Un nostro lungo colloquio con Giorgio Forattini ha sollevato il dubbio che la vignetta dissacrante, in Italia, possa essere morta: politici impauriti e giudici incapaci l’hanno strangolata. Abbiamo posto alcune domande, a tal proposito, oltre che al decano degli autori satirici, anche a Stefano Disegni e ad Alfio Krancic. Voci differenti per capire dove sta andando a parare il genere più irriverente della nostra Repubblica
Giorgio Forattini abita in Francia. Ma è nella sua abitazione romana che ci riceve, tra centinaia di ritratti appesi alle pareti. Sono ovunque, persino in bagno e ricoprono i muri dall’alto in basso. Una mania, quella del Maestro, di collezionare volti reali, autentici, quasi in contrasto con quelli che da una vita si diletta a storpiare. Una sorta di valvola di sfogo, forse, per ricordare a se stesso la realtà nei suoi tratti più veritieri. Ma chi dice, poi, che la satira non corrisponda al vero? Anzi: “La satira fa parte dell’informazione”, ci tiene a sottolineare Forattini. Il problema è che da un certo momento in poi, ha cessato la sua funzione. La voce è amara quando ci spiega che “Purtroppo la satira è stata in un certo senso abolita in Italia, dai politici che querelano e dagli orrendi giudici che gli danno ragione. La ‘libera’ satira è considerata una diffamazione. Ho avuto una ventina di querele e mi ricordo che prima c’era molta più libertà”. “Prima quando, scusi”? “Dalla caduta del fascismo. Allora, ci fu il buon Guareschi, che prese in mano la situazione. E io ho imparato così, da lui e dagli altri grandi del passato. Ho incominciato a fare questo lavoro 40 anni fa, prima a Paese Sera, poi a Repubblica. Anche se a Scalfari la satira gli era piuttosto estranea, aveva le sue idee politiche… All’inizio creavo delle strisce con un personaggio che si chiamava Stradivarius, che faceva un po’ la mia vita. Io per anni avevo fatto il rappresentante di commercio. E questo vendeva violini. Tra l’altro sono appassionato di musica classica. Ho iniziato così e, fino al ’99, ho fatto satira, satira politica”. Il ’99 è per Forattini l’anno della “svolta”, come la definisce lui stesso. L’anno in cui D’Alema lo querelò per la vicenda Mitrokhin. Forattini lo ritrasse nell’atto in cui l’allora presidente del Consiglio, cancellava alcuni nomi ‘sgraditi’ dalla lista dell’ex agente del Kgb, Mitrokhin. “Mi chiese tre miliardi di lire. Repubblica non mi difese. L’Ordine dei giornalisti nemmeno e lì finì la relazione col giornale. Quindi, mi chiamò l’Avvocato Agnelli e mi fece un’offerta spaventosa, per 4 vignette a settimana sulla Stampa. Poi, mi cercò il Corriere, ma stavo bene dove stavo e gli consigliai quello che credevo essere il migliore, Giannelli, in quel periodo capo dell’ufficio legale del Monte dei Paschi. Ma capivo che spesso erano i giornalisti a suggerirgli il tema. Questo era capitato anche con me all’inizio. Per quello non andai più in redazione, ma decisi di lavorare da casa. Leggo i giornali e guardo la televisione. ‘Ma noi non apriamo così il giornale’, mi dicevano. ‘Bene, mettete la vignetta da un’altra parte, in basso. La notizia è una notizia importante’, rispondevo. E così ho fatto. Quindi mi sono allenato a fare i personaggi politici, spesso travestiti da animali. Alle 8 spedivo via fax la vignetta, creando spesso molta preoccupazione. Col tempo, date le minacce dei politici, i giornali hanno cominciato ad avere paura. E in più poi ci si sono messi i giudici a dare loro ragione. Mi chiedevano miliardi! A volte i giornali mi difendevano, certo”. La carriera del Maestro degli autori di satira in Italia, dunque, ha preso avvio dai grandi del passato, per giungere ai giorni nostri con un ‘bel servito’. Dalle sue