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21 Novembre 2024

Il divo del momento

di Elisabetta Chiarelli
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Il divo del momento

L’irresponsabilità sociale e la superficialità imperante ci impediscono di comprendere che l’identikit di un criminale non necessariamente assume i connotati di Frankenstein o di Joker: il male alligna fisiologicamente nell’animo umano e ha prodotto un senso di indulgenza, se non addirittura di malcelata complicità, con questo tipo di persone

"Con quella faccia un po’ così, quell'espressione un po’ così". E’ finito in prima pagina, nel suo completo di lusso e un Rolex da 35 mila euro al polso, l’ultimo padrino dei Corleonesi, assurto agli onori della cronaca nazionale. Dimentichiamoci Brad Pitt, George Clooney, Tom Cruise e compagnia bella. "L’uomo che non deve chiedere mai" è, oggi, l’italiano più ricercato di sempre: la Primula Rossa di Castelvetrano (Tp). Mentre a furor di cronaca la 'bionda' e la 'bruna' si accapigliano per aggiudicarsi il rango di 'favorita' come in un videoclip di Colapesce e Dimartino, il paragone con lo storico protagonista di un classico del cinema internazionale si palesa pressoché scontato. Il riferimento è al carismatico protagonista di ‘Arancia Meccanica’, Alex DeLarge: così seduttivo e glamour, quanto sadico e spietato, ci ha mostrato, se non altro, che la perversione umana è molto più integrata al tessuto sociale e al vivere quotidiano di quanto si possa pensare. Tuttavia, ciò che si teme è che questo messaggio non sia stato recepito dal comune sentire in termini censori e allarmistici, ma con un significato del tutto diverso.
La questione percJoker.jpgiò diviene quella di comprendere, che l’identikit di un criminale non necessariamente assume i connotati di Frankenstein o di Joker: "Il male alligna fisiologicamente nell’animo umano, tanto quanto nella materia", per citare Edgar Allan Poe. E ha prodotto un senso di indulgenza, se non addirittura di malcelata complicità, con questo tipo di persone. Questa sensazione è stata immortalata sapientemente da Stanley Kubrick, che nel rappresentare la permanenza in carcere del giovane Alex, prima sottoposto a trattamenti disumani, poi fatto assurgere al rango di detenuto esemplare a cui affidare il compito di mantenere l’ordine e l’autorità all’interno della comunità penitenziaria, evidenzia l’incapacità dello Stato a definire nettamente il suo ruolo, tanto nei riguardi delle vittime di un reato, quanto e soprattutto rispetto ai colpevoli. Uno Stato incapace di rieducare.
Purtroppo, è drammatico constatare che l’intramontata prospettiva di un’intesa tra istituzioni e criminalità sia, in realtà, il diretto portato di una confusione di intenti ormai radicata nella coscienza collettiva. L’emulazione di chi trasgredisce sistematicamente le regole, finanche la sua mitizzazione da parte dei mass media e nell’uso distorto dei social, è infatti la conseguenza inevitabile del fallimento educativo di istituzioni sociali fondative, quali la famiglia e la scuola, a cui ormai altro non resta, quale estremo atto di resa, che legittimare e assorbire nei propri gangli ciò che, per antonomasia, andrebbe solo stigmatizzato. Gli esiti drammatici di questo stato di cose si riflettono nelle azioni dei più giovani, che non esitano a esibire trionfalmente sui social le azioni più vili, dal pestaggio a morte di un povero cane innocente, al tentato omicidio sulle rotaie di un coetaneo. E ci chiediamo come sia possibile dare la colpa di tutto questo solo ed esclusivamente all’esistenza dei social e non alle persone. Ci si chiede se l’incapacità di distinguere il vero dal falso, la realtà dalla sua rappresentazione virtuale, sia un problema solo dei giovani, come denunciano gli psicologi, oppure ci riguardi un po’ tutti. E’ un interrogativo che attanaglia, soprattutto in questi  giorni in cui si discute quale debba essere l’atteggiamento dello Stato rispetto alle rivendicazioni di un criminale detenuto al 41 bis, il cui discutibile eroismo sembra quasi aver fatto dimenticare l’efferatezza delle sue azioni. Nell’osservare il dibattito pubblico in corso, sembra di assistere veramente a una scena di ‘Arancia Meccanica’. E non si può non concludere che, finquando non si tornerà a far chiarezza sui princìpi e sui valori etici fondamentali che dovrebbero ispirare la società civile, non si potrà sperare nella produzione di buone leggi, in una loro corretta interpretazione e applicazione e nella costituzione, in definitiva, di un consesso sociale improntato a giustizia ed eguaglianza. Fintantoché l’irresponsabilità sociale continuerà a tessere le sue trame, la luce non prevarrà mai sulle tenebre, a tutto vantaggio di chi è solito muoversi nell’ombra. Confermandosi, in definitiva, il vero e unico decisore delle sorti di un Paese e della sua gente.
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