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21 Novembre 2024

Affitti: ma la casa dov'è?

di Francesco Fravolini
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Affitti: ma la casa dov'è?

Contratti di locazione sempre più cari: il problema della casa è diventato primario per molte famiglie. Una realtà spesso smentita dai dati ufficili che non tengono conto della grave 'piaga' di un mercato sommerso nel quale i contratti regolari non esistono e i rapporti qualità/prezzo sono più che squilibrati. È il caso di Roma, dove 'grazie' al fiorente mercato del turismo, molte abitazioni sono state convertite in pensioni o appartamenti condivisi da studenti. Così per una coppia che cerca casa il minimo di spesa da mettere in conto sono mille euro per un mini appartamento (sempre ammesso che lo si trovi!).  Migliore la situazione in altre parti d'Italia, secondo quanto emerge da un rapporto presentato dal franchising immobiliare “Solo Affitti”. Il documento economico immobiliare, che fotografa il primo semestre 2010, è stato realizzato insieme all’Istituto Nomisma di Bologna. Per le quantità offerte, da segnalare un sostanziale aumento nelle zone periferiche e semicentrali delle città, mentre i quartieri pregiati e centrali sembrano più stabili. Da questo quadro si discostano parzialmente i mercati di Bologna e Torino dove si denuncia una certa carenza di abitazioni in locazione, in particolare nelle zone di maggior pregio e centrali. La richiesta di case in affitto non ha subito modifiche rispetto al 2009, mentre è aumentato l’interesse in corrispondenza delle localizzazioni semicentrali, dove si coniugano i vincoli di spesa con una certa vicinanza al centro urbano. Da sottolineare la vivacità dei mercati del Sud rispetto a quelli settentrionali. Nel Mezzogiorno le richieste si concentrano maggiormente nelle zone meno care della città. Anche Milano ha cominciato a risollevarsi ma, a differenza delle piazze del Sud, qui sono le aree di pregio e quelle centrali ad avvertire maggiormente una timida ripresa dell’interesse. 

“L'inizio del 2011 - afferma Silvia Spronelli, Presidente di Solo Affitti – registra una sostanziale stabilità dei canoni d’affitto con un numero di locazioni in crescita, soprattutto, nelle zone centrali e semicentrali delle città. Nell’attesa di capire se e quando la cedolare secca verrà applicata, possiamo dire dal nostro osservatorio che questo provvedimento dovrebbe avere effetti positivi in relazione al numero dei contratti, potendo godere i proprietari di un maggiore favore fiscale”. Nell’ultimo semestre di rilevazione, fra la fine del 2009 e il primo semestre 2010, i canoni di locazione delle abitazioni hanno perso terreno, se con garage (-1

%) o se arredate (-0,3%), mentre sono lievemente cresciuti per le abitazioni normali (+0,2%). Il primo semestre dell’anno rappresenta la prosecuzione di un andamento tendenzialmente riflessivo che si era notato anche in chiusura del 2009, ma con riduzioni più rilevanti: dal -2,2% per abitazioni con garage a -1,8% se arredate oppure - 0,6% per abitazioni senza optional. Così la performance sintetica su base annua risulta ancora negativa per tutti e tre i segmenti considerati. Accorpando con una media semplice i valori delle tre tipologie abitative si ottiene che su base annua le case hanno perso l’1,9%, calo formato da una riduzione del -1,5% nella seconda parte del 2009, seguita da una minore flessione nella prima parte del 2010 (-0,4%). Nell’ultimo semestre circa la metà delle città considerate non ha subito flessioni, mentre la situazione è più negativa se si fa riferimento al dato annuo, su cui ha influito negativamente l’andamento del secondo semestre 2009. Ponendo attenzione a questo periodo, le migliori performance sono quelle di Napoli, Roma e Firenze, mentre all’estremo opposto troviamo Genova, Bari ed Aosta. 

