Elsa Fornero, ministro del Welfare della Repubblica italiana ‘fondata sul lavoro’ (art. 1 C.), in un intervento all’assemblea di Assolombarda a Milano, ha invitato i giovani a rimboccarsi le maniche, nella ricerca di un posto di lavoro. "Non sono nelle condizioni di essere schizzinosi", ha dichiarato. La professoressassa Fornero è plurititolata, il suo curriculum è incisivo: membro onorario di Comitati, Collegi e Consigli vari; investita di vicepresidenze; titolare di cattedra universitaria; ha all’attivo numerose pubblicazioni sui temi delle pensioni, l’invecchiamento della popolazione, il risparmio delle famiglie; ha vinto premi e ha ottenuto riconoscimenti, com’è tutto fedelmente riportato nella sua biografia, sul sito del ministero (http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Istituzionale/Ministero/ilMinistro/). Per farla breve, è una che ne capisce, quando parla. In più, adesso è ministro del Lavoro, pertanto ha il compito istituzionale di progettare e attuare in Italia quelle strategie volte al raggiungimento di obiettivi cruciali come lo sviluppo e l’occupazione. Ora, se colui che mi deve mettere nelle condizioni di inserirmi nel mondo del lavoro – e si tratta di persona, ripetiamolo ancora una volta, estremamente competente – mi ammonisce definendomi troppo ‘choosy’, come dovrei reagire? Una riflessione è d’obbligo, a iniziare dal termine adoperato. Alzi la mano chi conosceva il significato della parola choosy. Chissà quanti l’avranno digitata sul google translate, scoprendone la corrispondenza italiana: ‘schizzinoso’, che da noi suona maluccio. E quindi giù la valanga di commenti su Twitter in primis e sugli altri social network. Eppure, il buon vecchio guru di Steve Jobs, compianto e rimpianto proprio da questi giovani indignati contro il ministro, la usava proprio come monito: ‘Stay hungry, stay choosy’ (Non essere pigro, sii esigente). Il suo invito a essere ‘esigenti’, suona certamente meglio di ‘schizzinosi’. Questione di traduzione? Chissà, colpa della traduzione, insomma, ma anche della nostra ignoranza linguistica, e, diciamolo pure, di certa stampa che un po’ ci marcia con certii fraintendimenti linguistici. Il Fornero-pensiero, chi ha buona memoria lo sa, ci ha già abituati, in passato, a uscite simili. “In questo paese – aveva sentenziato pochi mesi fa – c’è poco spirito costruttivo. Vorrei che molte persone anziché lamentarsi sempre o protestare, comprendessero che potremmo lavorare tutti insieme e forse ne avremmo qualche beneficio”. Anche qui, parole sante, ma che furono seguite da un diluvio di critiche da più parti, politiche e sociali. Peggio ancora fu quando dichiarò che “Il desiderio della famiglia e del mutuo spesso spinge le famiglie a dire ai figli: vai a lavorare, così ci aiuti a farci casa. La casa è importante ma non si deve sacrificare l’educazione dei figli”. Oppure quando puntò il dito sui giovani meridionali che “sperano di entrare nelle Forze Armate o nel Grande Fratello e questo non va bene per il paese”. Insomma, la Fornero è come una mamma, anzi, una super mamma specializzata, che si preoccupa per i suoi figli. E si sa che i consigli dei genitori quasi mai trovano pratica attuazione. Certo, dal suo punto di vista, non poteva esimersi da alcune critiche. Ma la difficile crisi congiunturale rende fastidiose le sue parole alle orecchie di chi quella crisi la sopporta, e non a torto. Il punto di vista è quello di chi gode di una situazione privilegiata, ma la realtà è ben diversa per chi si scontra ogni giorno con un mercato del lavoro che regole sembra non conoscerne più. Su Twitter i commenti sono stati sferzanti. C’è chi la manderebbe ‘dallo psicologo con terapia gratuita’; chi ironicamente la definisce ‘ministro della disoccupazione’ e chi, infine, le offre addirittura consigli di lavoro, come ‘Hai mai pensato di fare il lavavetri al semaforo? Ecco, lo sapevo! Sei choosy!’.Ci sono, in minoranza, anche utenti più ‘equilibrati’ come chi sostiene che la ‘Fornero ha ragione che ci sono i choosy, ma ha torto perché le persone disperate che accettano lavori a 5€/h sputtanano il mercato’.