parole, non sembra esserci più spazio per la satira autentica. “Dopo il fascismo la satira è rinata, io ho raccolto quella tradizione ma poi tutto questo è stato abbattuto. Spero di aver insegnato qualcosa a qualcuno, almeno, ma non vedo un futuro all’orizzonte. Sarei felice se qualcuno continuasse nel segno della tradizione satirica, quella libera”. Se qui, allora, non c’è trippa per gatti, dov’è possibile leggere la vera satira? Il dubbio, nel rispondere, non lo sfiora neppure: “Oggi sopravvive in Francia e nei paesi anglosassoni. In Francia, dove vivo e conosco molti tra i più importanti vignettisti, c’è una libertà enorme”. E se il decano dei vignettisti italiani oggi parla così e non ha un giornale a cui inviare le sue vignette, ciò richiede una riflessione, perché qualcosa vorrà pur dire. “Purtroppo sì. Devo ammettere che la satira è stata uccisa. Colpa dei politici e dei giudici. Pensi se questi giudici saltavano fuori al tempo della Rivoluzione francese, che era oltretutto intrisa di satira. O in Inghilterra? Cosa sarebbe successo?”. Un interrogativo lecito. Per questo motivo ci siamo interrogati e abbiamo sottoposto ad alcune domande, sia Giorgio Forattini, sia altri due noti colleghi, come Alfio Krancic e Stefano Disegni. Perché in fondo, la satira, nel bene e nel male, è un po’ il sale della democrazia, la sua componente irriverente, necessaria a mostrare ‘l’altra faccia’, quella che anche un sistema liberal democratico potrebbe tendere ad occultare.
Recentemente, un attivista del M5S (candidato alle recenti elezioni europee) Matteo Della Negra, non ha gradito il monologo di Maurizio Crozza in cui si è sentito dare del “coglione” e “malato di mente”. Ha dichiarato in seguito che “La satira stenta a trovare argomenti per attaccare una persona qualunque, senza scheletri nell’armadio e sconosciuta ai tribunali”. Che scenario si prospetta per la satira nella nuova terza Repubblica?
Alfio Krancic – “Con questi nuovi personaggi è estremamente difficile trovare il filo. La satira si basa su una conoscenza psicologica. E questi oltretutto sono un po’ sconosciuti. Non è noto il retroterra politico e culturale. Mentre per i personaggi della prima e seconda Repubblica, così longevi nella loro carriera, era molto facile disegnarli, sia dal punto di vista grafico, che da quello satirico-interiore. Erano talmente alla luce del sole, che si potevano ri-conoscere. Questi ultimi sono molto sfuggenti”.
Stefano Disegni – “Francamente la satira è la stessa dai tempi di Plauto. Gli strumenti sono sempre quelli. La metafora, il paradosso. Quello che cambia sono gli oggetti della satira. In questo senso qui, allora posso dire che oggi può apparire un po’ vaga. Perché le figure sono un po’ evanescenti. Detto questo, la linea tra satireggiare e insultare deve essere ben netta. Satireggiare presuppone un ‘spazio’ che io definirei ‘mediazione dell’intelligenza satirica’. Cioè, tu puoi lasciare intendere che uno è un coglione ma non puoi dire direttamente che questo è un coglione. Per fortuna c’è il diritto di satira, ma l’insulto è un’altra cosa”.
Giorgio Forattini – “Per quanto mi concerne, io ho lavorato con molti giornali. Adesso, purtroppo, i giudici hanno preso un po’ in mano la valutazione dell’informazione (perché la satira fa parte dell’informazione). Io abito a Parigi e là sono allibiti. I vignettisti francesi che frequento, non si spiegano la nostra situazione. E io capisco questo tono di derisione che spesso c’è, se non di disprezzo, da parte degli stranieri nei riguardi dell’Italia”.
Il “Divo” Giulio Andreotti, il “Cavaliere” di Arcore, Renzi il “Rottamatore”. Personalità della vita politica italiana. Satirica-mente parlando, chi è il più simbolico?
