Morti sul lavoro: l'ex compagna dell'ingegnere olandese Huub Pistoor, il 56enne travolto e ucciso dal rimorchio di un tir nel marzo del 2019, non si rassegna di fronte alla seconda richiesta di archiviazione da parte della Procura di Ancona, poiché "il tir non era a norma e non avrebbe dovuto circolare in strada", denuncia l'insegnante di Italiano e Storia, verbale dei periti alla mano
"Huub non è morto per un incidente". Ne è sicura Gioia Bucarelli, compagna di Huub Pistoor, il cinquantaseienne olandese residente a Osimo (Ancona) travolto e ucciso dal rimorchio di un tir ad Agugliano (An), il 29 marzo 2019. Morto sul colpo dentro la sua auto, lascia la compagna e una figlia di 23 anni che non si rassegnano alla richiesta di archiviazione da parte del pm della Procura di Ancona, avvenuta alcune settimane fa. "Chiediamo che sia fatta luce sulle responsabilità di questa tragedia”, ha commentato a caldo la compagna del lavoratore olandese, “oppure vogliamo far passare che sia normale morire così, schiacciati in strada dal rimorchio di un camion"? A valutare che non si sia trattato di un incidente sono anche i periti, nominati dagli avvocati della Bucarelli, i quali hanno rilevato lo stato di grave usura del tir che ha ucciso Huub. Addirittura, "un cavo in acciaio a penzoloni al di sotto del pianale" e un "marcato squilibrio nel sistema di frenatura del rimorchio". Basterebbero questi due elementi a destare il sospetto che quel rimorchio non si sia sganciato per via di una ‘tragica fatalità’, ma a causa del grave stato di usura di un mezzo pesante, che quindi non avrebbe dovuto circolare in strada. Eppure, la ditta in questione (di cui non si conosce il nome) non ha ricevuto nessuna sanzione e il conducente, inizialmente condannato a un anno e tre mesi per omicidio stradale, è potuto tornare in Moldavia, suo Paese d'origine.
Signora Bucarelli, come ha reagito alla seconda richiesta di archiviazione da parte della Procura di Ancona?
“Con sgomento e sconcerto. Ferisce che il pm non abbia nemmeno voluto attendere i tempi stabiliti dal Gip per fare tutte le verifiche sullo stato del mezzo che ha ucciso Huub, che secondo il nostro perito, l'ingegner Mattia Strangi, aveva gravi carenze tecniche, con il freno destro non funzionante, cavi mancanti e addirittura cavi a penzoloni”.
Cosa faranno ora i suoi avvocati?
“Nei giorni scorsi, abbiamo depositato l'opposizione alla richiesta di archiviazione per i due titolari della ditta proprietaria del tir. Immagino che, prossimamente, ci saranno nuove udienze per stabilire come procedere. Al di là dell'aspetto giudiziario, però, a me interessa mettere in luce la sottovalutazione ancora esistente verso questo tipo di reati. Rispetto a questo caso, i giornali hanno parlato di ‘incidente’ o di ‘tragica fatalità’, con titoli che parlano di ‘rimorchio killer’ o ‘rimorchio impazzito’. Si attribuisce la morte di Huub al destino e alla sfortuna, tralasciando quelle che sono le reali responsabilità. Penso che, prima di tutto, sia necessario chiamare le cose con il loro nome: non si è trattato di un incidente, ma di un omicidio. Huub non è morto per via del fato, ma a causa del fatto che un mezzo pericoloso non avrebbe dovuto circolare liberamente in strada. La superficialità con cui vengono trattate queste vicende a livello culturale ha delle conseguenze anche sull'aspetto giudiziario, come abbiamo visto. Quella di Huub, così come quella delle tante persone morte sul lavoro in Italia, era una morte evitabile. E per chi resta diventa molto complicato accettarla”.
Lei è riuscita ad accettarla?
“È molto difficile: il tutto è certamente aggravato dalla vicenda giudiziaria, che ostacola l'elaborazione del lutto e mi costringe a rimuginare continuamente su tutto”.
Come ricorda il suo compagno?
“Huub era una persona solare, amante della vita e ottimista. Questo ci fa pensare che non dobbiamo ripiegarci su noi stessi, perché lui non lo avrebbe mai voluto. Ricordo che, essendo lui olandese, diceva spesso: ‘A certe cose che succedono in Italia, io non mi abituerò mai’, riferendosi ai tanti episodi di assenza di controlli in diversi settori, compreso quello dei trasporti. È davvero incredibile che, alla fine, le conseguenze dell'incuria che così spesso vedeva e così spesso criticava si siano abbattute proprio su di lui”.
Lei crede ancora nella giustizia?
“Voglio ancora crederci. E tutte le mie azioni sono orientate in questa direzione. Voglio sperare che, dopo tutti questi sacrifici, le istituzioni preposte stiano dalla parte delle vittime e di chi subisce i reati. Se così non fosse, essendo io un'insegnante di Educazione civica, Italiano e Storia, non saprei più cosa dire ai miei alunni”.