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La crescita napoletana è successiva ad una flessione severa nel secondo semestre del 2009, ma la performance ad un anno rimane fra le peggiori in Italia. Rispetto a dodici mesi fa, la maglia nera è appannaggio di Cagliari seguita da Genova, che non hanno visto un recupero nel primo semestre 2010, diversamente dal caso citato di Napoli. All’estremo opposto troviamo Ancona, Trento e Roma, che non hanno conosciuto riduzioni nei canoni negli ultimi dodici mesi. I mercati di Roma, Milano, Firenze e Venezia sono caratterizzati, oltre che da canoni elevati, da una performance annua superiore alla media, tipici delle città a forte richiesta insediativa.L’altro significativo indicatore per l’analisi del mercato della locazione abitativa è la tempistica necessaria per affittare un alloggio che cambia, in modo significativo, in rapporto alla localizzazione del bene. Sono necessari, in media, quasi 2 mesi e mezzo per affittare un appartamento, ma si va dai due mesi se la casa si trova nelle zone semicentrali della città, sino a più di tre se l’abitazione è in zona di pregio. Da notare una certa correlazione fra la tempistica negoziale e l’interesse della domanda per le zone del semicentro (minore tempo di locazione si collega ad una domanda più vivace). La città più lenta risulta Catanzaro con quasi quattro mesi, seguita da Milano. Genova e Torino mostrano, al contrario, una maggiore velocità nella stipula dei contratti di affitto. Le città del Sud Italia si presentano come le meno dinamiche sul mercato della locazione, solo Cagliari mette in evidenza tempistiche più contenute rispetto alla media nazionale. Se ci riferiamo alle abitazioni nuove, i tempi medi necessari per affittare una abitazione si riducono a circa un mese e mezzo, con Venezia in controtendenza (3 mesi per un alloggio nuovo, due per uno usato), mentre per Aosta e Trento la condizione d’uso è ininfluente sulle tempistiche di locazione. Nell’indagine condotta da Solo Affitti viene rilevato il livello di gradimento rispetto ad alcune caratteristiche aggiuntive delle abitazioni in locazione. E’ basso l’appeal per le abitazioni efficienti sotto il profilo dei consumi energetici, mentre è assai apprezzata la presenza di posto auto oltre che di arredamento nell’appartamento, opzioni su cui il mercato dà un premio quasi del 10% rispetto ad una abitazione che ne è priva. Di medio gradimento risultano le connessioni internet e la vicinanza a linee di trasporto pubblico.

Giovani coppie e single alla ricerca
La domanda di abitazioni in locazione si focalizza soprattutto in corrispondenza dei bilocali (quasi il 40%), soprattutto in centro, seguita dai trilocali (28%) e poi, a distanza, dai monolocali, anch’essi ricercati in centro. Le abitazioni più grandi, i quadrilocali (richiesti in circa il 12% dei casi), sono richieste in zone di pregio (da parte della popolazione più abbiente che si può permettere grandi abitazioni anche se associate ad un canone elevato), ma anche nelle periferie dove, invece, si riescono ad ottenere maggiori superfici con una spesa contenuta. A Firenze e Bologna vengono chieste abitazioni mediamente più grandi, mentre a Genova e Trieste quelle di minori dimensioni. Per quanto riguarda le caratteristiche socio-demografiche dei richiedenti abitazioni in affitto, la quota più rilevante (22%) è rappresentata da giovani coppie senza figli (soprattutto a Roma, Bari, Potenza, Campobasso con quote anche superiori al 30%), seguita da single (20%), famiglie con figli (16,5%), extracomunitari (14,8%), con Milano, Venezia, e Firenze in testa, ed infine i lavoratori temporanei (10,4%), con quote di tutto rilievo a Campobasso o a Cagliari.In media, circa la metà dei contratti di locazione stipulati sono mossi dall’esigenza di abitazione principale, segue la motivazione lavorativa (quasi il 30%, con punte anche oltre il 60% a Campobasso e Napoli), mentre ci si attesta quasi al 20% per quanto concerne lo studio (ma con punte anche del 40% in città a vocazione universitaria). I contratti stipulati sono per lo più 4+4 (quasi la metà del totale), mentre assumono pressoché la stessa quota le locazioni con contratti transitori o appartenenti al secondo canale (in entrambi i casi circa un quarto del totale).Da notarsi a questo proposito l’affezione da parte dei proprietari bolognesi e fiorentini verso i contratti a canone concordato, in forza probabilmente di una convenienza oggettiva degli accordi territoriali rispetto al mercato libero, mentre va sottolineato che sul mercato milanese gli accordi sono assai vecchi e rendono pressoché impraticabile intraprendere questa scelta contrattuale. 

