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23 Novembre 2024

L’estetismo ‘ideologico’ del terzo millennio

di Dario Cecconi
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L’estetismo ‘ideologico’ del terzo millennio

“Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”: una verità tanto semplice da sembrare scontata che, tuttavia, racchiude una questione molto complessa, legata al pensiero ‘unico’ dei modelli imposti da cinema, moda e televisione

Per la concezione 'naturalistica', la bellezza è oggettiva, perché risponde a determinate caratteristiche geometriche, universalmente riconosciute come belle, collegate a circuiti cerebrali modellati dalla selezione naturale. In questa prospettiva, “il bello è sempre bello”, poiché percepito come tale da tutti gli esseri umani, in qualsiasi luogo del pianeta. Secondo la concezione ‘culturalista’, invece, la bellezza è soggettiva, inscindibile dalle esperienze della persona e, perciò, influenzata dal periodo storico, dai costumi e dalle mode. Secondo questo punto di vista, la bellezza è relativa e risulta percepita come tale in base alle circostanze e alle persone. Chi ha ragione? È difficile dirlo. Possediamo, insiti in noi, quei circuiti mentali che ci fanno elaborare e riconoscere la bellezza e che ci spingono verso ciò che oggettivamente percepiamo come ‘bello’. Ma come negare le influenze sociali e psicologiche che intervengono nel farci preferire un determinato tipo di bellezza a un altro? A guardare i cartelloni pubblicitari, i format televisivi e le immagini che circolano in rete, la bellezza oggi appare tendenzialmente ‘appiattita’, ‘standardizzata’, uniformata: i volti sembrano presentare le medesime caratteristiche; i corpi sono da mostrare solo se modellati, depilati, ‘lampadati’, secondo precisi criteri estetici. Siamo costretti a osservare l’omogeneità delle espressioni, dei gesti, delle posture. E chi non corrisponde a tali canoni ‘omologativi’ non è bello. Ipnotizzati a lungo dalla cultura dell’immagine, ci si astrae dall’essere e dal cercare persone reali, dotati di quelle caratteristiche che rendono ‘unico’ ogni essere umano anche per un ‘naso’ particolare, oppure un altezza al di sotto del metro e settanta. La bellezza individuale risiede, potenzialmente, nella diversità e nella singolarità. A tal riguardo, è fondamentale il modo in cui ‘viversi’ e l’esclusività delle proprie caratteristiche fisiche: non siamo ‘pupazzi’ o bambole di porcellana. Dunque, abbiamo una personalità che ci consente di essere complici di noi stessi, autoironici, creativi, prendendoci cura del nostro aspetto in modo sano e intelligente, in coerenza con il proprio modo di essere. La bellezza reale di una persona non è una fotografia ‘statica’, ma un film in sequenza, composto di suggestioni e atmosfere, stimoli ed emozioni, fascino e carattere.

