E’ il ritratto della gioventù odierna, assalita dall’incapacità di decidere, capirsi, conoscersi e sapere quali sono i propri desideri: un sintomo chiarissimo di una generazione sconnessa, costretta a vagare nel disagio senza meta alcuna
Gira da quest’estate tra le sale cinematografiche d’Italia il film d’esordio di Filippo Barbagallo: 'Troppo Azzurro', scritto, diretto e interpretato dal giovane e promettente regista romano. La pellicola è stata presentata per prima volta nella 18esima edizione della Festa del cinema di Roma, occasione nella quale, anche l’eccelso Nanni Moretti lo ha adottato per la programmazione del suo Nuovo Sacher.
In 'Troppo Azzurro', il protagonista, Dario, interpretato da Barbagallo, ci avverte: “Il monito è: pure gli imbranati si dessero una regolata”. Il personaggio infatti, imbranato e spaesato, si pietrifica senza mai riuscire a decidere nulla. Inconsapevole, indeciso, incapace di capire le sue emozioni, perché sopraffatto da ansie e paure. Per la serie: “Ci sei o ci fai”? È il ritratto di una gioventù odierna, di molti millenials ormai non più così giovani. Assaliti dall’incapacità di decidere, di capirsi, di conoscersi e di sapere quali sono i propri desideri. Un sintomo chiarissimo di qualcosa che oggi è diventata la normalità: essere sconnessi, mentre si vaga nel disagio senza meta alcuna. Una condizione, in fin dei conti, più normale che anomala. Ma è proprio per questo che il protagonista perde tutto: non decidere porta alla sconfitta. Così si vive giorno dopo giorno la propria giovinezza, come in questo film o in modo opposto: alla fine, il risultato è sempre lo stesso.
Nessuno ci racconta che, mentre diventiamo grandi, le azioni incompiute ci vanno svuotando. Una parte di noi viene decapitata e, con essa, sopraggiunge una sorta di tristezza. La vita ci passa di fronte agli occhi incompleta, in un certo senso. E, da grandi, ci ritroviamo a fare i conti con la realtà. Forse, non possiamo essere chi avremmo voluto; forse, non ci abbiamo provato abbastanza; forse, la paura ci ha bloccati a tal punto da rinunciare a tutto, senza nemmeno rendercene conto. La questione è che, come dicono in molti: “Un giorno ti svegli e sei invecchiato”. Per questo tocca darsi una svegliata. Pensieri profondi, che vengono affrontati in sottofondo nel film, senza afflizione, regalandoci piuttosto delle risate che ci permettono di sdrammatizzare e di sorridere un po’ anche delle nostre circostanze post-adolescenziali. Il film, tuttavia, è malinconico: quella malinconia che un po' ci piace, che si trasmette nei colori, nelle immagini, nei modi di parlare. Ci parla di una Italia moderna, ma riadattata. Senza smartphone, come spesso accade per non spezzare l’incantesimo di una vita romantica, che prende le distanze dalla tecnologia. E gli attori sono splendidi, giovani, persone vere. Come 'ciliegina sulla torta', la musica, curata dai mitici PopX. I suoni strumentali del singolare Davide Paluzza e del suo gruppo di Trento creano un inaspettato movimento nel succedersi delle scene, nonostante l’incertezza, accompagnando le risate del pubblico. Come dice lo stesso Barbagallo: “Tutto è già faticoso e, per certi versi, triste. Se il cinema, ogni tanto, ti può rinfrancare un po’ è bello e rende le cose più tollerabili. Giustamente, a volte la gente non ha voglia di ridere. Però, quando si può, è una buona cosa”.