Affitti sempre più cari
Con riferimento al mercato dell’affitto, nel periodo 1991-2009, a fronte di una crescita delle disponibilità familiari nell’ordine del 18% l’incremento dei canoni di mercato nelle aree urbane è risultato addirittura del 105%. L’incidenza della locazione di un’abitazione di 70 metri quadrati sul reddito familiare è così passata dal 10,2% dei primi anni ’90, all’attuale 17,6%, con un aumento, peraltro in larga parte concentrato nel periodo 1998–2007, superiore al 74%. Se il livello attuale dei valori immobiliari comporta già evidenti problemi di sostenibilità con riferimento alla disponibilità media familiare, la situazione risulta ben più problematica se rapportata alla capacità reddituale degli affittuari. In questo caso l’incidenza della locazione di un immobile analogo a quello precedentemente descritto è passata dal 12,5% del 1991 al 27,8% del 2009, con un incremento di oltre il 121%. L’accesso all’abitazione in affitto è diventato più complicato soprattutto in corrispondenza delle grandi città del Centro e del Nord, anche se la situazione di disagio non sembra potersi ritenere circoscritta ai soli mercati urbani. La distanza maggiore si riscontra nei mercati del Sud Italia dove la differenza tra i canoni praticati nei comuni maggiori e in quelli minori è prossima al 50%. In merito ai canoni praticati sul libero mercato, i comuni del Centro Italia sono quelli che fanno registrare i valori maggiori. Ad incidere sono soprattutto i mercati della Toscana assieme a quello della Capitale (anche se si esclude il mercato di Roma dalla media, il Centro mantiene ancora il suo primato tra le circoscrizioni).La dispersione dei canoni delle abitazioni praticati nelle provincie italiane misurata attraverso la deviazione standard è di 178 euro al mese nei mercati centrali e di 116 euro nei mercati minori. Tutto ciò rappresenta un range di oscillazione dei canoni mensili compreso tra 700-350 al mese nei comuni centrali e 420-190 al mese nei comuni minori. Da segnalare che si riduce la variabilità qualora si escludano i valori dei 13 maggiori mercati, ma solo relativamente ai mercati dei comuni capoluoghi. Un’altra informazione circa i livelli dei canoni pagati si evince dai risultati della già richiamata indagine demoscopica svolta da Nomisma lo scorso novembre su un panel di 200 famiglie rappresentative della popolazione italiana. Circa il 60% delle famiglie versa canoni mensili compresi fra i 250 ed i 700 euro con una ripartizione pressoché analoga fra i tre range di valore dati (250-400 euro, 401-500 euro, 501-700 euro). Segue l’intervallo 700-1.000 euro che raccoglie il 17,4% delle famiglie, lasciando ruoli più che marginali ad importi superiori.

