Il premio Nobel per la pace 1991 è in stato di arresto sin dai giorni del golpe in Myanmar del 1° febbraio 2021: in quest’ultimo anno e mezzo è stata sul banco degli imputati più volte uscendone sempre con delle condanne, accumulando una pena complessiva di 23 anni finalizzata a impedirle di presentarsi nuovamente alle elezioni
Ancora una volta, Aung San Suu Kyi è stata condannata da un tribunale in Birmania. Tre anni di prigione per aver violato le leggi sui segreti di Stato. I suoi accusatori sono gli stessi golpisti che hanno occupato il Paese il 1° febbraio 2021. È da quel giorno, infatti, che il premio Nobel per la Pace 1991 è in stato di arresto. In quest'ultimo anno e mezzo, Suu Kyi è stata sul banco degli imputati più volte, uscendone sempre con delle condanne. Gli anni di prigione accumulati sono 23. L’ultima accusa è stata emessa il 29 settembre 2022: assieme alla leader dell’Lnd è stato condannato Sean Turnell, economista australiano che faceva parte del suo entourage e, sempre a tre anni di carcere, sono stati riconosciuti colpevoli altri componenti del governo deposto con il golpe.
Ripercussioni internazionali
Quanto accaduto è motivo di tensioni a livello internazionale. L’Australia, per voce del ministro degli Esteri, Penny Wong, respinge la condanna in quanto non può considerarsi un procedimento equo quello avvenuto a porte chiuse, senza il permesso di accesso ai rappresentanti del consolato australiano. La posizione del governo australiano è molto netta: Turnell, fidato consigliere di Aung San Suu Kyi, in prigione in Birmania dai giorni del golpe, dev’essere rilasciato immediatamente. Intanto, è chiaro agli osservatori internazionali che le accuse continue, che aggiungono anni alla detenzione della leader birmana, sono operazioni di forza finalizzate a impedire una possibile candidatura politica per le elezioni del 2023. A quanto è dato sapere, la donna è attualmente detenuta a Naypyitaw, la capitale, ma il luogo specifico risulta sconosciuto.
Il golpe e il genocidio
Il golpe in Myanmar è avvenuto per mano del generale Min Aung Hlaing, capo di quelle stesse forze armate che hanno compiuto il genocidio della minoranza etnica dei Rohingya nel 2017. Durante quei fatti, sono avvenuti stupri, soprusi, torture, uccisioni sommarie e lo sfollamento di 70 mila persone verso il vicino Bangladesh. In quella situazione, non accidentale, venne coinvolta anche il premio Nobel, Aung San Suu Kyi, poiché incapace di fermare quella ferocia agli occhi della comunità internazionale. Nonostante quegli eventi, la leader di Lnd è ancora oggi molto amata nel suo Paese.
Amnesty International
Lo stesso giorno dell’ultima condanna di Suu Kyi è stato reso noto un rapporto di Amnesty International intitolato: ‘Atrocità social: Meta e il diritto dei Rohingya a una riparazione’, dal quale è emersa una responsabilità del colosso Meta negli eventi che hanno portato al genocidio del 2017 in Myanmar. Gli algoritmi di Facebook avrebbero cioè contribuito alla propaganda di persecuzione nei confronti dei musulmani di etnia Rohingya. Il rapporto emerge dai documenti fatti trapelare da Frances Haugen, una whistleblower francese. L'organizzazione di Amnesty International fa presente che si sono verificati casi in cui una serie di post inneggianti all’odio sono stati condivisi anche più di mille volte, senza che Fb intervenisse. Urge pertanto un risarcimento per il popolo Rohingya, lo stesso che il generale golpista, Min Aung Hlaing, aveva rinnegato, poiché, a suo dire: "Non esiste questa etnia in Birmania".
Le condanne di Aung San Suu Kyi
La penultima condanna ai danni della leader civile risale a poche settimane fa. Infatti, a inizio di settembre 2022 si è avuta la notizia dell’accusa conclamata, sanzionata con 3 anni di carcere, per frode elettorale durante le elezioni del 2020. Negli stessi giorni è stato inflitto un anno di prigionia anche all’ex ambasciatrice britannica, Vicky Bowman e a suo marito, cittadino birmano, con l’assurda accusa di aver violato le leggi sull’immigrazione. La Bowman era molto attiva in merito alla difficile condizione dei diritti umani in Birmania. Dal golpe dello scorso anno sono state arrestate circa 15 mila persone ed eseguite 4 condanne a morte. Appare ovvio a tutti che la situazione in Birmania, al di là delle condanne di Aung San Suu Kyi, sia altamente pericolosa, poiché nessun diritto o tutela dei diritti umani viene riconosciuto.
NELLA FOTO QUI SOPRA: UNA VEDUTA PANORAMICA DEL MYANMAR
AL CENTRO: LA PROTESTA DELLA MINORANZA MUSULMANA DEI ROHINGYA
IN APERTURA: IL PREMIO NOBEL PER LA PACE 1991, AUNG SAN SUU KYI