Giorgio Forattini – “Ho fatto Andreotti in tutte le maniere. Specialmente al tempo del divorzio - io ho anche divorziato - gli ho dato veramente giù. Non mi ha mai querelato, anzi, una volta l’ho incontrato ed è stato molto carino. Ma allora io non avevo paura. Berlusconi è preso in giro perché è egli stesso un personaggio satirico. E anche lui non ha mai preso di mira la satira. Gli avrò dedicato un migliaio di vignette. Non condivido quello che fa, ma lo ‘sfotto’ satiricamente. Molti altri, a differenza, non sopportano neanche di essere satireggiati. Poi c’è Renzi che faccio come pinocchio. In parte ci assomiglia, per le promesse da mantenere, ma anche un po’ per il naso. Chi è il più simbolico, dice lei? Mi piacerebbe che ci fosse una maggioranza e un’opposizione. Una maggioranza che venga tenuta da Berlusconi o da Andreotti e viceversa. Personaggi che hanno sopportato la satira, pur essendo di idee diverse”.
Alfio Krancic – “Come ricchezza satirica, Berlusconi è stato il principe. Dalle mille sfaccettature, mille attività, lo potevi satirizzare da un punto di vista privato, ma anche pubblico. Più di Andreotti, se vogliamo. Anche se pure lui aveva diverse sfaccettature, le sue zone d’ombra. Però, Berlusconi si è dato in un modo molto variegato alle frecce della satira. Renzi, beh, è da vedere, ancora. Attendiamo e vediamo se manterrà tutte le promesse roboanti che ha fatto”.
Stefano Disegni – “Berlusconi su tutti. Gli farei un monumento. Politicamente esecrabile, satiricamente è stata una grave perdita. Lo ringrazierei per quello che ha fatto, forse inconsapevolmente per noi satirici. Andreotti è sempre stato un oggetto di satira, ma Berlusconi è proprio una farsa all’italiana fatta persona. Renzi è ancora presto per definirlo. A parte il ritmo frenetico con cui si muove (infatti lo disegno come ‘TurboRenzi’), per il resto bisogna ancora vedere. Però potrebbe diventare un personaggio di satira, se non dovesse mantenere tutte le promesse che ha fatto”.
Si faceva satira meglio nella prima Repubblica o adesso?
Alfio Krancic – “Ho iniziato con L’Indipendente nel ‘92, quando ormai la prima Repubblica stava finendo. Sono cresciuto con la seconda”.
Stefano Disegni – “In realtà la satira poggia molto sugli elementi satirici offerti dai personaggi del ‘grande teatrino’. In tal senso, finiti i personaggi forti, non c’è appiglio. La satira gode quando c’è convinzione e protervia mista al ridicolo. E adesso non se ne vede tanto. Era meglio prima, ma anche fino a poco fa, insomma”.
Giorgio Forattini – “Oggi siamo in una democrazia col codice penale. Prima c’era più libertà. Addirittura sotto il fascismo c’erano riviste satiriche. La querela di D’Alema ha segnato un discrimine. Da quel momento è nata molta più paura”.
La ‘materia prima’ da cui attingere, oggi è maggiore?
Giorgio Forattini – “Beh, sa, prima c’erano meno partiti l’uno contro l’altro”.
Stefano Disegni – “Mah, io spero in un ritorno (non politico, per l’amor del cielo!) di figure in commedia di un Berlusconi, un Ratzinger, un Craxi che offrivano veramente il fianco per appigliarsi. Oggi il peso comico è minore, ecco”.
Alfio Krancic - In passato c’erano i blocchi ideologici. Una Guerra Fredda con uno scontro molto duro tra questi blocchi. Per cui il materiale su cui lavorare c’era ed era abbondante. Quella contrapposizione era internazionale, ma si ripercuoteva anche all’interno del Paese. Oggi no. C’è una omologazione a livello planetario. Prima c’era l’avversario politico. Oggi sono tutti colleghi. È finita quella vis polemica e si ripercuote nella satira che non può avere quella verve del passato”.
