Gli attuali scenari geopolitici, insieme all’instabilità economica e sociale, rendono necessaria una revisione della Politica europea di vicinato (Pev). Gli obiettivi: stabilità, prosperità e sicurezza al di là dei confini europei, da raggiungere attraverso il principio di condivisione e di approccio basato su incentivi
“La ‘Politica europea di vicinato’ non sempre si è dimostrata in grado di offrire risposte a una situazione in continuo cambiamento e alle sfide che, man mano, si sono venute a creare nel corso di dieci anni. Ma la vicinanza è una priorità strategica e un interesse fondamentale dell’Europa”. Con queste parole, il Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri, Benedetto Della Vedova, ha espresso le sue considerazioni intorno all’Enp (European Neighbours Policy), sottolineando come questa priorità risulti sempre più urgente, soprattutto alla luce degli eventi che, tanto a est, quanto a sud dell’Europa, stanno ‘infuocando’ il panorama globale degli ultimi anni e che, con particolare riferimento all’area del Mediterraneo, stanno modificando l’assetto geopolitico e sociale di intere regioni. I futuri appuntamenti internazionali, come per esempio il vertice di Riga, evidenziano la necessità di fare il ‘punto’ sulla situazione. Essendo gli obiettivi della Politica europea di vicinato la stabilità, la prosperità e la sicurezza al di là dei confini europei - questioni vitali per l’Europa stessa - e avendo riscontrato come spesso questa strategia non abbia adeguatamente risposto alle aspettative, alla sensibilità e alle aspirazioni dei partners europei, risulta palese e indispensabile una ‘revisione della Pev’ e dei suoi campi di azione, che si allargano, inevitabilmente, anche a problematiche non direttamente pertinenti. “L’Enp, infatti, porta ad affrontare anche le profonde ragioni di altre sfide, come i problemi dell'immigrazione e dei traffici umani”, sottolinea il sottosegretario. Il ‘focus’ della revisione deve perciò mirare ad aggiornare la sua struttura e ad aumentare i suoi effetti negli anni a venire, al fine di supportare più efficacemente lo sviluppo in un'area di condivisa stabilità, sicurezza e prosperità, rafforzando altresì la ‘relazione speciale’ con i partners. Diviene necessaria, quindi, una miglior definizione degli obiettivi per entrambe le parti, in accordo con il principio di partecipazione e di approccio ai problemi basato su alcuni incentivi: “Bisogna prendere atto delle cose fatte in questi anni, al fine di rivedere tempi e strumenti: fattori del tutto naturali e fisiologici”. Il sottosegretario ribadisce anche la necessità di un certo grado di differenziazione, poiché “una dimensione che vada bene per tutti non è mai un criterio efficace. Solo prendendo in considerazione i differenti livelli di ambizione dei partners è possibile recepire le situazioni e le condizioni di partenza, così come le differenti sfide nell'ambiente geopolitico. Premesse che danno la speranza di una più grande partecipazione”. È nell’interesse di tutte le parti avere vicini stabili, prosperi e orientati alla democrazia. Ma la via da seguire, se si vuol far tesoro del passato, è quella del coinvolgimento e della condivisione di valori e obiettivi, poiché “le esperienze passate dimostrano che gli atteggiamenti troppo impositivi rischiano di non essere più di tanto efficaci”. Vediamo dunque quali sono le premesse e gli obiettivi di una ‘nuova Pev’, efficace e rispettosa delle differenze.
Sottosegretario Della vedova, che cos’è la Politica europea di vicinato?
“La Politica europea di vicinato (o Enp, European Neighbours Policy) è un progetto nato nel 2004 in concomitanza con il quinto allargamento dell’Unione, con l’obiettivo di riunire tutti i Paesi divenuti ‘nuovi vicini’ e favorire la distensione e uno sviluppo equilibrato dei rapporti con i vicini sia dell’est, sia del sud. Il progetto è stato poi incrementato con la creazione di altri due organismi a carattere regionale, allo scopo di rafforzarne l’efficacia: ‘l’Unione per il Mediterraneo’ (UpM, luglio 2008) e il ‘Partenariato orientale’ (Po, maggio 2009). Stabilità, crescita economica e promozione dei valori fondamentali sono le tematiche alla base delle relazioni tra l’Ue e i Paesi partner che si trovano al di là delle sue frontiere. E la Politica europea di vicinato rappresenta il contesto e lo strumento specificamente dedicato al raggiungimento di queste finalità, guardando sia ai vicini a est, quanto a quelli del sud. I Paesi coinvolti nel progetto sono: Algeria, Marocco, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Palestina, Siria, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Moldova, Ucraina e Bielorussia. Gli obiettivi che la Pev si pone sono perseguiti attraverso la conclusione di una serie di ‘Accordi di associazione’, comprensivi di aree di libero scambio con i Paesi interessati tesi a promuovere e a favorire il dialogo politico, le riforme democratiche, l’integrazione dei mercati, la crescita economica e la gestione della mobilitazione delle persone. I nuovi scenari geopolitici pongono di fronte alla necessità di ridefinire l’allineamento della Pev: da qui nasce un processo di revisione iniziato nel 2014 e che dovrà concludersi entro il 2015. Tra le nuove istanze, risulta prioritario considerare l’intreccio relazionale che pone l’obbligo di formulazione di scenari che vadano a ‘regolamentare’ anche i rapporti con ‘i vicini dei nostri vicini’. Una necessità divenuta palese e che si è acuita a causa della recente crisi ucraina a est e delle ‘primavere arabe’ a sud, le quali, a partire dal 2011, hanno completamente stravolto l’assetto geopolitico della ‘sponda sud’ del Mediterraneo. Non di poco conto, inoltre, il ruolo fondamentale e determinante della Politica europea di vicinato nella ‘questione meridionale’, in cui ha contribuito allo svolgimento dei processi elettorali in Egitto, Algeria, Libia e Tunisia; all’avvio di ‘Piani d’azione avanzati’ e di negoziati per la realizzazione di aree di libero scambio; al coinvolgimento di altri attori internazionali (attraverso le Task Force); al sostegno finanziario verso i partner maggiormente esposti a situazioni di crisi; alla promozione del dialogo sui temi migratori”.
