Questo il grido di dolore di un’ex insegnante oggi divenuta una poetessa seguita e ammirata, che si sta battendo coraggiosamente in favore della cultura e per il risveglio di un sentimento di solidarietà sociale
Poeti si nasce: è inutile girarci intorno. E di poetesse vere come Maria Pia Alfonsi, detta Mapi, ce ne sono poche. Oltretutto, si tratta di una persona che, dopo aver pubblicato una silloge, tutti i proventi che ricava dalla vendita delle proprie opere li investe in un’associazione, l’Angsa, che sta cercando di sostenere quei genitori che hanno figli autistici, spesso circondati da una solidarietà totalmente retorica, che finisce con l’abbandonarli a se stessi e al loro difficile compito educativo e assistenziale. Ma ciò che colpisce di questa bella signora della media borghesia romana - un ceto che, purtroppo, non esiste quasi più - è la forza d’animo, l’impegno per una società diversa, che torni ad apprezzare valori autentici come l’arte, la vera cultura, lo spirito di solidarietà. Una poetica che torna a donare un senso alle cose, un significato di profonda umanità, al di là di ogni lirismo puramente mistico-evocativo. Parole che tornano ad avere un senso di fronte a una società che sembra averne sempre meno, che si ‘arrabatta’ tra accuse e contraddizioni, in cui nessuno vuole assumersi alcuna responsabilità personale. La casa editrice del suo ultimo lavoro - intitolato ‘Il vento della vita’ - la piccola ma grintosa ‘Le Mezzelane’ di Ancona, le ha organizzato di recente un incontro con i lettori presso la libreria ‘Feltrinelli’ di viale Giulio Cesare, in Roma. Un ‘firmacopie’ che aveva alquanto preoccupato l’autrice e che, invece, si è trasformato in un pomeriggio di incontri e di festa, in nome della solidarietà. A dimostrazione dell’esistenza di un intero ‘pezzo’ della nostra società che non intende cedere di fronte al cinismo egoistico e all’insensibilità ormai imperante.
Maria Pia Alfonsi, alcuni giorni fa, presso la libreria Feltrinelli del quartiere Prati, in Roma, si è formato un discreto ‘capannello’ di curiosi e fedelissimi del suo stile poetico per il ‘firmacopie’ della sua nuova raccolta, intitolata ‘Il vento della vita’, edito da ‘Le Mezzelane’: c’è dunque un ritorno d’interesse alla poesia da parte del pubblico?
“Sì: il 24 maggio scorso è stata una giornata difficile da dimenticare. Dovevo firmare le copie presso ‘La Feltrinelli’ e avevo un po' di paura che la serata si concludesse in un ‘flop’. Invece, piano piano si sono avvicinati alcuni ospiti della libreria. Altri, incuriositi, hanno letto qualche brano, mi hanno rivolto delle domande e sottolineato alcuni versi. Contemporaneamente, sono arrivati degli amici. Tra questi, Federico, originario dell’Argentina e si è formato un discreto ‘capannello’ di persone. Quello é stato il momento più emozionante: in onore di un’ospite, Federico ha letto una mia poesia direttamente in spagnolo. Si è creata un'atmosfera straordinaria ed eravamo tutti commossi, mentre i libri sono ‘volati via’. Penso che questo sia il momento della poesia, poiché viviamo in una società senza valori. La poesia è una ‘grazia’: la possibilità di staccarsi per un po’ dalla Terra e sognare; volare e utilizzare le parole come speranza; guardare con occhi nuovi per reinventare quello che vediamo. Se osserviamo bene quello che sta succedendo a Ostia, per esempio, possiamo ben credere che la poesia sia l'unico mezzo per ricostruire quei valori che non esistono più”.
Può raccontarci, sinteticamente, il suo percorso? Come ha scoperto questa sua vocazione verso la poesia?