Tangentopoli fu pane per i vostri denti: qualche diretto interessato chiamò sentendosi offeso?
Alfio Krancic – “No. Mi successe che ebbi la prima intervista in quanto novellino della satira, da un grande giornale come La Stampa. Per una vignetta che avevo fatto su Occhetto. Ma personaggi politici che si siano rivolti a me per qualche vignetta, francamente no. A parte qualche querela, certo”.
Stefano Disegni – “No, personalmente no. Anche perché in quel periodo lì, come si dice a Pordenone, stavano tutti “col culo parato”. Tendevano a non esporsi, gli avvisi di garanzia fioccavano. Noi, con Cuore, ricordo che ci divertivamo a fare il toto-avviso”.
Giorgio Forattini - “Furono almeno venti i politici che mi querelarono. Soprattutto di quel periodo. E certo, diversi si lamentarono, ora non me li ricordo, ma successe. Uno che invece non si arrabbiò mai, fu Pannella. Eppure l’ho ridotto bene... Ma Pannella restava una voce di libertà. Poi, andando avanti, ha fatto degli errori...”.
I nuovi ladri (dal tesoriere Lusiai redivivi Frigerio e Greganti del caso Expo) sono ‘satiricamente’ appetibili?
Stefano Disegni – “Non sono tanto loro a fare notizia, quanto il fatto che dopo tutto quello che è successo negli anni ‘90, questi, imperterriti, continuano a rubare. Ecco la notizia forte. Non c’è stata alcuna energica risciacquatura. Il grande lavacro del pool di mani pulite non ha funzionato. Addirittura le stesse persone di allora, Greganti e Frigerio, sono là a ripetere gli stessi errori. Il satirico cerca l’elemento comico, e qui l’elemento comico non è che rubino, ma che rubino ancora! Quasi un costume nazionale. Potremmo dire, con una battuta, mandolino, pizza e mazzetta”.
Giorgio Forattini – “Io non lo so. Poi, finché uno non è condannato, si può far satira. Farla su un condannato non è più tale. Sarebbe troppo semplice. Se la fai prima, ha senso, ma ti devi aspettare la querela”.
Alfio Krancic – “Fanno notizia, però prima c’era di mezzo il partito. Si arrestavano le persone per colpire i partiti politici. Qui, adesso, sfuggono un po’ i legami. Si, c’è ancora un Frigerio, un Greganti, ma i loro legami partitici sono abbastanza evanescenti. Gli attuali personaggi appaiono slegati dal mondo della politica. Quasi che fossero dei ladri per sé. La percezione è questa”.
Il Paese ha perso la capacità di saper dissacrare?
Giorgio Forattini – “Io tengo duro, ma la vedo male. La satira in Italia è morta. A meno che non appartieni a qualche parte politica. Perché chi querela di più è proprio chi è di sinistra e molti di questi vignettisti lo sono. Sanno di cavarsela, dunque”.
Alfio Krancic – “Oggi da dissacrare c’è rimasto poco. C’è il discorso del ‘politicamente corretto’, ecco. Da lì sì che ci sarebbe da dissacrare. Penso ai tabù dei tempi nostri, i nuovi intoccabili, dai migranti, ai gender, i gay e compagnia bella. Se qualcuno deve dissacrare, deve dissacrare quello”.
Stefano Disegni – “Io continuo a divertirmi a fare le mie vignette. Da quello che vedo, quando col Fatto Quotidiano le mettiamo online, c’è molto feedback. La gente le commenta, si diverte. Per cui, se lo fai in un certo modo, il messaggio arriva. La ricettività c’è. Quello che, semmai, manca è la possibilità di fare satira”.
Cosa significa oggi fare l’autore di satira? Ci sono difficoltà?
Stefano Disegni - “L’Italia dal punto di vista dell’editoria satirica e umoristica in generale, è zero. In edicola non trovi più nulla. E questo è un fatto grave.. Nessuno osa, nessuno prova”.