Meglio acquistare, ma non tutti possono
Nel 2008, 16,9 milioni di famiglie sono proprietarie dell’abitazione in cui vivono, 4,7 milioni vivono in affitto e 3,1 milioni dispongono dell’abitazione in usufrutto o a titolo gratuito. In Italia, la quota di famiglie che vive in affitto è considerevolmente più bassa rispetto alla media degli altri Paesi dell’Unione Europea (35% nella EU-15). La scelta tra le diverse modalità abitative dipende, principalmente, dal livello di reddito e dalla situazione patrimoniale delle famiglie: la diffusione dell’affitto è maggiore tra le famiglie con i redditi mediobassi, persone sole con meno di 35 anni di età e giovani coppie senza figli e famiglie monogenitore. Il modo di abitare delle famiglie italiane ha subito profonde modifiche nel corso degli ultimi decenni. Dall’analisi dei dati dell’Istat emerge che, mentre nel 1961 il 46,6% delle abitazioni erano date in affitto e solo il 45,8% erano detenute in proprietà, a distanza di quaranta anni, nel 2001, le prime erano scese al 20% e le seconde avevano raggiunto la quota del 71,4%. La rimanente quota dell’8,6% (al 2001) riguarda la componente di abitazioni occupate ad uso gratuito o a titolo di prestazione di servizio. Il 95,2% delle risposte converge sulla proprietà, lasciando all’affitto un ruolo a dir poco marginale (4,8%), ed evidenziando ancora una volta il forte attaccamento degli italiani nei confronti della casa. Sebbene si possa definire a favore di una “ownership society”, vale la pena sottolineare che i risultati odierni differiscono da quelli dell’indagine condotta nel 2007, nel senso che due anni fa la propensione verso la proprietà era ancora più schiacciante (96,6%) a scapito dell’affitto (3,4%). La preferenza nei confronti dell’affitto, comunque, è più elevata: al crescere dell’età del capofamiglia; nei grandi centri urbani; nel Nord Italia; per i nuclei familiari di piccole dimensioni (più aumenta il numero di componenti più cresce la spinta verso l’acquisto); verso abitazioni di piccole dimensione. Chi vive in affitto e non cambierebbe la propria condizione abitativa ha espresso i motivi della preferenza tra i quali prevale il fattore economico, ma anche la possibilità di una maggiore mobilità abitativa. A queste due motivazioni segue poi il fattore tranquillità, sicurezza e preferenza verso investimenti più liquidi. “Mentre gli americani - afferma Silvia Spronelli – stanno rimettendo in discussione l’idea basilare del mercato immobiliare fondata sulla ciclicità dei valori e si stanno interrogando sulla convenienza dell’essere proprietari della propria abitazione, si afferma parallelamente una vera e propria cultura dell’affitto, come stile di vita sposato, particolarmente e felicemente, da chi ama la mobilità, il vivere nomade, il cambiamento e le sfide. Il confronto con il resto dell’Europa evidenzia la nostra particolarità: in Italia, la quota di famiglie che vive in affitto è considerevolmente più bassa, del 18,9% rispetto alla media del 35% degli altri Paesi dell’Unione Europea. E’ una peculiarità specifica del nostro Paese essere legati da tempo a una cultura che identifica la casa come luogo rifugio, un nido in cui trovare stabilità e sicurezza. Nella solidità del mattone – conclude Spronelli - sembra proprio che gli italiani identifichino la solidità auspicata nella famiglia e nel lavoro”. La dinamica dei canoni locativi è risultata, nell’ultimo decennio, particolarmente accentuata. In linea con la tendenza generale del mercato immobiliare italiano, anche il comparto della locazione residenziale si è caratterizzato per una cospicua crescita dei valori di riferimento. Esaurita la parentesi recessiva, che aveva colpito il settore tra il 1992 e il 1997, in seguito allo scoppio della bolla speculativa che aveva gonfiato le quotazioni immobiliari all’inizio degli anni ’90, il mercato immobiliare italiano è entrato in una lunga e robusta fase espansiva arrestatasi solo a fine 2007, a poco più di dieci anni di distanza. L’evoluzione dei prezzi e dei canoni di locazione ha seguito quella del reddito disponibile delle famiglie, dal 1995 fino al 2006, quando hanno iniziato a flettere, mentre i valori di mercato hanno continuato a salire. L’inversione, per questi ultimi, si è verificata dopo un lasso temporale di due anni e, precisamente, nel 2008.Ma, al di là del trend, è interessante capire come è cambiata la sostenibilità del mercato rispetto alla disponibilità di spesa. In un orizzonte di medio-lungo periodo, in cui si sono alternate fasi riflessive ed espansive, il settore immobiliare si è significativamente apprezzato rispetto alla capacità di spesa delle famiglie. La modesta crescita dell’economia e la prolungata ascesa recente dei valori immobiliari hanno finito per determinare un problema di accessibilità al mercato della casa, a prescindere dalla forma contrattuale che ne disciplina il possesso.