“Sono cresciuta tra i libri. O meglio, fra libri di poesie. Il mio primo regalo fu Prévert, a cui seguì García Lorca. Anche mia madre scriveva poesie. Fantasticavo nel leggerle, ma non avevo mai pensato di scriverne. Quando morì mio marito, chiusa nel mio dolore non mi resi conto che anche i miei figli soffrivano. Un giorno, persa in me stessa, sentii la mano di mio figlio sulla spalla: fu una scossa. Non so cosa pensai, ma ricordo di aver preso la borsa e di essere uscita di corsa inoltrandomi nella campagna. Sentii allora un desiderio irrefrenabile di scrivere. Non sapevo cosa, ma dovevo scrivere. Cercai nella borsa una penna e un pezzo di carta: non avevo altro che un pacchetto di sigarette. Lo aprii e scrissi lì sopra. Poi, con più calma, tornai a casa dimentica di quanto era successo. Ho ritrovato quel pacchetto di sigarette vuoto in mezzo ai documenti di mio marito solo poco tempo prima di pubblicare ‘Il vento della vita’. Ora, è su quel libro, con il titolo: ‘Onda amara’...”.
Le sue raccolte sono spesso accompagnate anche da iniziative di solidarietà, in particolar modo a favore delle famiglie che hanno figli autistici: può spiegarci questa sinergia tra cultura e senso civico? Funziona?
“É difficile spiegare senza cadere nel qualunquismo: a 30 anni ho avuto un tumore e, se posso raccontarlo, è grazie al progresso scientifico. Credo che in questi anni la scienza abbia fatto passi da gigante, ma c’è ancora tanto da fare. Il mio contributo è solo una ‘goccia nel mare’, ma spero serva da esempio. La mia collaborazione con l'Angsa è nata dopo una serie di e-mail riguardanti il problema. Tra l'altro, come insegnante, ne ho anche avuti alcuni in classe, ma mai nessuno mi aveva insegnato ad avvicinarmi a quel mondo. Da quando sono in contatto con loro, ho scoperto una nuova realtà. In principal modo, come sia assolutamente inventato lo stereotipo dell'autistico che crea barriere insuperabili: i loro occhi sono vivi e ti osservano, capiscono cosa fai e cosa vuoi. Ho scoperto, frequentandoli, un mondo pieno di dolcezza e amore”.
Oggi, viviamo tutti quanti sui social network: questi nuovi media sono solamente il regno di odiatori e di polemiche sguaiate, oppure possono essere utilizzati diversamente, per riuscire ad avvicinare le masse al mondo della poesia e della cultura più alta?
“Odio, rancore, invidia esistono anche nella realtà. Se non cambiamo questa, non cambierà neanche quella dei social network...”.
Lei ha un passato da insegnante di Liceo: cosa è accaduto, secondo lei, nel mondo della scuola, nel corso di questi ultimi decenni, che ci ha letteralmente trascinati verso una società così ‘liquida’, in cui avere dei princìpi o un bagaglio culturale sembra quasi essere una colpa?
“Questa è una domanda che mi fa stare ancora male, nonostante siano passati anni. La scuola va progressivamente deteriorandosi. Ma non perché gli allievi siano peggiori, bensì per le riforme. I nostri ministri non si sono mai seduti in una cattedra scolastica. Pertanto, tutte le loro riforme sono risultate avulse dalla realtà, oltre ad aver giustificato innumerevoli ‘tagli’. Non ci si accorge che stiamo creando intere generazioni di ignoranti. I giovani, se opportunamente stimolati, ti seguono. Ma se comprendono che la promozione è ‘dovuta’, non credono più nell’importanza della cultura, che invece è la luce della vita”.
La poesia salverà il mondo, secondo lei?
”Spero proprio di si: l’uomo non ha mai cercato di ‘inventare’ una poesia, poichè essa nasce dal suo animo. Tutti noi avvertiamo la necessità di esprimere i nostri sentimenti. E allora, prendiamo un foglio e una penna e cominciamo a scrivere parole che, al primo impatto, sembrano non aver senso. Ma quelle parole, in realtà, servono a far riflettere, a far pensare, a immaginare. Possono essere tante o poche, ma tutte hanno lo stesso obiettivo: quello di ‘colpire’ il lettore. La poesia è una forma d’arte e, per certi aspetti, può essere paragonata a un ‘Essere animato’ che, in certi periodi, non viene considerato e ascoltato, ma in altri riesce a emergere in tutto il suo splendore. Un ‘Essere animato’ che vivrà fino a quando tutti continueranno a provare sentimenti”.
NELLA FOTO QUI SOPRA: LA POETESSA MARIA PIA ALFONSI, DETTA MAPI, CON ALCUNI LETTORI
AL CENTRO: NUOVI INCONTRI IN LIBRERIA CON IL PUBBLICO
IN ALTO A DESTRA: L'AUTRICE DURANTE LA PRESENTAZIONE DELLA SUA ULTIMA SILLOGE
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