Un film duro, scioccante, presentato in anteprima italiana al Palladium di Roma con il patrocinio di Amnesty international, per sensibilizzare l’opinione pubblica italiana sull’orribile fenomeno delle spose bambine, vittime di barbariche tradizioni e costrette a rinunciare all’infanzia in cambio di pochi 'spiccioli' versati alle famiglie
In occasione della Giornata internazionale delle donne, il teatro Palladium di Roma nel quartiere Garbatella ha ospitato sul proprio palco una delle numerose iniziative promosse da Amnesty international Italia, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla campagna 'Mai più spose bambine', con la proiezioni in anteprima italiana del film 'Noojom, la sposa bambina'. Stando infatti alle stime del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa), sono più di 13.5 milioni le ragazze e le bambine del mondo che ogni anno sono costrette a sposarsi prima di aver raggiunto la maggior età, con uomini che hanno almeno il doppio dei loro anni. Si parla quindi di circa 37 mila bambine alle quali viene negata l’infanzia, per ragioni spesso economiche e di natura sociale, che restano di fatto isolate, senza sostegno né libertà, frequentemente sottoposte a violenze e abusi. Uno scenario raccapricciante, inaccettabile; una pratica tribale ancora più forte della logica egualitaria del diritto internazionale e definita per questo come aperta violazione dei Diritti Umani dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite in una risoluzione del 2 luglio 2015. Nonostante l’intervento dell'Onu, i matrimoni precoci e forzati sono infatti una pratica usuale in paesi come Iran, Siria, Maghreb e Yemen, retaggio primitivo di una cultura ben più che maschilista in cui la donna è un trofeo da esibire e vessare in nome del principio di superiorità maschile e capace di alimentare, dal momento che il fattore economico non va trascurato, il mercato della prostituzione minorile. Proprio dallo Yemen arriva la pellicola proiettata al Palladium in anteprima italiana (il film è infatti del 2014 ma viene distribuito in Italia solo oggi grazie alla Barter Entertaiment). Basato su una vera storia, raccontata nel libro 'Io, Nojoom, dieci anni, divorziata' (tradotto in più di 17 lingue ed edito in Italia da Piemme), scritto da Nojood Ali insieme alla giornalista Delphine Minoui, il film ripercorre la giovane esistenza della stessa Nojood e della sua battaglia per ottenere il divorzio da un marito violento e vent’anni più grande di lei, al quale era stata venduta all’età di 8 anni dalla famiglia per pochi centinaia di euro. Grazie alla regia della yemenita Khadia Al-Salami, anch’essa appartenente alla folta schiera di spose bambine ma che, proprio come la protagonista del film, è riuscita a fuggire da questo triste destino, Nojoom, la sposa bambina riesce a colpire il cuore dello spettatore con violenza e passione, ripercorrendo le tappe che hanno portato la bambina ad abbandonare il proprio universo felice fatto di giochi e spensieratezza per ritrovarsi completamente vittima dei soprusi e delle angherie del marito e della suocera. Entrambi infatti, fermi nella convinzione tribale di aver letteralmente acquistato un oggetto, la sottopongono ad ogni genere di angheria e violenza, nascondendo la propria malattia mentale dietro il velo dei vincoli coniugali che la famiglia della piccola avrebbe accettato. Nojoom però, contro ogni aspettativa di chi le sta intorno, decide di ribellarsi, potendo comunque fare davvero poco per sfuggire al marito che la violenta, la picchia, la umilia alla stregua di una schiava personale, assistito dalla suocera che lo asseconda senza sollevare dubbi, in onore di questa visione violenta e distorta del matrimonio. Il film è duro, 'senza peli sulla lingua' verrebbe quasi da dire, incapace di tacere o distogliere l’obbiettivo dalle sofferenze di Nojoom, provocando nello spettatore un’immediata empatia con la piccola protagonista, vivendone le sofferenze e le vessazioni quotidiane operate dalla suocera e dal marito, che si rifugiano sotto la coperta della tradizione per giustificare le proprie insensate azioni. Terrificante in questo senso la scena in cui la suocera entra nella camera della bambina dopo la prima notte di nozze e, vedendo il sangue sulle lenzuola (segno della violenza subita la sera prima), sorride a Nojoom e si congratula con lei, salvo poi urlare e gettare dalla finestra la bambola di pezza della protagonista, ultimo ricordo dell’infanzia, che la bambina teneva gelosamente e che era rimasta senza testa durante la colluttazione della sera prima. Una storia vera, crudele, impreziosita da una regia assolutamente di livello della Al-Salami, la quale ha scelto di girare la pellicola proprio in Yemen, non senza molte difficoltà (la troupe ha addirittura dovuto pagare un riscatto per riavere un generatore elettrico che era stato sequestrato) per restituire al pubblico l’autenticità della storia nel suo contesto naturale. Oggi Nojood Ali è una ragazza libera, avendo ottenuto il divorzio dal marito dopo una lunga battaglia legale, grazie al sostegno dell’avvocato Shaza Nasser che l’ha rappresentata nonostante l’opposizione della stessa famiglia della sua cliente. Grazie alle sue azioni e al suo coraggio Nojood è diventata oggi la più giovane divorziata al mondo e un faro di speranza per tutte quelle bambine strappate all’infanzia, per le quali è necessario sensibilizzare l’opinione pubblica con iniziative come questa proposta da Amnesty International: “Servono azioni congiunte per far capire che la povertà non può essere sconfitta vendendo la propria figlia per pochi soldi” ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, presente all’evento al Palladium, “bisogna investire nell’educazione femminile e forse così si potrà cambiare il destino delle donne”.