Giorgio Forattini - Il problema è che oggi la satira non tira più perché ha perso la capacità di stupire. Si sa già cosa dice. Il bello della vignetta è che deve apparire contemporaneamente con la notizia. ‘Berlusconi dice...’ E si legge anche la vignetta in tema”.
Alfio Krancic – “Mah, c’è stata un’occupazione della satira della sinistra, che ha sempre veicolato quelle che io chiamo ‘le solite lagne’. Una satira ripetitiva, che secondo me esprime anche tristezza, certe volte, a senso unico. Questa egemonizzazione della sinistra ha un po’ stufato la voglia di leggere o di occuparsi di satira”.
Come spiegare l’attuale mancanza di un’ editoria umoristico-satirica?
Giorgio Forattini – “A Repubblica io i lettori li ho portati. Ho venduto più di tre milioni di copie con Mondadori e ora sto preparando il prossimo libro. Però io lavoro solo. Non sono né un fascista, né uno di sinistra. Lei allora capisce che posso fare poco per un giornale. A meno che non si tratti di un giornale veramente libero. Ma mi dica se se ne trovano, oggi. Avevo in mente di tirare su una scuola, anche. Ci stavo riuscendo. Spero comunque di avere insegnato qualcosa a qualcuno. Il problema è che la nostra democrazia è un bel casino e questi (i vignettisti, ndr) non sanno più che cosa fare! E prendono per i fondelli sempre Berlusconi. Magari ci fosse in Italia un’idea, un nuovo progetto satirico! Non credo, però, che ci sarebbe un editore disposto a correre il rischio. Si cagano tutti addosso. Oltre alla paura delle querele, chi è che sa? Forse qualche vecchio si ricorda del passato, ma i giovani non sono abituati al discorso satirico. Dicono: ‘questo sfotte’. Ma certo che sfotto! È satira, una forma nata coi greci!”.
Stefano Disegni – “Un giornale di satira oggi in Italia se racimola 30 mila lettori è un trionfo, diversamente, non ti danno nemmeno la pubblicità. Per ovviare a questo aspetto, devi puntare sulle vendite, ma queste non ci sono. Per cui, si può andare avanti un anno e poi si chiude. Penso all’esperienza di Vincino e Vauro con il Male che ha chiuso dopo pochi mesi dalla storica riapertura, presumo per questi motivi. Eppure di giovani autori ne avremmo, eccome. Quando abbiamo cominciato noi c’erano delle palestre meravigliose e anche numerose. Mi scrivono ragazzi mandandomi lavori molto belli, per chiedermi ‘dove vado, che faccio?’ E io a malincuore dico ‘vai, espatria’. In Francia, prendi contatto con riviste satiriche spagnole. Qui, in questo momento, è fermo. Ci siamo noi vecchi babbioni a continuare a fare il nostro lavoro, probabilmente bene, altrimenti non ci pubblicherebbero, ma le nuove leve non hanno spazio. C’è il mito di internet, ma è un mito. Tra l’altro non paga”.
Alfio Krancic – “Mi vengono in mente riviste come Frigidaire o Il Male, Tango, ma poi erano sempre i soliti che circolavano e le idee satiriche erano sempre quelle”.
Il problema maggiore che ha avuto per una vignetta?
Alfio Krancic – “Se mando una vignetta al giornale, e viene reputata passibile di querela, me la fanno rifare. Per cui, c’è una forma di prevenzione. Querele ne ho avute, comunque. Tutta roba indietro nel tempo. Si sono risolte con un compromesso da parte del giornale. Non ho vissuto una situazione tipo quella di Forattini”.
Giorgio Forattini – “Certamente la querela di D’Alema, che ha condizionato la mia vita, è stata una svolta. Lui oggi può andare in giro, io c’è stato un periodo che ho temuto di finire in galera. Andavo al mattino presto al giornale, ma temevo venissero a prendermi di notte”.
