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21 Novembre 2024

L’economia fra cattolicesimo e Islam

di Chiara Scattone
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L’economia fra cattolicesimo e Islam

Ogni decisione economica ha un impatto di carattere etico e non può esistere uno sviluppo globale senza il supporto di una morale. Un valore ritenuto indispensabile nella responsabilizzazione personale delle azioni economiche, non solo dal cattolicesimo ma anche dall’islam.

L’attuale crisi economica mondiale ha suscitato dibattiti internazionali contrastanti, le voci autorevoli di numerosi economisti si sono alzate per proporre nuove rivisitazioni dell’economia globale. Un’economia nella quale sembrano venire meno quei principi di valore morale necessari a garantire sviluppo e benessere alla collettività. È su questa assenza che si è espresso il cardinale Tarcisio Bertone, nella sua Prefazione al libro ‘Denaro e Paradiso. L’economia globale e il mondo cattolico’, di Rino Cammilleri ed Ettore Gotti TDenaro.jpgedeschi, edizioni Piemme, affermando che ‘ogni decisione economica è il frutto di una responsabilità personale e un potenziale vantaggio competitivo esiste laddove il lavoro e la coscienza individuale si pongono realmente al servizio della collettività’. l due autori attraverso articoli, lettere ed eventi di cronaca, affermano l’importanza di applicare l’etica morale cattolica alle leggi del mercato e dello sviluppo. Una tesi condivisibile anche nel confronto multiculturale. Per capirlo ci basterebbe, per una volta, guardare al passato di altre culture senza alcun preconcetto. Sotto questo punto di vista i contatti tra le popolazioni e le società in tutte le epoche hanno sortito quasi sempre due effetti contraddittori: se da un lato il diverso spaventa e inorridisce, causando una chiusura in se stessi e l’innalzamento di ‘barriere’ culturali endogene; dall’altro il contatto, la vicinanza, la conoscenza con persone altre con background differenti genera una crescita culturale, conduce a un fenomeno di acculturazione sociale che contiene in sé vantaggi enormi. Basti pensare alla storia degli Stati Uniti d’America, che per secoli è stato il luogo dell’immigrazione per eccellenza, anzi il popolo americano può essere definito come un popolo composto interamente da immigrati. E perché allora non apprendere dai nostri vicini musulmani qualche insegnamento economico-finanziario? L’islam è la terza e ultima rivelazione monoteistica, il suo profeta arabo, Muhammad, aveva il dono di ricordare a memoria e trasmettere ai suoi compagni le parole che l’arcangelo Gabriele su indicazione di Dio gli sussurrava. La summa di tutte le rivelazioni divine sono raccolte all’interno del Corano, il testo sacro. Il Corano, l’Antico e il Nuovo Testamento racchiudono, in maniera differente e con stili peculiarissimi, il dettato che Dio ha lasciato ai popoli monoteistici. E il Corano, in quanto ultimo storicamente rivelato, contiene in sé parte degli insegnamenti tramandati nella Bibbia. Entrambi i Libri contengono indicazioni di carattere morale, cultuale, giuridico, sociologico, storico, etico ed economico. Pertanto il Corano può essere interpretato e letto anche come un testo di economia. Una materia che non è solo un insieme di equazioni matematiche del rendimento aziendale e del profitto imprenditoriale, ma soprattutto un sistema di valori ampio, che racchiude al suo interno anche aspetti che strettamente economici non sono, come l’etica, la morale, il comportamento individuale dei soggetti, le connotazioni ambientali di un determinato luogo, ecc. Difatti, il Corano indica e determina il perimetro entro il quale l’homo oeconomicus islamicus può e deve agire. L’economia è un fenomeno di relazioni tra gli individui: senza l’altro non potrebbe mai nascere il fenomeno della ‘domanda e dell’offerta’, la soddisfazione dei bisogni primari e secondari. Il Corano determina il segmento entro il quale ogni credente (musulmano) può e deve agire, nel rispetto di tutte quelle regole cultuali e religiose imposte dalla divinità e maturate nel corso dei secoli come attitudini umane naturali e spontanee. La coscienza islamica ha connotazioni peculiari e distinte da quelle degli altri popoli (pur con tutte le similitudini comportamentali e sociali che intercorrono in tutto il