Carissimi italiani, ‘sciamate’ pure allegri e sereni verso le vostre agognate vacanze estive. Riposate e rilassatevi, perché tanto c’è ben poco da fare in questo nostro Paese, anche se debbo prendere atto che, nella ricorrenza del 150esimo anniversario della nostra unificazione nazionale, qualche buon sentimento sia financo apparso in fondo ai vostri cuori. Riposatevi e godetevi le vostre vacanze, dunque, dedicatevi ai vostri cari e alla famiglia e disperdete i pensieri, perché tanto non vale più di tanto la pena di preoccuparsi per la nostra politica che non va, per la nostra magistratura inquisitoria, per i nostri ‘avvocaticchi’ totalmente incapaci di difenderci da certi ‘attacchi alla giugulare’ che avvengono ormai regolarmente nella nostra vita quotidiana. Non prendetevela, amici cari, perché non basterebbe nemmeno la vecchia idea di un grandioso processo penale a mutare di una virgola l’attuale nostra condizione, che è poi quella di un popolo instupidito e ingannato, manipolato e represso. E se proprio in questi giorni vorrete dedicare qualche pensiero all’Italia, non prendetevela solamente con i politici, perché lo scadimento qualitativo in atto sta percorrendo, già da svariato tempo, tutti i settori professionali della nostra società, dai bancari inetti ai commercialisti ‘casinari’, dai giudici ottusi agli attori ‘cani’, dagli scrittori insulsi ai ‘giornalisti-impiegati’. Non basterebbe affatto un processo ai politici così come lo intendeva Pier Paolo Pasolini, bensì ci vorrebbe una vera e propria rivoluzione etica, morale, intellettuale: troppa fatica, per gli italiani. Alcuni conoscenti mi accusano di essere da sempre assai ‘vicino’ ai politici. Ma in realtà, a parte il caso limitato di qualche amico fraterno o di qualche stimabile esponente, l’esperienza professionale maturata in questo settore mi ha posto di fronte a un panorama umano piuttosto desolante. La politica, infatti, è un ambiente che non desidera persone che valgano qualcosa, bensì dei miserabili ‘fantocci’. Non vuole ‘teste pensanti’, ma semplici ‘schiacciatori di pulsanti’ all’interno delle aule parlamentari. Questa deriva oligarchica ha semplicemente fatto seguito a un vero e proprio ‘naufragio sociale’ della nostra società, che si è riempita in ogni settore di persone indegne e meschine, più furbe che belle. Tutti vogliono seguire delle ‘scorciatoie’ per riuscire a ottenere qualcosa, senza ritenere di dover apprendere nulla durante il percorso della propria maturazione lavorativa o di vita. Ed è per questo motivo che ci vorrebbe veramente una rivoluzione etica: per impedire la definitiva vittoria dell’arroganza, della presunzione, dell’ipocrisia, della malignità. Una rivoluzione, intesa come cambiamento radicale del sistema, che non potrebbe passare per la burocratica procedura dell’istituzione di un processo, ma solo attraverso un reale sovvertimento delle regole attuali. Arroccarsi dietro gli schieramenti e le diverse bandiere appare, nel contesto attuale, un inutile esercizio ginnico. Perché da qualsiasi parte la si guardi i reati da elencare sono gli stessi di sempre: indegnità; disprezzo per i cittadini; manipolazione del denaro pubblico; ‘intrallazzo’ con industriali e banchieri; connivenza con la mafia; alto tradimento; uso illecito degli enti pubblici; responsabilità per le stragi del passato; distruzione paesaggistica e urbanistica del Paese; responsabilità nella degradazione antropologica degli italiani; responsabilità per la condizione ‘paurosa’ delle nostre scuole, dei nostri ospedali, di ogni opera pubblica primaria; responsabilità per la diffusione dei ‘reality show’ e, più in generale, di una stupidità delittuosa e immorale sulle nostre televisioni; distribuzione ‘borbonica’ di posti di lavoro e incarichi professionali ad adulatori e ‘cortigiani’. L’immagine di un gruppo politico qualsiasi arrestato e trascinato in un tribunale per tali atrocità sarebbe solo una metafora. E il processo stesso risulterebbe metaforico, per quanto astratto, incivile e arretrato sia un sistema giudiziario che prima ti manda in galera e poi, dopo, ti libera, spesso e volentieri da ‘colpevole’. Viviamo