Stefano Disegni – “Quando ricevetti 3000 querele in contemporanea. Lavoravo a Cuore. Presi in giro uno per quelle piramidi economiche, per cui se porti gente dentro, inizi a guadagnare. L’interessato parlò con tutti gli appartenenti alla sua piramide, convincendoli a una querela collettiva. Non passai notti tranquille. Però poi la cosa rientrò, per fortuna”.
Dire satira di destra o di sinistra è una contraddizione?
Giorgio Forattini – “Purtroppo esiste. E dopo Guareschi, sono io che ho riportato la satira in Italia. I vari vignettisti che vede oggi, sono nati con me”.
Stefano Disegni – “Teoricamente è un controsenso. La satira dovrebbe essere indipendente e non avere pregiudiziali. Però, come sostenevo prima, la satira è gli autori di satira, che hanno delle opinioni, altrimenti non potrebbero nemmeno fare il loro lavoro. Possiamo dire, identificando la destra con ‘ordine’ e ‘autoritarismo’ (ma già questa è una visione di sinistra) che la satira è di sinistra perché è libertaria, irride al potere. Però lo sta dicendo uno di sinistra,quindi...”.
Alfio Krancic – “Oggi c’è stata una inversione totale della satira. Io faccio vignette sull’ Ucraina che possono sembrare di sinistra. Mentre quelle di sinistra, sembran di destra. Faccio un esempio, prima la sinistra aveva come riferimento l’Unione Sovietica, oggi è schierata con l’Occidente, contro Putin. C’è un inversione di posizione. Per cui, parlare di satira di destra e di sinistra non ha più senso. Oggi la sinistra è conservazione e certa destra è al di là della conservazione. La difesa dei popoli, prima era di sinistra, oggi quest’ultima è più mondialista. Non ci sono più i riferimenti ideologici del ‘900”.
Per l’appunto, Lei, per esempio?
Alfio Krancic – “Il mondo è diviso in global e glocal. Io faccio parte del glocal. Della difesa di quelle che sono le radici, le sovranità nazionali, dei popoli...”
Stefano Disegni – “Non capisco più bene cosa voglia dire, ma mi ritengo ancora un autore di sinistra”.
Giorgio Forattini – “Sono uno libero. Ho preso in giro tutti. La satira non deve stare da nessuna parte, a meno che non sia quella di un giornale di partito. Ma allora non sarebbe più libera satira”.
Vignettista preferito?
Giorgio Forattini – “Una volta era Altan. Più per le strisce che per la vignetta”.
Alfio Krancic – “Per me il maestro è stato Forattini, l’ho sempre detto. Sono vissuto studiando i personaggi e il suo modo di fare satira. È stato il numero uno”.
Stefano Disegni – “Altan su tutti. Persona squisita, uomo molto gentile. Penso che abbia due cervelli. Quando si stanca uno, aziona l’altro. Fa una satira molto raffinata e intelligente”.
Perché, alla fine, ha scelto di fare questo mestiere?
Stefano Disegni – “Perché, come diceva Mastroianni, sennò me toccava lavorà”.
Alfio Krancic – “Intanto, avevo un senso innato del l’ironia, poi sapevo tenere in mano una matita. Il resto, è andato da sé. E da un punto di vista politico, volevo riempire un vuoto che c’era a destra. Quando ho iniziato, al Secolo, all’ Indipendente, poi al Giornale, mi sono schierato politicamente”.
Giorgio Forattini – “Non l’ho scelto. Ho fatto il liceo classico, da lì mi sono iscritto ad architettura a Valle Giulia. Poi me ne sono andato perché era diventato un luogo politico. Non le dico da che parte, anche se lo può capire... Mio padre, che era direttore della AGIP, fu fatto fuori da Mattei. E mise su una società di petroli a Napoli. E in quella città iniziai a lavorare come rappresentante di commercio. La ‘paghetta’ non me la passava, per cui... Divenni rappresentante di dischi. Conoscevo bene la musica, soprattutto la classica. E poi feci il concorso di giornalista come grafico. E arrivai al Paese Sera. E quando è nata Repubblica, sono passato di là”.