Dal 'divismo' di Hollywood alle 'stelline' televisive
Marilyn Monroe, diva cinematografica degli anni ’50 del secolo scorso, nonché donna simbolo della femminilità e dei grandi contrasti della personalità, è da considerarsi, ancora oggi, un’incarnazione della bellezza reale. Molti studiosi di estetica hanno infatti rilevato le ‘proporzionalità’ del suo volto, tanto perfette da rispondere ai canoni teorizzati dagli studi sul viso di Leonardo da Vinci. Se a un volto dai tratti regolari si aggiunge un corpo ‘esplosivo’ e capelli biondo platino, il risultato diviene un ‘sex appeal’ senza precedenti, mitigato - o forse accentuato, in questo caso - da quell'innocente aria da bambina alla quale non mancava creatività, autoironia e unicità nella personalità.Marylin_Monroe.jpg
Tuttavia, anche le trasformazioni socioeconomiche e di costume incidono sui canoni stessi dell’estetismo fisico, che dunque sembrano ‘statici’, ma in realtà non lo sono affatto. Il vero problema di tali criteri, infatti, non è quello di generare donne ‘ideali’ o icone di bellezza, bensì di imporre modelli unici ed esclusivi, che ‘imperano’ nell’immaginario collettivo per lunghi decenni, rendendo selettivo un ‘settore’, quello dell’universo femminile, secondo un processo di mercificazione del corpo delle donne. Mentre gli Stati Uniti impazzivano per l’erotismo ‘ingenuo’ sprigionato dalla Monroe, nello stesso periodo gli italiani erano fermi all’opulenza delle ‘forme’ direttamente discendente da un evidente bisogno di ‘abbondanza’. La qual cosa dimostra pienamente come la scarsità di mezzi incida non solamente sull’andamento dei mercati, ma riesca a condizionare anche numerosi fattori psicologici. Ecco spiegato il successo, qui da noi, delle ‘maggiorate’ dell’immediato dopoguerra, rappresentate soprattutto da Sophia Loren e Gina Lollobrigida. Solamente dopo gli anni del ‘boom’ economico cominciarono ad affermarsi tipologie estetiche di ragazze eleganti, ‘filiformi’, intrise di acerbità come Catherine Spaak in Italia e Brigitte Bardot in Francia. Ciò non toglie che, nel medesimo periodo, non fossero da considerare delle bellezze estremamente particolari, cioè dotate di caratteristiche peculiari, donne come Elizabeth Taylor, una vera e propria ‘Venere tascabile’, oppure artiste dotate di un fascino apparentemente ‘algido’ come Grace Kelly. Gli anni ’70 irruppero rumorosamente con il loro trucco pesante e le capigliature ‘monumentali’. L’industria dell’abbigliamento e della moda stavano cominciando a ‘dettare’, con sempre maggior decisione, nuovi ‘canoni’ estetici di riferimento. Raquel Welch negli Usa ed Edvige Fenech qui da noi cominciarono a incarnare il sogno proibito della maggior parte degli uomini, teleguidati omologativamente secondo un ‘codice’ di riferimento sociologico semplicistico, se non addirittura ‘binario’: la moglie ‘trofeo’ e l’amante trasgressiva. Furono dunque gli anni ’80, in realtà, quelli della vera bellezza femminile a fattore ‘variabile’: benché spesso ‘ammantati’ dal falso ‘velo’ del ‘riflusso’, il decennio dell’edonismo è stato quello in cui le donne sono riuscite a conquistarsi interi ‘pezzi’ di società, a cominciare dal mondo del lavoro. Ecco il vero perché del successo della ‘carina media’ Karol Alt, contrapposta alla ‘rotondina tutto pepe’ Madonna, coniugate con l’emergere del mondo afro-americano rappresentato dalla jamaicana Grace Jones, insieme all’esplosiva tonicità fisica di Naomi Campbell, anch’essa di origini caraibiche. Il ‘tocco esotico’ centroamericano suggella, nei successivi anni ’90, anche il successo di Jennifer Lopez, mentre le icone della società occidentale diventano le bellezze della ‘porta accanto’, come Julia Roberts, o tipologie di ragazze ‘acqua e sapone’ tipo Mag Ryan o la stessa Cameron Diaz. Non sono mancate, soprattutto in Italia, improvvise ‘sterzate’ verso l’acerbità ‘teen’ di Claudia Gerini e Ambra Angiolini, o clamorosi ritorni alla procace generosità ‘popolare’ di Sabrina Ferilli e Valeria Marini. Tuttavia, si è finalmente cominciato a comprendere che la ‘gamma estetica’ della bellezza stava ampliandosi, andando a ‘toccare’ anche la calda sensualità ‘sicula’ di Maria Grazia Cucinotta, l’eterea timidezza di Margherita Buy e il fascino sofisticato di Nancy BrilliGrace_Kelly.jpg.

La bellezza 'globalizzata'
Il resto è cronaca: l’icona principale di questi primi decenni del terzo millennio è la bellissima Monica Bellucci, la cui perfezione del viso tocca livelli estetici che sfiorano la plasticità greco-ellenista dei tempi più antichi. Una bellezza che può interpretare ruoli angelici e, al contempo, demoniaci, come nel 'Drakula' di Francis Ford Coppola. Tuttavia, quel che più conta è che la bellezza femminile cominci a imporsi basandosi su svariati livelli e secondo criteri distinti, arrivando persino a inglobare problematiche politiche o demografiche epocali, come la caduta del comunismo e l’immigrazione dai Paesi del sud del mondo. In tal senso, l’apparire di ragazze come Alena Seredova, proveniente da quell’est europeo finalmente liberato dalla ‘cappa’ totalitaria del socialismo 'reale', ha fatto il paio con donne originarie del mondo arabo come la tunisina Afef Jnifen, o di quello sudamericano (Valeria Mazza e Ana Belén Rodriguez). La bellezza si sta dunque ‘internazionalizzando’ come nuovo valore ‘dominante’, se non in quanto vera e propria ideologia del terzo millennio. La cosa ci sembra eccessiva. A meno che ciò non serva a migliorare la condizione femminile nel suo complesso e a scacciare il ‘demone’ del ‘peccato’ e dello ‘scandalo’ dalle culture sociali e dalle credenze religiose di tutto il mondo.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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