Abitiamo una sfera. Questo è un dato di fatto di cui dovremmo tenere conto nei nostri ragionamenti in merito ai flussi migratori e al concetto di una società sempre più votata alla multiculturalità.
In un suo lavoro (“La società sotto assedio”, Editori Laterza, pag. 107) Zygmunt Bauman ha ricordato che Immanuel Kant più di due secoli fa, nel 1784, nel libro “Idee per una storia universale dal punto di vista cosmopolitico” ha scritto che “tutti noi viviamo e ci spostiamo sulla superficie di quella sfera, non abbiamo altro posto in cui andare e dunque siamo destinati a vivere sempre in reciproca contiguità e compagnia. E così una perfetta unificazione civile nel genere umano è il destino che la Natura ha scelto per noi, l’orizzonte ultimo della nostra storia universale che, stimolati e guidati dal raziocinio e dall’istinto di conservazione, siamo destinati a perseguire e a tempo debito raggiungere”. Kant aveva intuito che la spinta espansiva degli Stati-Nazione avrebbe prima o poi esaurito la propria forza di fronte all’ineluttabilità della natura. Viviamo e ci spostiamo su una sfera. Siamo tutti abitanti del pianeta Terra, è questa l’unica identità che ci rende tutti uguali, con le tantissime, splendide, meravigliose specificità che contraddistinguono i vari popoli. Differenze che certamente non sono riconducibili agli assurdi Stati-Nazione di oggi e di ieri. Per questo dovremmo tutti sentirci “naturalmente” cittadini del mondo, per questo ho sempre considerato i confini qualcosa di labile, permeabile, medioevale e contro natura. E ricordo spesso con dolore i tanti, da una parte e dall’altra, che sono stati mandati a morire per assurdi “sacri e inviolabili confini”.
La conoscenza
La dimensione globale ci appartiene ed è nel nostro DNA. È una dimensione che rende la conoscenza degli altri imprescindibile. Ma la conoscenza di cui parlo è quella della ragione, è quella che mi fa individuare ed apprezzare i capisaldi e i limiti del contesto in cui vivo e mi fa cercare di modificarne limiti e difetti. Certamente non mi spinge verso quella “conoscenza del cuore” che troppo spesso sfocia nel buonismo e nel terzomondismo irresponsabile e strappalacrime.
In attesa della “ perfetta unificazione civile nel genere umano” Amartya Sen (premio Nobel per l’economia nel 1998) ricorda come il passato abbia regalato esempi di tolleranza e intolleranza sia da parte del mondo occidentale che di quello orientale; ricorda per esempio come, mentre Giordano Bruno veniva condannato al rogo per eresia e bruciato a Roma in Campo dei Fiori nel 1600, in India il grande imperatore Moghul Akbar, proclamava la necessità della tolleranza e si impegnava per facilitare il dialogo tra popoli di fede diversa, compresi i musulmani, i cristiani, gli indù e (giustamente) anche gli atei (“La democrazia degli altri”, Mondadori 2004, pag. 23).Sono convinto che sarà solamente questione di tempo. Ma in attesa che “a tempo debito”, guidati dal raziocinio e dall’istinto di conservazione si realizzi la perfetta unificazione civile degli uomini , non si può negare che oggi il terrorismo e le altre assurdità ben descritte nell’introduzione di Andrea Gibelli (“combattete contro quelli che non credono in Allah”…”Uccideteli dovunque li ritroviate”… la proprietà privata non è altro che un "deposito nelle mani della comunità nel suo insieme" ) stiano mettendo a rischio lo stesso cammino dell’umanità, esattamente come ieri lo mise a rischio la follia di Hitler.
Possiamo accettare o rifiutare l’altro, ma l’elemento fondante di questa scelta deve essere la conoscenza. Il nostro primo, subdolo nemico non è la diversità ma è troppo spesso l’ignoranza. Il nostro nemico è la non conoscenza delle ragioni degli “altri” . Ed anche la non conoscenza ed il quotidiano mancato rispetto del nostro sistema di valori, quella non conoscenza che porta al sonno della ragione e ai ciechi integralismi, di qualunque matrice siano, perché i confini del mondo interconnesso ormai sono soprattutto i confini delle teste, delle conoscenze e delle coscienze della gente.Con queste pagine la Lega Nord vuole dare un contributo a diminuire “la mancanza di conoscenza”. Certo, siamo assolutamente consapevoli che la visione manichea, quella che è convinta che tutto il bene sia da una parte e che tutto il male sia dall’altra, è foriera più di conflittualità che di soluzioni costruttive. Tuttavia questo non significa affatto che si debba accettare o subire indiscriminatamente e acriticamente tutto quanto arriva da altre culture. In attesa che l’uomo sia capace di superare le divisioni odierne noi dobbiamo essere consapevoli che, come avete letto nell’introduzione, “per raggiungere il lungo periodo dobbiamo sopravvivere nel breve”.