mondo mediterraneo): l’idea di comunità e di fratellanza degli esseri umani all’interno del contesto religioso è probabilmente il passaggio principale di questa mentalità. Nel VII secolo con le prime rivelazioni coraniche, Muhammad modificò la struttura sociale del popolo arabo: i legami non intercorrevano più per via familiare, bensì tutti gli individui erano uniti dal sentimento religioso comune. Il sentimento religioso della umma (ovvero comunità) travalica le frontiere nazionali, travalica le barriere culturali, per unire sotto un’unica ‘bandiera’ tutto un popolo, che si riconosce nella credenza dell’unico Dio e dell’islam. Cosa c’entra la umma con l’economia? L’idea di comunità è uno degli elementi fondanti gli aspetti economici del mondo islamico: se siamo tutti fratelli nella fede e non esistono distinzioni tra di noi [“Non farai a tuo fratello prestiti ad interesse, né di denaro, né di viveri, né di qualunque cosa che si presta ad interesse. Allo straniero potrai prestare ad interesse, ma non al tuo fratello”. Deuteronomio, XXIII, 19(20)-20(21)], viene da sé che tale sentimento di solidarietà e di fratellanza deve mantenersi vivo anche all’interno delle relazioni non strettamente umane e sociali ma anche economiche e finanziarie. L’insegnamento del profeta Muhammad è chiaro, i musulmani devono rispettare il valore della fedeltà e della lealtà anche al momento della sottoscrizione di contratti commerciali, l’intenzione o niyya, oltre a essere elemento necessario al momento dell’esecuzione delle regole cultuali come la preghiera rituale giornaliera, è un principio giuridico necessario al perfezionamento di un qualsivoglia contratto, poiché indica la reale intenzione, nonché l’onestà nel voler concludere l’accordo. Conseguenza del principio di solidarietà e di uguaglianza tra i credenti è quel divieto delle usure, ben noto anche nella tradizione cristiano-giudaica. Ed è proprio da questo divieto, tutt’oggi rispettato da gran parte del sistema economico e finanziario dei Paesi arabo-islamici, che rappresenta l’elemento di forza dell’economia islamica. L’elemento portante il sistema di valori economici islamici, che ha dato vita a tutta una serie di tecniche ed operatività del tutto peculiari al mondo islamico. Le banche islamiche, l’economia di molti dei Paesi arabo-islamici, hanno saputo reggere al colpo della crisi mondiale, sono riuscite ad arginare il fenomeno catastrofi ed addirittura in alcuni casi a registrare incrementi nelle attività e dunque degli utili. Forse, sarebbe opportuno che anche il mondo occidentale, che spesso pretende di conoscere l’unica verità possibile, dovrebbe compiere un piccolo esame di coscienza e per una volta guardare al di là del mediterraneo nostrano senza pregiudizi. La cultura islamica è stata il baluardo tramite il quale oggi noi siamo in grado di leggere e conoscere gli antichi greci, abbiamo consapevolezza e conoscenza della medicina e della matematica, dell’astrologia e dell’astronomia. Il mondo arabo-islamico è sempre stato nel corso della storia, una fonte ispiratrice per compiere dei passi in avanti verso una modernizzazione della nostra società occidentale, e anche oggi è una cultura che ci offre spunti di riflessione per ricostruirpapa_corano.jpege quei rapporti socio-economici oramai decomposti, per rivedere la nostra società in un’ottica diversa, dove le relazioni tra gli individui siano considerate preziose per la crescita culturale e sociale e dove l’egoismo proprio dell’individuo cerchi di mettersi da parte per una volta nel tentativo di realizzare un bene comune trasformato troppo spesso in bene privato.

Il Corano ha molti altri nomi. Tra quelli che si trovano nel testo stesso sono al-Furqan ("discernimento" o "criterio"), al-Huda ("la guida"), dhikrallah ("il ricordo di Dio"), al-hikmah ("La Sapienza") , e kalamallah ("la parola di Dio"). Un altro termine è al-Kitab (il "libro"), anche se è utilizzato anche in lingua araba per altre scritture, come la Torah ei Vangeli. Il mus'haf termine ("opera scritta") è spesso usato per riferirsi a particolari manoscritti del Corano, ma è anche usato nel Corano per identificare libri precedenti rivelati. Nella foto: Papa Giovanni Paolo II bacia il Corano


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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