La crisi fa crescere l'offerta di locali commerciali
Secondo le indicazioni degli operatori, l’offerta di uffici in locazione risulta piuttosto abbondante, con indicazioni di crescita in corrispondenza delle aree centrali e semicentrali delle città. Tale fatto è da ricondursi alla tendenza sempre più frequente di lasciare le localizzazioni centrali e più costose per ubicare le proprie attività in quelle periferiche, meglio se dedicate specificamente agli insediamenti direzionali. La presente difficile congiuntura economica sta inducendo con sempre maggiore frequenza a spostarsi dove si possono spuntare affitti meno onerosi, con un assorbimento netto che non cresce. La domanda di spazi terziari non gode, dunque, di una buona intonazione, ma risulta alquanto rarefatta un po’ ovunque e se di domanda si parla, quest’ultima non è nel senso di nuovi insediamenti, bensì di consolidamento di posizioni esistenti e loro razionalizzazione. Il numero di contratti non decolla, ma rimane piuttosto ancorato ad un mercato alquanto sottile ed ancora piuttosto difficile. Per quanto attiene le tempistiche necessarie per affittare un ufficio, è mediamente sui 4 mesi e mezzo, circa il doppio rispetto al settore delle abitazioni, con punte più elevate quasi a 5 mesi in periferia, genericamente intesa. La variabilità fra i mercati è comunque notevole, molto più di quanto riscontrato a proposito del mercato residenziale.A Bologna si registra un mercato degli uffici estremamente ingessato, con circa 8 mesi per riuscire ad affittare un immobile terziario. All’estremo opposto si collocano Aosta, Trento e Venezia in cui bastano solo due mesi e mezzo. In termini generali, al Sud i tempi di locazione parrebbero essere più lunghi rispetto al Nord.Anche in relazione al settore direzionale, le garanzie richieste sono soprattutto il deposito ma, a differenza del comparto abitativo, in quello direzionale viene molto più domandata la fidejussione bancaria. Le altre tipologie di garanzie assumono ruoli assolutamente secondari. Sintetizzando enormemente i dati rilevati in corrispondenza delle diverse tipologie del settore locativo direzionale, emerge ancora il primato di Roma, come mercato dell’affitto mediamente più caro, seguito da Milano. A distanza si trovano Firenze e Bologna. Torino si conferma la grande città metropolitana del Nord con valori immobiliari assai contenuti, mentre Palermo è la sola città del Sud con canoni medi superiori o allineati alla media nazionale. Se si scende maggiormente nel dettaglio, gli affitti unitari più cari si riscontrano in corrispondenza delle case nel centro di Roma (mediamente 2.275 a/mese, per un totale di 27.300 all’anno), mentre all’estremo opposto troviamo il vano unico nella periferia tradizionale di Bari (250 a/mese per un totale di 3.000 all’anno).Per quanto riguarda il trend dei canoni nell’ultimo periodo, la variazione media semestrale si attesta a -1,2%, ma nella seconda parte del 2009 la diminuzione dei valori è stata più marcata, circa il doppio, ovvero -2,3%. Così, da un anno a questa parte i canoni di locazione degli uffici in Italia hanno perso terreno mediamente del 3,5%. Anche in questo comparto nel secondo semestre dell’anno passato, il mercato ha segnato maggiormente il passo rispetto a quanto non si sia verificato nella prima parte del 2010, sebbene nell’ultimo semestre la congiuntura si sia mostrata tutt’altro che positiva.Le peggiori performance su base annua spettano ad Aosta e Napoli, nonostante la buona resa nel corso dell’ultimo semestre. Molto meglio il mercato di Venezia che non ha perso posizioni nel corso degli ultimi dodici mesi, mentre il buon andamento su base annua del mercato fiorentino è da attribuirsi completamente alla seconda parte del 2009, piuttosto che al primo semestre dell’anno in corso. Roma, oltre ad essere caratterizzata da canoni medi lievemente superiori a Milano, ha  accusato meno la flessione del mercato rispetto alla città lombarda. Altra evidenza è che le città meridionali sono le meno apprezzate, anche quelle più in crisi. Il mercato della locazione di spazi commerciali tradizionali mostra indicazioni di stabilità in merito alla domanda ed all’offerta, con un numero di contratti in tendenziale riduzione, frutto di una congiuntura difficile in tutti i comparti legati alle attività d’impresa.Da notare la crescita tendenziale dell’offerta di spazi commerciali nei centri delle città, sintomo che la crisi economica sta interessando anche le zone di maggiore passaggio, ovvero quelle privilegiate sotto il profilo dello shopping. La ricerca di un esercizio commerciale da affittare necessita di circa quattro mesi e mezzo in media, un tempo analogo