tutti in un Paese alla rovescia in cui non esiste più un minimo di coerenza e di decenza, in nessun ambiente. Politici ‘fantocci’, è vero, ma anche magistrati consuetudinari e inconsapevoli, alla mera ricerca di visibilità personale, perché tanto a nessuno interessa una crisi economica che è giunta al paradosso di favorire coloro che hanno contratto debiti e di ‘paralizzare’ chi, invece, ha lavorato producendo crediti che non può nemmeno esigere. Eppoi, cosa mai rivelerebbe di così clamoroso un processo? Semplicemente, che i ‘potenti’ che ci governano non sono quasi mai all’altezza del loro compito; che, storicamente, si è esaurita quella forma di potere che i politici hanno servilmente servito in passato traendone tutti i possibili profitti; che la nuova forma di potere non sa più cosa farsene di loro. In ogni caso, queste constatazioni non possiedono affatto quei caratteri di verità storica inconfutabile in grado di determinare una nuova volontà politica: una volta condannati i ‘vecchi potenti’, infatti, ogni confusione dovuta a una falsa e artificiale ‘continuità’ del potere non ne risulterebbe vanificata. Ed era esattamente questo il punto su cui Pasolini si sbagliava: per mezzo di un processo penale non vi sarebbe quell’interruzione drammatica della continuità del potere, quel ‘fatto instaurativo’ in grado di generare una nuova politica rivitalizzata e ‘riumanizzata’ perché, come Tangentopoli ha già dimostrato, una pubblica sentenza rende solo più evidente che la politica tende a replicare se stessa in forme ancor più deteriori e degenerative mettendosi a ‘inseguire’ il popolo per pura ‘viscidezza’ d’animo in ogni sua più strampalata velleità; che gli italiani di oggi sono laici nella stessa misura in cui, fino a ieri, erano cattolici; che i valori di uno sviluppo economico disgiunto da un effettivo progresso civile e morale dissolve ogni cultura, ideologia o religione. Attraverso un semplice processo penale, insomma, si dimostrerebbe solamente come gli italiani si ostinino a optare sempre per questa egoistica e rassicurante continuità, anche se si tratta di iniquità, di spregevolezza, della più inetta delle incapacità. Che senso ha, dunque, pretendere o sperare qualcosa per questo Paese? Senza veri princìpi non solo non si può governare, ma non si può nemmeno gestire decentemente l’ordinaria amministrazione. E la nostra politica, così come la nostra società, di princìpi non ne ha più, poiché li ha sempre identificati brutalmente con quelli morali e religiosi della Chiesa in grazia della quale deteneva il potere. Una massa ignorante e un’oligarchia di volgari demagoghi non possono costituire l’anima di un Paese. Ciò lo abbiamo sempre saputo e lo abbiamo sempre detto, ma non lo abbiamo saputo e detto fino in fondo per una ragione molto semplice: perché la maggioranza degli italiani è cattolica. Cosa potrebbe mettere in chiaro un processo, una volta e per sempre, di fronte alla nostra coscienza? Una serie di fatti banali, che portano a un fatto essenziale. E cioè che si presenterebbe, in tutta la sua estensione e profondità, ma anche in tutto il suo definitivo anacronismo, il ‘quadro clerico-fascista’ in cui il malgoverno politico, in Italia, ha potuto essere attuato attraverso una serie di reati classici, ovvero quei reati ‘non reati’ consustanziali alla realtà di questo Paese e, quindi, perpetrati nel suo stesso ambito e col suo pieno consenso, poiché sia durante la prima, sia nel corso dell’attuale seconda Repubblica - che poi giuridicamente e costituzionalmente sono sempre state la medesima cosa - si è governato un popolo storicamente incapace di dissentire esattamente come durante il ventennio fascista, come nell’Ottocento pontificio o borbonico, come nel corso dei secoli feudali. Dunque, le chiacchiere stanno ‘a zero’, carissimi italiani: o vi decidete una buona volta a fare la rivoluzione, oppure potete solo limitarvi a immergere le ‘palle’ al fresco di uno qualsiasi dei mari che circondano questa ‘cazzo’ di penisola a forma di stivale. Buone vacanze, dunque. E smettetela di lamentarvi: chi è causa del suo mal può solamente piangere se stesso.