Un maestro molto noto nella storia delle religioni, autore di versi che ancora ci stupiscono per la loro profondità, l’amore per la vita e la verità del cuore, oltre ogni dimensione spazio-temporale
L’avvicinarsi del Santo Natale rappresenta l’occasione per ricordare che le festività sono peculiari in tutte le religioni. Nel sufismo, la corrente mistica dell’islamismo, le feste sono oltremodo frequenti, poiché tutte le volte che muore un maestro sufi - e sono tante - si svolgono canti e danze all’insegna della gioia: è la grande festa del ritorno nel seno dell’universo. Il sufismo è la via mistica che si sviluppa a partire dall’VIII secolo a. C. nell’islam e si divide in varie confraternite, presenti nel mondo musulmano. E’ la via del cuore, seguendo la quale il discepolo aspira a raggiungere l’unione amorosa con Allah. I santi, nella religione islamica, sono tantissimi. E molti sono sufi. Ma non tutti i santi lo sono e non tutti i maestri sufi sono santi. Perché lo si diventi, bisogna che il maestro si sia attenuto scrupolosamente alla sua funzione, cioè quella di accompagnare molti discepoli nel seguire la via del cuore. Uno dei più grandi maestri sufi è stato Al Alaj, sottoposto nel IX secolo d. C. al crudele supplizio della crocifissione per aver cantato l’amore 'unitivo', al di là della rigida lettura letterale delle scritture. E’ considerato un martire dagli studiosi occidentali. Un amore nel quale si dissolve completamente divenendone l’essenza. Un altro maestro sufi molto noto nella Storia delle religioni fu il poeta persiano Rumi, autore, nel XIII secolo, di versi che ancora ci stupiscono per la loro profondità, l’amore per la vita e la verità del cuore, oltre ogni dimensione spazio-tempo: “Là fuori/oltre a ciò che è giusto o sbagliato/esiste un campo immenso/ci incontreremo lì. L’anima è come uno specchio nitido/il corpo è la polvere che lo ricopre. Non si distingue la bellezza in noi/perché siamo sotto la polvere. Il modo in cui fai l’amore è/il modo in cui Dio sarà/con te. Gli amanti non si incontrano finalmente in/qualche luogo. Sono sempre stati/l’uno nell’altro. Solo dal cuore/puoi toccare il cielo”. Questa è una delle più note poesie del mistico, che celebrò in questo modo, cioè con un canto di elevazione spirituale, la potenza dell’amore universale. Un amore che arriva a chiunque a qualsiasi latitudine: preesiste agli amanti ed era già scritto prima della nascita. Così Rumi raggiunge il congiungimento con il suo Dio. La folgorazione della poesia è tale che egli viene considerato, forse, il massimo poeta delle culture orientali di tutti i tempi, per la capacità di trascendere la dimensione terrena, per andare sempre alla ricerca di un altrove in cui tutto è bellezza, musica, canto e amore. Le sue poesie hanno ispirato e ispirano tuttora la meravigliosa danza cosmica nota come danza dei dervisci ruotanti, nella quale esprimono l’amore per l’universo danzando come gli elettrodi di Fritjof Capra o come le gocce nelle onde del mare. Il nostro Franco Battiato, scomparso pochi anni fa, ne parla in una sua famosa canzone: “Voglio vederti danzare/come le zingare del deserto/come i dervisci Tourners che girano/sulle spine dorsali/o al suono di cavigliere del Katakali. E gira tutto intorno alla stanza/mentre si danza/danza. E gira tutto intorno alla stanza/mentre si danza. E Radio Tirana trasmette/musiche balcaniche mentre/danzatori bulgari/a piedi nudi sui bracieri ardenti". L’occasione è buona per ricordare, ancora una volta, questo nostro grande compositore/cantautore morto a Milo (Ct), nella villa di famiglia, il 18 maggio 2021. Egli, infatti, si considerava un discepolo di Rumi.