La ‘buddità’ non è per tutti, ma solo per una categoria di eletti: questo è l’Hinayana, il ‘Piccolo veicolo’, per chi passa dalla ‘stretta via’ riuscendo ad azzerare la sofferenza connessa alla vita, soprattutto a causa della brama e dei desideri
“Questo è il mio pensiero costante: come posso far sì che tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema e acquisiscano rapidamente il corpo di Buddha”? Queste parole del 16° capitolo de ‘Il Sutra del Loto’ rappresentano la missione del Buddismo Mahayana, che riprende e porta a effetto il cuore del pensiero di Gautama Buddha Shakyamuni, il Siddharta di H. Hesse.
L’Illuminato, un principe indiano del clan degli Shakya, da cui l’appellativo Shakyamuni (l’asceta della famiglia dei Shakya), vissuto nel VI/V secolo a. C, nasce con un corpo perfetto e luminoso e dopo sette passi pronuncia le seguenti parole: “Per conseguire l’illuminazione io sono nato, per il bene degli esseri senzienti, questa è la mia ultima esistenza nel mondo”. Questa non è dunque l’unica esistenza del Buddha, ma è preceduta da una serie di innumerevole altre rinascite. Esse non coincidono con il concetto di metempsicosi, non sono reincarnazioni, ma sono scandite da una successione di vite legate tra loro dalla trasmissione degli effetti del karma.
Nonostante gli ostacoli frapposti dal padre, si realizza la profezia del vecchio saggio Asita: diventa un monaco asceta, predicatore del distacco dalle cose terrene; dopo l’ultima sua esistenza da Bodhisattva, cioé colui che sta percorrendo la via per diventare Buddha, colui che cerca di conseguire il Risveglio, diventa il Risvegliato, l’Illuminato: il Buddha.
Ora si trova in ogni luogo e in ogni tempo. Talora scompare, perché gli uomini non diano per scontata la sua presenza, per poi riapparire nella vita di chiunque voglia accostarsi a questa filosofia. Può scomparire perché ha raggiunto il vuoto, cioè il Nirvana, grazie a una esistenza contemplativa. Il Buddhismo nasce, quindi, come annullamento delle passioni e distacco dal mondo, per ricreare il 'Nulla cosmico' da cui veniamo 'gettati' sulla Terra, iniziando il Samsara delle esistenze in base al nostro Karma. La 'buddità' non è per tutti, ma solo per una categoria di eletti. Questo è il Buddhismo originario, l’Hinayana, Piccolo veicolo; chi passa per la stretta via riesce ad azzerare la sofferenza, connessa alla vita, soprattutto a causa della brama e dei desideri. Esso è diffuso in India , Tibet, Cina, Corea, Giappone e Vietnam.
Da questo si distaccò il Buddhismo Mahayana, che lo ritiene eretico, in quanto non devoto del Sutra del Loto, che vede la buddità insita nella natura umana. Tale buddhismo, detto anche 'Grande veicolo', conta 19 milioni di adepti, 12 solo in Giappone, 70 mila in Italia ed è diffuso anche in India, Cina, Corea e Vietnam. Rifacendosi al Sutra del Loto, proclama la superiorità spirituale della via del Bodhisattva, che aspetta di diventare Buddha per divulgare il Verbo, rispetto a quella dell’arhat, colui che ha raggiunto il Nirvana per sé, del Buddhismo Hinayana.
Si comprende, allora, come il Buddhismo Mahayana ponga al cuore della sua filosofia il proselitismo, perché la buddità possa raggiungere il numero maggiore di adepti e veicoli un messaggio di speranza; qualunque sia il karma, la buddità è dentro tutti; questa non è annullamento della vita mondana, ma trasformazione del fango in fiore di loto. Non occorre dunque azzerarsi, ma tirare fuori le proprie potenzialità attraverso una rivoluzione umana. E’ certo che la preghiera dàimoku Nam Myo Ho Renghe Kyo, che secondo Nicheren, monaco del XIII secolo d. C. è la sintesi del Sutra del Loto, ha il potere di trasformare il karma e di porre l’uomo in armonia con l’energia dell’universo e degli altri uomini. Questo non è rinuncia del mondo, ma attivismo nel mondo, creando una catena umana di solidarietà, preghiera, devozione e speranza che investe la popolazione di tutto il mondo.
Il Sutra del Loto, il testo che sostiene questa verità nel modo più convinto e che è dotato del potere di realizzare le speranze latenti nella vita degli esseri viventi, si diffuse dall’India all’Asia centrale. E, da lì, ai Paesi dell’estremo Oriente. In India e in Asia centrale sono stati ritrovati manoscritti del sutra in sanscrito e in altre lingue di quell’area. In estremo Oriente fu tradotto in cinese nel IV secolo d.C., la cui versione è la più letta, recitata e conosciuta.
Anche se nella storia delle traduzioni del sutra si sono fatti vari sforzi per varcare la barriera delle differenze culturali ed estrapolare il suo messaggio universale, sembrerebbe che il vero valore di questo non sia stato pienamente rivelato se non con l’apparizione di Nicheren Daishonin (1222-1282). Egli ha trovato il cuore del testo sacro nel capitolo ‘Mai sprezzante’, dove si esprime il profondo rispetto del Bodhisattva per ogni essere umano, potenziale Buddha, perché Gautama era anzitutto un uomo. Se si segue la strada corretta il seme germoglierà e il fiore di loto si aprirà. Tale aprirsi al miracolo della vita avviene attraverso lo studio, la devozione e la pratica, recitando anzitutto il dàimoku, che è la rivelazione della stessa esistenza dotata della natura del Buddha e passi di due capitoli del sutra durante la cerimonia del Gongyo, davanti il Go-honzon, che è un mandala iscritto su una pergamena redatta in caratteri cinesi e sanscrito.
E’ un messaggio democratico di divulgazione della parola sacra e del riconoscimento della pari dignità di tutti gli esseri umani. Essi, pur immersi nel samsara della vita, possono diventare protagonisti di pari livello, uomini e donne, etero e omo, a qualsiasi latitudine, conservando la propria natura intrinseca e sviluppando le innate potenzialità. Il messaggio è stato raccolto dalla Soka Gakkai Internazionale (SGI), fondata nel 1930.
L’attuale terzo presidente giapponese, Daisaku Ikeda, insieme a suoi adepti, porta avanti il progetto di Nicheren, ribadendo la centralità del Sutra del Loto, il più vicino al pensiero di Shakyamuni, che si batte per il pieno sviluppo dell’individuo, perché esso possa fiorire, pur nella tempesta, imparando a danzare sotto di essa, come dice il Profeta Gibran.
Dall’osservazione della natura si deduce che tutto si trasforma e nulla si distrugge, secondo la nota Legge di Lavoisier; così, non è assolutamente dovuto che l’essere senziente si fustighi e sia perseguitato dal sentimento del peccato, ma è dotato di libero arbitrio, che lo porta a percorrere con successo la sua strada personale, nel pieno rispetto di tutti i viventi che camminano col lui verso la pace internazionale.