Sono e resto federalista
A proposito di fondamentalismo islamico in Italia e in Europa, Massimo Introvigne (fondatore e direttore del Cesnur, Centro Studi sulle Nuove Religioni) ha scritto di recente: “In astratto, l’Europa conosce tre modelli: quello tedesco che considera gli immigrati come 'lavoratori ospiti' in soggiorno provvisorio e ne affida la gestione religiosa agli Stati di origine, dove si suppone torneranno in tempi più
o meno rapidi; quello francese e quello inglese. Trascuriamo qui il modello tedesco, concepito per affrontare problemi specifici dell’immigrazione turca e oggi superato dai fatti. Ormai la maggioranza dei musulmani immigrati in Europa non pensa affatto di tornare nei paesi d’origine e ha tutte le intenzioni di rimanere. La prima alternativa resta il modello francese dell’assimilazione, in cui si chiede ai musulmani – come ai cattolici, ai protestanti e agli ebrei – di accettare lo schema della laicité. (…) All’estremo opposto si situa il modello multiculturalista o delle 'minoranze etniche', inventato in Gran Bretagna e adattato a certe situazioni scandinave, dove ciascuna identità etnico-religiosa è riconosciuta come tale, in una certa misura protetta e ammessa a gestire, con un certo grado di autonomia interna, e a rappresentare sulla scena pubblica le sue esigenze, eventualmente in aperta competizione con altre identità. La Gran Bretagna, come è stato spesso osservato, ha essa stessa un’identità nazionale polifonica che risulta dalle autonomie (anche religiose) dell’Inghilterra, della Scozia, del Gallese e dell’Irlanda del Nord: un tipo di identità che trova difficilmente riscontri nell’Europa continentale, ma che spinge verso soluzioni pluraliste anche per la comunità musulmana immigrata.” (“Fondamentalismi” Massimo Introvigne, Piemme 2004, pagg. 133-135). Anche se “superato dai fatti” il modello tedesco mi sembra applicabile ai nostri (tristissimi) tempi e alla situazione che si è venuta a creare in questi anni. Tuttavia resto convinto che anche per questo problema cruciale, che forse oggi è quello più importante sul tavolo delle decisioni, la soluzione è nel federalismo competitivo: queste decisioni non possono essere degli Stati-Nazione ma delle Regioni. Ritengo che questa sia la strada da seguire perché noi si possa essere ragionevolmente e consapevolmente padroni a casa nostra.
Post scriptum
Ho scritto quello che penso e mi rendo conto che questa non è la posizione ufficiale della Lega Nord. Ma devo essere onesto con me, con i miei colleghi e con i lettori, e per questo motivo voglio aggiungere un’ultima considerazione. In questo libro si parla spesso di integralismo, di radici, di cristianesimo e di libertà. Nell’introduzione c’è questo punto: “il Corano, il testo sacro dell’Islam è stato direttamente “dettato” a Maometto da Allah. Il testo di riferimento dei musulmani è la copia fedele di un testo imperituro scritto in cielo. In questo senso il testo sacro appare ai musulmani tradizionalisti assolutamente non modificabile…” Ecco, non posso non ricordare che le considerazioni religiose non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nel diritto privato, nel diritto civile e nelle costituzioni. Questo, sia ben chiaro, non significa non essere ispirati da tolleranza o da principi di rispetto e di amore, perché il cristianesimo non è solo una fede, è anche una cultura. Ancora dall’introduzione: “non è ammessa in sostanza nel sistema islamico quella separazione fondamentale tra sfera religiosa e sfera politica che invece la religione cristiana pone come elemento fondamentale: “dai a Cesare quel che è di Cesare e dai a Dio quel che è di Dio”. Nel nostro Paese in particolare sul concetto di libera Chiesa in libero Stato si è costruito un sistema giuridico di rispetto e di complementarietà tra la sfera civile e la sfera religiosa che restano invece indistinte nella cultura musulmana”. Ecco, i rapporti tra i cittadini e lo Stato non fanno parte della sfera religiosa, ma di questo non sembra rendersene conto l’articolo 5 della nostra Costituzione con quel “La Repubblica, una e indivisibile”. Questo è integralismo di casa nostra. L’integralismo dei tanti che non ammettono di sentire le ragioni (sociali, economiche, etiche e culturali) di quelli che, a ragione o a torto, non considerano quello dell’unità e indivisibilità dell’Italia un “dogma religioso”.