Cosa ne pensano i giovani Abbiamo provato a sondare il terreno tra i giovani universitari di Roma Tre, proprio all’indomani del caso, per misurarne gli umori. L’irritazione è evidente, anche se in via teorica qualcuno ammette che le parole della Fornero possano essere corrette, ma non condivisibili in questo momento. Lara (28 anni), per esempio, nonostante abbia già un contratto a tempo indeterminato e non ancora una laurea, ci ha spiegato che continua a "cercare il lavoro che ha sempre sognato, perché ‘rinunciare a sognare e' forse il crimine peggiore per un cittadino”. Poi deve ammettere amaramente che chi vuole ‘buttarsi nella mischia, avrà da scegliere tra stage (perché non ha esperienza) sottopagati, laddove pagati, o del tutto free, contratti a progetto dove non ti è' permesso ammalarti, contratti a breve termine’. Questo è frustrante per la famiglia, che ha fatto sacrifici che un laureato ‘vorrebbe ripagare non solo economicamente ma anche umanamente’. Per Martina (22 anni) “le parole del Ministro hanno un senso ben preciso che in pochi potrebbero criticare: in una società in crisi (crisi prima etica e morale e poi economica) l'unica soluzione è quella del darsi da fare. Le generazioni che ci hanno preceduto hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità e noi purtroppo ne stiamo pagando il prezzo. Ma dal momento che si tratta del nostro futuro, solo noi possiamo impegnarci per realizzarlo al meglio”. Ma anche lei, poi, manifesta le sue dolorose considerazioni: “la fatica che noi ventenni siamo disposti a sopportare deve essere ripagata da un'adeguata remunerazione e da un'adeguata prospettiva di crescita”. Si scaglia contro l’immobilismo del sistema, per cui una giovane laureanda come lei, ‘figlia di un'impiegata’, difficilmente arriverà ‘ai piani alti’. E poi c’è Andrea (19 anni), che sembra offrire una spalla alla Fornero, ammettendo che “una gran parte dei miei coetanei è in cerca esclusivamente del 'lavoro della vita'. Quasi nessuno di loro ha più intenzione di fare dei lavori di 'basso livello', i quali, comunque, anche se poco redditizi ti aprono gli occhi a quella che è la vita reale”, ma precisa che “ovviamente non si può generalizzare” e conclude anche lui con un “mi sento offeso per aver ricevuto una tale critica poiché non tutti siamo dei 'choosy', e nessuno ci difende quando il mercato ci sfrutta. A parer mio non credo che un ministro possa esprimere 'pesanti' giudizi omologando il singolo a una massa, quando nello specifico la realtà è così variegata di situazioni al di fuori della norma”.
È corretto, dunque, sostenere che essere ‘schizzinosi’ nella ricerca di un lavoro è un lusso che, allo stato attuale delle cose, i giovani non possono permettersi di sostenere. In tempi di magra si tira la cinghia. Chi ha realmente bisogno si adatta. Questa è la regola generale, sempre valida. “Lo dico sempre ai miei studenti: è meglio prendere la prima offerta di lavoro che capita e poi, da dentro, guardarsi intorno, non si può più aspettare il posto di lavoro ideale, bisogna mettersi in gioco”. Fornero dixit. Nel dopoguerra tanti ragazzi si sono (ri)adattati a tutto, e lentamente sono riusciti a risalire la china. Altri tempi, si dirà. E infatti sarebbe errato fare paragoni. C’era un diverso tessuto sociale. Oggi tutto è molto più complesso, c’è una dilagante assenza di regole, occorrerebbero nuove soluzioni, perché non sempre può bastare quel ‘rimboccarsi le maniche’. In questo senso le opinioni dei contrariati che abbiamo raccolto hanno pienamente ragione. In tutto il Paese c’è una moltitudine di giovani laureati, con ottimi voti, con più livelli di specializzazione e tanta voglia di inserirsi nel mondo del lavoro, ma la domanda manca. Si è costretti ad arrangiarsi con lavori di fortuna, per poche centinaia di euro al mese. Chi è emigrato per poi rientrare, sperando che l’esperienza all’estero possa contare di più, ottiene semmai una maggiore delusione. Gli incentivi per l’imprenditoria giovanile ci sono, ma poi le maglie della burocrazia rallentano gli entusiasmi e frantumano sogni ancor prima che nascano. Le formule contrattuali atipiche (a progetto, intermittenza, tirocini, le partite iva, ecc…) offrono solo un assaggio del mondo del lavoro, producendo, alla fine, vantaggi fiscali per le aziende, regalando anni di incertezze ai giovani ‘precari’.