a quanto riscontrato a proposito del mercato direzionale, con valori più elevati mano a mano che ci si sposta dal centro verso la periferia. Anche in questo comparto si riscontra un ampio campo di oscillazione che va dai due mesi di Aosta e Trento agli oltre 8 di Bologna (con una certa analogia con quanto visto per il settore direzionale). In termini generali, al Sud i tempi di locazione parrebbero essere più lunghi rispetto al Nord. Anche in questo comparto immobiliare il deposito risulta essere la tipologia di garanzia più diffusa (quasi il 60% dei casi), seguita da fidejussione bancaria (circa un contratto ogni quattro). Diversamente dalle altre tipologie immobiliari analizzate in cui i canoni medi più elevati erano stati riscontrati in corrispondenza di Roma, per quanto concerne il settore commerciale, il primato spetta a Milano. Stupisce che fra le città più care sotto il profilo commerciale si trovi Palermo. All’estremo opposto Campobasso e Catanzaro. Il campo di oscillazione dei mercati commerciali italiani spazia dal canone mensile per un negozio a quattro vetrine nel centro di Milano (4.150 al mese in media per un canone annuo di quasi 50.000 euro) sino ai 240 al mese per i negozi con una sola vetrina nelle zone periferiche di Campobasso. In questo comparto la variabilità risulta ben più marcata rispetto agli altri settori, data la rilevanza molto più spiccata del fattore luogo. Per quanto attiene alla performance dei valori di locazione, nell’ultimo periodo, anche il comparto commerciale è stato interessato da flessione. Si tratta di una riduzione del 5,7% su base annua, composta da un più deciso calo nel secondo semestre del 2009 (-4,9%), rispetto a quanto non si sia realizzato nel primo semestre 2010 (-0,9%). Le performance decisamente positive sono appannaggio di Trieste, dove si registrano incrementi in entrambi i semestri considerati, seguita da Catanzaro e Venezia, dove la crescita del primo semestre del 2010 è riuscita più che a compensare la flessione della fine dell’anno passato. All’opposto, a Roma, Perugia, Napoli, Bologna e Cagliari la riduzione dei canoni locativi è addirittura a due cifre. Il mercato della locazione di capannoni industriali assume una connotazione di stabilità complessiva in relazione a domanda, offerta e numero di contratti. Questo comparto è comunque caratterizzato da tempistiche contrattuali più elevate rispetto alle abitazioni. Servono più di sei mesi per affittare un immobile industriale con punte anche di quasi un anno in corrispondenza di realtà del Mezzogiorno, come Cagliari, Campobasso o Potenza. Interessante, inoltre, vedere che il settore appare piuttosto dinamico ad Aosta e a Roma con tempi assai rapidi. I canoni di locazione più elevati si riscontrano ad Aosta (si noti che qui i tempi di locazione sono minimi, a sottintendere una localizzazione strategica oltre che con una scarsa offerta per gli immobili di questa tipologia), prima ancora che a Firenze, Milano e Roma. In fondo alla classifica dei mercati degli immobili industriali troviamo, invece, Bari. Nell’arco dell’ultimo anno, i canoni di locazione dei capannoni industriali hanno perso il 4,2% in sede monetaria, risultante da una sostanziale stabilità media nel 2009, che ha preceduto una flessione del 4% nella prima parte del 2010. In effetti nella prima parte del 2010 tutte le città hanno subito una riduzione nelle quotazioni di mercato o comunque sono rimaste sulle posizioni acquisite. Ben diverso dal quadro cui si è assistito in chiusura del 2009 con numerose realtà cittadine in crescita anche a due cifre. Le previsioni per il prossimo semestre appaiono piuttosto uniformi per quanto attiene il livello dei canoni di locazione, che sono quindi previsti in sostanziale stabilità in corrispondenza di tutti i comparti analizzati, anche se si manifestano indicazioni di maggiore debolezza in corrispondenza del comparto direzionale. Stabilità è quanto si attende in relazione ai volumi contrattuali con la sola ma rilevante eccezione del mercato abitativo, in particolare per le zone dei centri storici e quelle semicentrali. Va ricordato che questa indagine è stata realizzata a luglio del 2010, ovvero prima che uscissero indiscrezioni a proposito di una prossima emanazione della cedolare secca sugli affitti che potrebbe determinare una riduzione dei contratti, nelle more della sua entrata in vigore. Successivamente si attendono effetti positivi in relazione al numero dei contratti, ma a canoni stabili se non anche flettenti, potendo i proprietari godere di un maggiore favore fiscale. 


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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