E a est?
“Sul versante est, la dimensione della Pev si sostanzia principalmente sul partenariato orientale e prevede la firma di ‘Accordi di associazione’ tra l’Ue e i Paesi interessati (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldova, Ucraina); la creazione di aree di libero scambio; la prospettiva di accordi di facilitazione del rilascio dei visti in un’ottica ‘caso-per-caso’; la conduzione di quattro piattaforme tematiche: 1. Democrazia, governance, stabilità; 2. Integrazione economica e convergenza con le politiche Ue; 3. Sicurezza energetica; 4. Contatti fra le persone”.
Alla luce degli attuali scenari geopolitici, questa ‘revisione’ della ‘Pev’ prevede una differenziazione di interventi tra Europa orientale e meridionale?
“Il nostro obiettivo è, innanzitutto, che si confermi come la politica di vicinato sia una. E che essa riguarda tutto il vicinato, da est a sud. Si tratta, cioè, di una strategia politica che va dalla Bielorussia al Marocco. Dunque, io non credo si debba aprire una discussione su quale sia il vicinato ‘più vicinato’, o quello più importante. Dal nostro punto di vista, è fondamentale ribadire che il vicinato del sud ha una rilevanza strategica drammaticamente evidenziata dai fatti degli ultimi mesi e degli ultimi anni”.
Prosperità, sicurezza e benessere sono le principali finalità della ‘Pev’: sono previsti anche altri obiettivi?
“Noi riteniamo che l’approccio debba essere di coinvolgimento, di rispetto delle differenze e di azioni studiate Paese per Paese, avendo noi, in quanto Unione europea, un obiettivo di medio-lungo termine: accompagnare il Paese del vicinato in un percorso innanzitutto di stabilità, di libertà, di democrazia, di Stato di diritto. Questo è sicuramente nell’interesse dell’Ue: avere Paesi vicini che condividano, il più possibile, dei valori di fondo. E questo credo sia un interesse anche per i Paesi del vicinato. Tuttavia, ribadiamo: l’impegno è il coinvolgimento di una definizione interna e di partnership con i singoli Paesi, un approccio di incentivi ‘more for more’, cioè di più per chi fa di più. Il che non significa correre il rischio di penalizzare chi ha condizioni di partenza più difficili, o situazioni, interne o esterne, più complicate. Quindi, ci dev’essere sicuramente un incentivo e un premio per chi, insieme a noi, affronta con determinazione questo processo. La qual cosa, ribadisco, non significa penalizzare chi, per difficoltà di altro genere, può essere più lento”.
Nell’incontro internazionale tenutosi di recente in Farnesina sono state definite nuove strategie?
“Occorreva ridefinire obiettivi e strumenti. E far bene il ‘punto’ su quanto è successo in questi anni, con evoluzioni positive, ma anche con situazioni di vicinato che si sono, oggettivamente, complicate, a est come a sud”. Ripensare la politica di ‘partenariato orientale’ non significa, per l’Europa, un po’ fare ‘marcia indietro’? “Assolutamente no: non è una marcia indietro. Ovviamente, si prende atto delle cose fatte in questi anni, sia quelle andate bene, sia quelle il cui esito non è stato dei migliori. Bisogna rivedere tempi e strumenti: sarebbe sbagliato pensare che una strategia definita nel 2004 debba valere, immutata, fino al 2024, senza considerare che al mondo si muovono tante cose, poiché è fisiologico che questo accada”.
Nel prossimo appuntamento di Riga, la Georgia punta a chiedere la liberalizzazione dei visti: secondo lei, ciò è conseguenza dei timori nei confronti del vicino russo, oppure è un tentativo di fare pressioni sull’Ue?
“Io ho ragione di ritenere che i timori di quel Paese siano reali. E lavoriamo affinché, a posteriori, questi stessi timori possano rivelarsi infondati…”.