La discutibile esistenza politica di esponenti come Maurizio Gasparri e Matteo Renzi può essere utile, per lo meno, a farci riflettere con attenzione su tutto quel che non si dovrebbe fare nel campo dell’informazione
Per una volta - ma solo per questa volta - vogliamo mettere una ‘buona parola’ in favore del vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, rimasto ‘impigliato’, nei giorni scorsi, nell’incresciosa vicenda della frase ‘sessista’ da lui ‘rilanciata’ su Twitter nei riguardi di Greta e Vanessa, le ragazze recentemente rilasciate da un gruppo di ribelli siriani ‘anti-Assad’. Non si trattava, infatti, di un pensiero originale del senatore Gasparri destinato a provocare polemiche, bensì di un ‘retweet’ relativo a una dichiarazione di altri, confusa tra quelle che si è soliti ricevere dai ‘follower’, involontariamente rimessa in circolazione a nome suo. Chi ha un minimo di dimestichezza con i social network sa bene come tali errori di valutazione possano succedere. In passato, anche al sottoscritto capitò una ‘mozione’ contro le violenze sugli animali legata a un vergognoso ‘blog’ che incitava, in particolare, a bastonare i cani randagi. Si trattava di una denuncia civile che chiedeva un intervento della Polizia postale, affinché fosse oscurato un ‘dominio’ registrato da veri e propri criminali. Ma nel momento in cui cercai di condividerlo sulla mia pagina Facebook, diedi per scontato che mi sarei ‘trascinato’ in 'bacheca' anche le richieste di chi me lo aveva ‘postato’. Invece, non fu così: avevo solamente pubblicato la ‘homepage’ del terrificante ‘blog’ in questione, dando l’impressione di suggerirne la lettura. Le numerose proteste e i molteplici messaggi di amici e lettori mi sollecitarono a rettificare l’errore commesso. E quando ripristinai il messaggio nella sua formulazione originaria e corretta, da alcuni non venni nemmeno creduto nei miei veri intenti e fui accusato di scarsa sensibilità nei confronti dei cani. Chi mi conosce personalmente sa bene come le cose non stiano affatto così. Anzi, per lunghi tratti della mia vita - addirittura sin dalla nascita - ho posseduto cani di svariate razze, che ho sempre amato con grande e profondo coinvolgimento affettivo. Insomma, sui social network esistono una serie di rischi e ‘infortuni’ che possono capitare a tutti. Ciò significa, in ogni caso, che sotto il profilo della comunicazione pubblica i 'social' non dovrebbero essere considerati alla stessa stregua degli organi di informazione ‘on line’ veri e propri: sono luoghi un po’ diversi, in cui non vigono le logiche basate sulle ‘fonti’ di prima informazione e di pubblicazione ‘inedita’, bensì su un presupposto assai distinto: quello della condivisione e messa in circolazione ‘alternativa’ di notizie in genere censurate o non trattate dalle testate ufficiali. Questo è il vero punto ‘a favore’ dei social, come dimostrato, negli anni più recenti, dalle cosiddette 'primavere arabe'. In alternativa, possiamo considerarli dei luoghi di commento e approfondimento collettivo delle notizie stesse. Tuttavia, da questa distinzione deriva un'ulteriore questione, intorno alla quale dovremmo tutti quanti cominciare a riflettere più approfonditamente: così come le norme attualmente vigenti distinguono le testate ‘on line’ dai cosiddetti ‘blog’ sulla base del fatto che le prime sono obbligate alla regitrazione presso un tribunale civile, che ne autorizza le pubblicazioni in quanto fonti di prima informazione, allo stesso modo non dovremmo considerare i social network alla stessa stregua delle agenzie di stampa, ovvero come una sorta di ‘grande lavagna’ di notizie già verificate, poiché così non è. Questa distinzione sottende, tra l’altro, una richiesta specifica: i politici, in particolar modo, ma anche i colleghi giornalisti e le altre categorie professionali, quando hanno la necessità di rendere pubblica una dichiarazione o un’informazione di rilievo dovrebbero riprendere la sana abitudine, come si faceva un tempo, di inviare il caro, antico, ‘nobile’ comunicato stampa alle agenzie, le quali, dopo averne valutato, ‘soppesato’ e verificato l’attendibilità, potrebbero dare il ‘via libera’ a ogni ulteriore divulgazione. Insomma, sarebbe il caso di ‘ribaltare’ quella metodologia di comunicazione che, ultimamente, ha preso il sopravvento, soprattutto dopo l’ascesa di Matteo Renzi, il quale ogni mattina, su Twitter, ci rallegra sempre con i suoi hashtag inquietanti, del tipo #statesereni e cose di questo genere. Utilizzare i social network come fonte di prima informazione, a meno che non si tratti di una notizia di effettivo interesse collettivo - come, per esempio, le righe redatte e opportunamente pubblicate sulla sua pagina Facebook dal cantante Eros Ramazzotti, allorquando è venuto a conoscenza della dolorosa scomparsa di Pino Daniele - non ci appare del tutto corretto. Se il presidente del Consiglio, alla mattina, dopo essersi alzato dal letto, ritiene di avere qualcosa da farci sapere al di là del colore del suo 'pigiamino' in acrilico decorato con tante belle ‘stelline’, è simpaticamente pregato di inviare un sms al proprio addetto stampa, il quale, dopo averlo ‘tradotto’ in una nota ufficiale e averne verificato la pubblicazione sulle agenzie, in seconda ‘battuta’ potrebbe ripubblicare la notizia anche sulla rete internet e i social network. In questo modo, ogni controllo di attendibilità, congiuntamente alle rettifiche, alle smentite e agli eventuali errori, verrebbe effettuato ‘a monte’. E, probabilmente, il nostro modo di fare informazione tornerebbe a essere un po’ meno caotico e maggiormente credibile sotto il profilo qualitativo, sottraendo un compito tipicamente giornalistico, quello della ‘valutazione delle notizie’, alle masse. Siamo infatti convinti che, se si tornasse in qualche modo alla condizione in cui ognuno possa svolgere il proprio lavoro, il mestiere di ‘fare informazione’ non correrebbe il rischio di essere considerato un mero hobby o una sorta di ‘passione’ come, per esempio, tifare per la Fiorentina. Hai visto mai che qualche posto di lavoro e alcune nuove opportunità per molti colleghi attualmente ‘a spasso’ tornerebbero a ‘saltar fuori’?