Di nuovo arrestato il presidente di Ira Mauritania, il movimento abolizionista della schiavitù che sta lottando nel proprio Paese contro questa odiosa forma di servitù: in questa intervista, la vicepresidente della sezione italiana di IM lancia un appello a tutti i media per la liberazione del leader africano
Arrestato a Nouakchott, la capitale della Mauritania, Biram Dah Abeid, presidente della ‘Iniziativa per la rinascita dell’abolizionismo della schiavitù’. La Mauritania è l’ultimo Stato africano in cui è diffusa la schiavitù e dove le leggi che la vietano non sono mai state applicate. Il presidente, Biram Dah Abeid, è stato prelevato dalla sua casa la mattina del 7 agosto scorso, arrestato senza spiegazioni da parte della polizia e tradotto in carcere senza la possibilità di parlare con i suoi avvocati, proprio nel giorno in cui un comitato indipendente avrebbe dovuto convalidare la sua candidatura per le elezioni del 2019 contro il presidente attualmente in carica, Mohamed Abdel Aziz. Il presidente Biram aveva ottenuto il premio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 2013 grazie alla sua lotta in favore dei diritti dell’uomo contro la schiavitù nel suo Paese ed è tutt’ora definito: “Il nuovo Nelson Mandela mauritano”. L’associazione italiana Fidu onlus (Federazione italiana per i diritti dell’uomo), che ha sempre sostenuto Biram Dah Abeid, anche negli interventi che il presidente dell’Ira ha fatto in Italia per promuovere le sue lotte e le sue iniziative, è intervenuta attraverso il suo presidente, Antonio Stango: “Non è un caso che la persecuzione politica contro Biram, che conduce da molti anni con coraggio e determinazione una lotta non violenta contro una delle violazioni più gravi e sistematiche dei diritti umani, si inasprisca proprio ora, nel momento in cui si svolgono le procedure di presentazione delle candidature per le elezioni politiche. La schiavitù è un crimine contro l’umanità. E la repressione del movimento abolizionista attuata di fatto dal regime al potere è inaccettabile per la comunità internazionale”. La Fidu si sta muovendo, in questi giorni, a favore del leader mauritano. E chiede al Governo italiano, alle istituzioni dell’Unione europea e a tutte le forze politiche democratiche, di esercitare le opportune pressioni sull’esecutivo di Nouakchott per liberare Biram Dah Abeid. Parla anche la vicepresidente della sezione italiana di Ira Mauritania, Ivana Dama Diarra: “In questi giorni, è molto difficile aiutarlo perché siamo in piena estate, quindi mi appello il più possibile alle forze mediatiche per smuovere il tutto e per far si che si trovi una soluzione”.
Ivana Dama Diarra, da quanto tempo conosce Biram Dah Abeid e da quando è entrata in contatto con la sezione italiana di Ira Mauritania?
“Ho conosciuto Biram Dah Abeid ormai molti anni fa: era il 2009, in occasione, a Napoli, di un tavolo organizzato da alcuni sindacati che avevano invitato per la prima volta Biram, che all’epoca era un esperto di diritto internazionale ed era già un attivista favorevole all’abolizione della schiavitù moderna in Mauritania, quando ancora non si conosceva assolutamente la situazione. In quell’occasione, io fui invitata a partecipare da Amnesty International, quando ero un’attivista di Amnesty e, all’epoca, mi occupavo di relazioni esterne”.
Lei già conosceva il presidente Biram al tempo del suo primo arresto? Quanto è durata la permanenza del presidente di Ira Mauritania in carcere, la prima volta?
“Gli arresti nei confronti di Biram Dah Abeid, per il suo operato di attivista abolizionista, si sono susseguiti negli anni e ci hanno visti sempre attivi nella possibilità, nei suoi confronti, di una scarcerazione, seppur passando per atroci e lunghi periodi di vessazioni in carcere, interrogatori e torture fisiche e psicologiche. La prima volta venne arrestato per cinque mesi e il passo fu proprio quello di allertare alcuni Partiti politici, fino ad arrivare alla pressione su alcune istituzioni”.
