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4 Dicembre 2024

Gli sviluppi del caso Delta

di Beatrice Marconi
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Nessuno più ne parla, nessun giornalista si è più affacciato al portone di via Cairoli a Bologna, l’interesse politico e pubblico dei primi mesi è scemato. Eppure erano dieci i dossier investigativi, dieci i fascicoli processuali aperti, una decina di banche coinvolte per l’inchiesta avviata dalla Procura di Forlì sul gruppo Delta-Cassa di Risparmio di San Marino  con l’accusa dei reati di associazione a delinquere, riciclaggio, usura, ostacolo alle autorità di vigilanza.
Nessuno più ne parla, ma l’impasse aziendale in cui è precipitata l’azienda nel maggio 2009 ha avuto qualche sviluppo.
È notizia di questi giorni che i sindacati, che hanno giocato anche in questo caso un ruolo di spicco, hanno raggiunto un accordo con Intesa San Paolo per l’assunzione di 140 dei dipendenti del gruppo Delta iscritti al fondo emergenziale. L’accordo prevede l’assunzione a tempo indeterminato di personale per il polo bolognese della Banca Telefonica e per il polo torinese con una riduzione del 20% del salario d’ingresso per i primi quattro anni. Intesa San Paolo sta inoltre già effettuando i primi colloqui con il personale di 16Banca e di Bentos assicurazioni, società del gruppo Delta che de facto entreranno nell’orbita Intesa. Queste le notizie, ma i retroscena? Di vicende ne sono accadute diverse negli scorsi mesi. Ad agosto i circa 190 dipendenti della rete distributiva è stata richiamata nella sede centrale di via Cairoli per ricevere le lettere di licenziamento. Una gran folla di persone ha intasato letteralmente la strada, costringendo l’intervento dei vigili urbani per il ripristino del traffico. Gli oramai ex dipendenti della rete si sono presentati in azienda per riconsegnare la dotazione personale (auto, cellulari e computer) e per vedersi recapitate a mano, dai colleghi del personale, dell’ufficio organizzazione e dell’auditing le lettere di licenziamento. Le proteste sono state ridotte e dopo poche ore la tranquillità è rientrata in tutto il palazzo.
Ma torniamo all’assunzione delle 140 persone già ‘iscritte’ nel Fondo emergenziale e del personale della banca 16Banca e dell’assicurazione Bentos. Alla fine di agosto, i commissari straordinari hanno richiesto ai dipendenti di 16Banca di sottoscrivere entro il 4 di settembre una lettera di dimissioni in bianco, priva di data. La richiesta era vincolante e obbligatoria, nessuno avrebbe potuto rifiutarsi, altrimenti “quella è la porta”, o così come ha sottolineato uno dei tre commissari, per i dipendenti di 16Banca l’unica alternativa possibile sarebbe stata il licenziamento senza la sicurezza del Fondo emergenziale, perché non considerato personale in esubero. I dipendenti della banca hanno sottoscritto la loro lettera di licenziamento in bianco entro il 4 settembre e solo ad ottobre Intesa ha deciso di iniziare il giro di colloqui individuali del personale acquisente. La procedura però desta qualche perplessità. Intesa difatti propone nel corso del colloquio una posizione, analoga inizialmente a quella già ricoperta dall’intervistato, è però risultato che nella maggioranza dei casi, la nuova posizione proposta si trovasse in città diverse dall’attuale sede principale di 16Banca. Così molti si sono sentiti offrire un posto a Torino, a Milano, a Frosinone… Quello che non risulta del tutto chiaro e che non è stato ancora illustrato da Intesa è cosa succede se uno non accetta il posto a Torino. Da quanto ci risulta, molti degli intervistati hanno rifiutato la posizione offerta, richiedendo la possibilità di rimanere sulla piazza di residenza, ma la Banca ancora non si esprime, si è invece espressa per spiegare che ‘chi accetterà, riceverà una raccomandata con la nuova lettera di incarico’. I colloqui che in un primo momento sono sembrati alla maggior parte degli intervistati solo degli incontri conoscitivi, si stanno trasformando in un patibolo: se accetti sei dentro, ma se non accetti, sei fuori? Sono tante le situazioni non chiare, che i dirigenti del Gruppo e i commissari straordinari non chiariscono. L’11 novembre ci sarà la riunione con i sindacati e gira voce che proprio in quella riunione verrà deciso l’invio delle prime lettere di licenziamento per chi è stato classificato come ‘esubero’. Lettere di licenziamento, quindi, che potrebbero cominciare ad arrivare già dalla seconda metà di novembre, ben prima della fine del mese di dicembre, data prevista per la conclusione dell’accordo e l’inizio dell’adesione nel Fondo emergenziale. Chi però è un esubero e chi non? Mesi fa sono state fatte circolare dei documenti sottoscritti dai commissari in cui venivano stabiliti i ‘fortunati’ che sarebbero confluiti nella “NewCo” (la società creata ad hoc dalla banche creditrici per riscuotere i crediti del Gruppo ancora in essere) e chi invece sarebbe entrato nel Fondo emergenziale (80 per cento dello stipendio per due anni). I dati che in un primo momento sembrano abbastanza chiari, abbastanza perché non venivano fatti nomi, oggi sembrano invece essere avvolti sempre più dal mistero e dalle incertezze. Chi rimarrà? Negli uffici girano voci e ci si conta, si fanno supposizioni, in alcuni casi, i conti sembrano essere semplici, ma in altri la confusione è sovrana e i responsabili delle funzioni dimostrano una quasi inconsapevolezza snervante. Così l’atmosfera si è rotta ed il lavoro è lasciato andare, anche perché un Gruppo bancario e finanziario che non ‘produce’ più, che non emette più finanziamenti né prestiti ha vita breve e scontata, come le funzioni che svolgono i suoi dipendenti. Quando arriveranno i creditori, tra i quali spicca Unicredit, forse una ristrutturazione organizzativa saprà gestire meglio la situazione, che oggi sembra essere lasciata al caso o agli umori dei pochi dirigenti ancora in carica, alcuni dei quali spadroneggiano senza freni inibitori. La migliore soluzione sembra essere la fuga, ma chi ha avuto il coraggio di farlo è già andato via sfruttando gli incentivi all’esodo della primavera e dell’estate scorsa (8 mesi con il 120 per cento circa dello stipendio), chi è riuscito a trovarsi un altro lavoro, ma sono in pochi, sorride e conta i giorni per la fuga, ma per chi non ha avuto coraggio e fortuna le speranze sembrano segnate. E i sindacati? Tacciono o quasi, la salvezza certa dei sindacalisti aziendali ha calmato gli animi, perché i conti sono chiari e non si può fare nulla. Meglio cercare di mantenere uno statu quo apparentemente stabile, del domani non v’è certezza.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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