrebbe detto impietosamente Ettore Petrolini - che dunque meritava di esser tolta dalla consueta ‘vetrina’ turistica di contorno.