Le parole della Fornero denotano una buona fede ("mi hanno frainteso”, ha dichiarato, come se cadesse dalle nuvole e non cogliesse l’effetto dinamite sotteso) inammissibile di fronte alla realtà dei fatti. Un mercato nel quale ragazzi dotati di conoscenze, di titoli di studio, di voglia di fare, ma privi di esperienza qualificata da inserire nei curricula, restano bloccati in un sistema privo di ascensore sociale. è normale che quelle frasi, per quanto condivisibili in linea generale, abbiano suscitato le ire di una larga fetta della popolazione giovanile, adirata e al contempo delusa. Negli ultimi anni sono state anche troppe le sentenze fatte cadere dall’alto. Vi ricordate i ‘bamboccioni’ di Padoa-Schioppa o ‘la vergogna dell’Italia di Brunetta? Forse sarebbe ora che chi ci governa la smetta di declinare sui cittadini le proprie responsabilità. Basta ragionare per luoghi comuni. Verrebbe da chiedere: ministro, ma se davvero lei avesse ragione, come mai chi ha accettato e accetta di lavorare per 300 € al mese svolgendo mansioni inutili per costruire un curriculum, poi non riesce a compiere nessun salto in avanti nella scala sociale? Il laureato in filosofia che consegna pizze quale mobilità può intravedere, a parte quella stradale battuta con il suo ‘cinquantino’ che forse non rispetta più neanche le ultime normative europee e non potrebbe circolare nelle ‘domeniche ecologiche’ promosse da molte città italiane? Possibile che non si voglia ammettere che siamo pieni di giovani che cercano di sbarcare il lunario, che si accontentano di un lavoro qualsiasi, pur cercando di meglio, che aspirano, almeno all’inizio e giustamente, a un lavoro più consono al percorso di studi. La ‘generazione choosy’ è da anni avvezza a enormi difficoltà occupazionali. Esiste un 35,9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni che non ha un lavoro (Fonte: Istat http://www.istat.it/it/archivio/60542). In sostanza uno su tre è disoccupato (sono esclusi i giovani che non cercano lavoro, per esempio chi studia e basta). Molti, non avendo scelte, si sono adattati, senza neanche lamentarsi troppo. Chi si laurea vorrebbe un sistema in cui potersela giocare, in grado di valorizzare le idee. Anche perché negli ultimi vent’anni si è continuato a sostenere che la laurea era importante. E ora ci rendiamo conto che abbiamo accumulato negli anni troppi laureati e pochi carpentieri. La Coldiretti, in occasione dell’apertura nei giorni scorsi del Salone del Gusto di Torino, ha annunciato che entro il 2015 ci saranno ben 100.000 (centomila) posti di lavoro legati ai nuovi mestieri del gusto. Si va dal sommelier della frutta all’affinatore di formaggi (http://www2.coldiretti.it/News/Pagine/833---25-Ottobre-2012.aspx). Anche Unioncamere ha recentemente fornito dei dati in base ai quali altrettanti 100.000 posti di lavoro sarebbero vacanti. Quali sono? Come è possibile che non si riesca a tracciare una mappatura dei lavori che presto avranno necessità di essere ‘ringiovaniti’ con nuove leve. Tanto per fare un esempio: si prevede carenza di ingegneri meccanici? Spingiamo i nostri ragazzi a iscriversi nella facoltà giusta. Abbiamo penuria di stampatori, imbianchini, montatori, calzolai, idraulici specializzati, chimici o fisici? Perché non indicare in quali settori è preferibile tentare di inserirsi. Nessuno se ne starebbe con le mani in mano. Si studierebbe con un vero obiettivo. È questo che ci aspettiamo da un ministro, non le ammonizioni. Perché a quelle ci pensano le madri. Quelle vere. Loro sì choosy, esigenti.
Schizzinosi senza sofismi
Choosy: la parola sta rimbalzando in rete come una palla pazza. Chi ne ignorava il significato – in molti, c’è da scommettere – ora ne ha assunto piena consapevolezza. Su tutti i media il riferimento in italiano è stato ‘schizzinoso’, il che è sicuramente corretto. Google translate docet. Ora, schizzinoso è colui ‘Che ha gusti eccessivamente difficili, esigenti, ricercati’ (http://www.treccani.it/vocabolario/schizzinoso/). Normalmente è usato con valore dispregiativo. Pertanto, dare a qualcuno dello schizzinoso non è propriamente un complimento. Se volessimo usare un sinonimo? La scelta è ampia: ‘difficile’, ‘esigente’, ‘sofistico’, ‘delicato’, ‘capriccioso’, ‘pretenzioso’ e via dicendo. Ma se definiamo il nostro direttore di giornale come una persona esigente, probabilmente non se ne risentirebbe per nulla, anzi. Diversamente, se lo apostrofassi come ‘schizzinoso’ mi farebbe scrivere trenta