Ci sono delle analogie, questa volta, con la dinamica del primo arresto? Cercano di screditare il presidente di Ira Mauritania per distruggerlo al livello politico?
“La Mauritania dell’attuale presidente militare generale, Mohamed Ould Abdel Aziz, utilizza sempre la stessa metodologia: quella di mettere a tacere, annientando in tutti i modi ogni dissenso, violando qualsiasi forma di diritto interno e internazionale del Paese, pur di evitare che si possa perdere il potere e, quindi, tutti i privilegi che la classe dominante detiene. Una ‘casta’ costituita dalla minoranza etnica arabo-berbera. La loro logica è che bisogna in tutti i modi fermare l’avversario politico, anche se si devono adottare metodi illegali o al di fuori dalle convenzioni per i diritti umani”.
Chi ha aiutato Biram, la prima volta, a essere scarcerato? Si sono mosse molte forze in suo favore?
“Il nostro ufficio, ‘Ira Italia’, ha avuto un forte ruolo di monitoraggio in tempo reale per il fatto che ci conoscono, gli attivisti si sono sempre fidati di noi e le informazioni arrivano in maniera abbastanza rapida. Alcuni attivisti, compresa la sottoscritta, conoscono la loro lingua e, nel tempo, si sono stretti alcuni contatti importanti come con la Lidu (Lega italiana per i diritti dell’uomo) e con il Partito radicale”.
Pensa che anche questa volta vi siano buone probabilità di riuscire ad aiutarlo, magari anche in tempo per farlo partecipare alle elezioni politiche contro il presidente attualmente in carica?
“Il nostro leader, Biram Dah Abeid, è ancora in carcere, ma ci sono delle novità: il 10 agosto scorso, il Ceni (la Commissione elettorale nazionale indipendente) ha ritenuto valida la candidatura del presidente di Ira Mauritania alle prossime elezioni presidenziali. Quindi, il fatto di trattenere il nostro leader in carcere non fermerà la nostra lotta”.
L’aiuto di tutti i media possibili in questo momento estivo e di deconcentrazione pensa possa aiutare a smuovere le acque per ottenere l’aiuto e lo scarceramento di Biram Dah Abeid?
“Agosto è un mese in cui i servizi segreti mauritani, quindi il vero potere esecutivo nello Stato mauritano, decide di bloccare gli attivisti di punta. Non a caso, Biram e altri tre arresti sono avvenuti proprio ad agosto. E non è un caso che abbiano proceduto con questo fermo arbitrario di Biram nel corso di questo mese, ben sapendo che, in Europa, le attività parlamentari, quelle delle ong, e quella delle associazioni del mondo dell’attivismo che dialoga con Biram, si ferma. E’ questo il mese in cui, purtroppo, diventa ancor più complicato accendere i riflettori sulla questione”.
Come vede il futuro della Mauritania? Pensa che il sogno di un Paese libero dalla schiavitù grazie alle lotte di Biram si possa realizzare veramente?
“Io penso fermamente, anzi sono sicurissima, degli effetti del lavoro di Biram e di tutto il nostro movimento, che in questi anni è decisamente cresciuto a livello internazionale, per una Mauritania diversa e giusta veramente, dove il fenomeno della schiavitù per nascita venga definitivamente abolito. Le nostre lotte stanno già dando i loro frutti: per esempio, esiste il caso di una donna tenuta in schiavitù per trentacinque anni, che è candidata per diventare deputato. Una cosa che ci inorgoglisce e ci fa pensare che stiamo sicuramente sulla strada giusta per cambiare veramente le cose”.
NELLA FOTO: IL LEADER DI IRA MAURITANIA, BIRAM DAH ABEID