volte almeno una decina di recensioni differenti de ‘La corazzata Potëmkin’. E, in tal caso, sì che dovrei essere ‘choosy’, nel senso di ‘sofistico’, ‘pretenzioso’ nella scelta dei termini e delle espressioni, per ripetere trecento volte la stessa ‘solfa’. E sarei anche ‘esigente’ con me stesso. La ‘morale’ è questa: a ognuno il termine più consono. Steve Jobs consegnava alla sua enorme platea di uditori la chiave per aprire le porte del successo, consigliando: ‘Stay hungry, stay choosy’. Ecco, qui ‘choosy’ suonava correttamente come ‘esigenti’. Ragazzi, capito? Siate ‘esigenti’ e mantenetevi tali! Suona un po’ come: ‘se avete un sogno, inseguitelo, non smettete mai di perseguirlo’ e varianti sul genere. Un giovane che si affaccia sul mercato del lavoro come fa a non essere ‘choosy’, nel senso di ‘selettivo’, ‘esigente’, pieno di aspettative? E proprio in considerazione della crisi in cui vive, nonostante tutto, se mantiene certe ‘pretese’ sarebbe persino da lodare. Perché è giusto essere ‘schizzinosi’, magari senza troppi sofismi. Ognuno deve essere messo nelle condizioni di tentare la propria strada. Non crederemo mai che il ministro Fornero intenda spegnere i sogni di tanti giovani ancora non stabilmente occupati. Forse, spinta da un eccessivo realismo, si è sentita in dovere di dire, come una madre di famiglia: “Cari figliuoli, se volete lavorare, rimboccatevi le maniche”. Sacrosanto. Viene da chiedere una cosa: ma Silvia Deaglio, 37 anni, laurea in medicina a 24, professore associato di Genetica medica all’università di Torino (e ci fermiamo qui) avrà seguito i consigli della ‘mamma ministro’? A giudicare dai risultati finora ottenuti si è accontentata e non è stata per niente ‘esigente’. Fornero docet. G.M.M.
Selettivi senza sofismi
Choosy: la parola sta rimbalzando in rete come una palla pazza. Chi ne ignorava il significato – in molti, c’è da scommettere – ora ne ha assunto piena consapevolezza. Su tutti i media il riferimento in italiano è stato ‘schizzinoso’, il che è sicuramente corretto. Google translate docet. Ora, schizzinoso è colui ‘Che ha gusti eccessivamente difficili, esigenti, ricercati’ (http://www.treccani.it/vocabolario/schizzinoso/). Normalmente è usato con valore dispregiativo. Pertanto, dare a qualcuno dello schizzinoso non è propriamente un complimento. Se volessimo usare un sinonimo? La scelta è ampia: ‘difficile’, ‘esigente’, ‘sofistico’, ‘delicato’, ‘capriccioso’, ‘pretenzioso’ e via dicendo. Ma se definiamo il nostro direttore di giornale come una persona esigente, probabilmente non se ne risentirebbe per nulla, anzi. Diversamente, se lo apostrofassi come ‘schizzinoso’ mi farebbe scrivere trenta volte almeno una decina di recensioni differenti de ‘La corazzata Potëmkin’. E, in tal caso, sì che dovrei essere ‘choosy’, nel senso di ‘sofistico’, ‘pretenzioso’ nella scelta dei termini e delle espressioni, per ripetere trecento volte la stessa ‘solfa’. E sarei anche ‘esigente’ con me stesso. La ‘morale’ è questa: a ognuno il termine più consono. Steve Jobs consegnava alla sua enorme platea di uditori la chiave per aprire le porte del successo, consigliando: ‘Stay hungry, stay choosy’. Ecco, qui ‘choosy’ suonava correttamente come ‘esigenti’. Ragazzi, capito? Siate ‘esigenti’ e mantenetevi tali! Suona un po’ come: ‘se avete un sogno, inseguitelo, non smettete mai di perseguirlo’ e varianti sul genere. Un giovane che si affaccia sul mercato del lavoro come fa a non essere ‘choosy’, nel senso di ‘selettivo’, ‘esigente’, pieno di aspettative? E proprio in considerazione della crisi in cui vive, nonostante tutto, se mantiene certe ‘pretese’ sarebbe persino da lodare. Perché è giusto essere ‘schizzinosi’, magari senza troppi sofismi. Ognuno deve essere messo nelle condizioni di tentare la propria strada. Non crederemo mai che il ministro Fornero intenda spegnere i sogni di tanti giovani ancora non stabilmente occupati. Forse, spinta da un eccessivo realismo, si è sentita in dovere di dire, come una madre di famiglia: “Cari figliuoli, se volete lavorare, rimboccatevi le maniche”. Sacrosanto. Viene da chiedere una cosa: ma Silvia Deaglio, 37 anni, laurea in medicina a 24, professore associato di Genetica medica all’università di Torino (e ci fermiamo qui) avrà seguito i consigli della ‘mamma ministro’? A giudicare dai risultati finora ottenuti si è accontentata e non è stata per niente ‘esigente’. Fornero docet. G.M.M.
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