È assolutamente vero come l’attuale situazione di ‘stallo’ dipenda da una classe politica non all’altezza della situazione complessiva, anche a sinistra. Enrico Berlinguer non avrebbe mai tollerato di lasciare il Paese privo di un Governo, persino a lui spiacente. E lo stesso Bettino Craxi avrebbe senza dubbio concesso un voto di fiducia anche a un esecutivo imperniato su una formula non amata, o in voga in una determinata fase politica, come accadde nella legislatura 1976 - ’79 della cosiddetta “solidarietà nazionale”. Fermo restando come Craxi avesse pienamente ragione allorquando faceva notare che “una solidarietà nazionale senza solidarietà” non sarebbe andata “molto lontana”, a questo punto qualcuno la ‘testa’ dovrà pur ‘chinarla’. Almeno al fine di mostrare un preciso senso di responsabilità istituzionale, che potrebbe essere riconosciuto - e persino premiato, in futuro - dai cittadini. Le forze politiche debbono, dunque, provare a fare un passo indietro. Tutte quante, ognuna per la propria parte. Innanzitutto, il Partito democratico dovrebbe acconsentire alla nascita di un Governo ‘costituente’ e, al contempo, industriarsi una buona volta a comprendere dove abbia ‘toppato’ la propria recente campagna elettorale. Sarà anche vero che molta della ‘colpa’ di un risultato piuttosto deludente risieda nell’attuale legge elettorale, la quale distribuisce in maniera geograficamente poco equilibrata i seggi regionali da assegnare al Senato. Tuttavia, non può non lasciare interdetti come, sin dalle elezioni politiche del 2006, questi famosi ‘sherpa’ del Pd continuino a sbagliare molte delle loro previsioni di assegnazione, nonostante i ripetuti avvertimenti. E come, nella ‘tornata’ del 24 e 25 febbraio ultimo scorso, le sconfitte in Puglia e in Campania abbiano sollevato più di qualche perplessità. Il Popolo delle Libertà, per parte sua, deve mettersi l’anima in pace e chiudere l’epoca ‘berlusconiana’, destinata comunque a risolversi presto, che piaccia o meno. Per chi ancora non lo avesse capito, questa è la principale delle questioni in ‘ballo’. Berlusconi in persona ne è pienamente consapevole, a riprova del modo vergognoso con cui si continua a mobilitare un intero Partito non nell’interesse degli italiani o in base a una specifica rivendicazione civile, ma esclusivamente in favore di un uomo solo. Il ‘nodo’ in questione non è tanto quello della cosiddetta ineleggibilità - formalmente, Berlusconi si è ‘spogliato’, già da svariato tempo, di ogni carica aziendale precedente agli incarichi politici ricoperti in questi ultimi decenni - ma semplicemente il fatto che si tratta di un personaggio che ha diviso l’opinione pubblica sino alle fondamenta, che ha governato senza mai approfondire alcun tipo di analisi sociale in grado di attenuare le ricadute negative, in termini di economia reale, dei provvedimenti decisi dai Governi da lui presieduti. Tutte cose che una larga parte del popolo italiano, soprattutto quello composto dai tanti stucchevoli commissari tecnici della nazionale di calcio, non ha mai voluto minimamente comprendere, a causa della stravagante tendenza a innamorarsi, cattolicissimamente, del solito ‘santo di turno’. In questo momento, per esempio, va di moda Matteo Renzi, un esponente che dichiara di voler sconfiggere Berlusconi politicamente, anziché avvantaggiarsi dai suoi ‘guai’ giudiziari. Peccato, però, che questo simpatico sindaco di Firenze abbia negato, nell’estate del 2011, l’intitolazione di una strada a Bettino Craxi, dimostrando non solo la consueta incoerenza italiana tra garantismo opportunista e giustizialismo moralistico, ma di non voler minimamente approfondire una questione che pesa come un macigno sulle vicende della vita politica italiana, di ieri e di oggi. Comunque sia, abbandonando ora lo ‘specchietto-Renzi’, nel giro di pochi mesi il parlamento si vedrà recapitare una richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ‘neosenatore’ Silvio Berlusconi. Un’istanza che, come conseguenza più concreta, renderà definitivamente esecutiva la sua interdizione dai pubblici uffici, costringendolo ad abbandonare la scena politica. Dunque, ineleggibilità o meno, la questione dovrebbe risolversi da sé. Ma c’è un evento che potrebbe, per l’ennesima volta, ‘salvare’ questa sorta di ‘Gianburrasca’ dei giorni nostri: l’elezione di un presidente della Repubblica ‘vicino’ al centrodestra. Il vero ‘pomo della discordia’ è questo: Berlusconi vuole un capo dello Stato “moderato”, lestamente pronto a firmare un provvedimento di grazia in suo favore, dopo che, negli scorsi anni, il centrodestra ha avuto il coraggio di negare il medesimo provvedimento, per motivi puramente tattici - nonché giuridicamente inconsistenti - ad Adriano Sofri, il quale ha dovuto scontare una lunga pena detentiva per aver condotto, alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, una campagna di stampa nel merito del misterioso omicidio dell’anarchico Pinelli, avvenuto a Milano immediatamente dopo una cruentissima strage compiuta dalle destre, con la complicità dei servizi segreti di allora e imputata alle sinistre: ma tu guarda quanta ‘bella merda’ salta fuori! Oltre a tutto ciò, superando il solito ‘casino’ relativo a Berlusconi, sarebbe buona cosa se questo ‘caspita’ di Pdl cominciasse a predisporre quelle consultazioni interne che, ormai da svariato tempo, gli vengono da più parti suggerite, al fine di selezionare un nuovo ceto dirigente se possibile ben diverso rispetto all’attuale, stracolmo di esponenti di dubbio spessore o selezionati in base a criteri non del tutto oggettivi. Passiamo ora alla formazione denominata: ‘Scelta civica’. Essa dovrebbe decidersi a comprendere come il proprio esperimento, per certi versi interessante, sia andato ‘maluccio’. Non si chiede l'abbandono totale del disegno in sé - per una volta è stato possibile presentare all’elettorato del campo moderato un progetto politico discretamente definito - bensì di prendere atto che, senza una risoluzione definitiva della parabola ‘berlusconiana’ e senza uno sforzo di elaborazione maggiormente di prospettiva, da far maturare secondo ‘tempistiche’ di medio periodo, questa nuova compagine si ritrovi obbligata a inoltrarsi sui terreni socialmente più ‘accidiosi’ della società italiana, al fine di inglobarne e contemperarne l’ipocrita incoerenza di fondo. Infine, veniamo al signor Grillo: l’intuizione della nascita di un movimento in ‘rete’ - dal ‘basso’ si sarebbe detto un tempo - rappresenta un’illuminazione che dobbiamo certamente riconoscere a questo ingegnoso comico genovese. Ma la mancata accettazione di alcune forme procedurali della democrazia parlamentare ha richiamato alla mente un antico vizio ‘massimalista’ della sinistra più ‘anarcoide’, che già tanti danni ha causato, in passato, all’universo della cultura progressista italiana. Il voler cambiare l’intero modello di sistema attraverso atti instaurativi dalla natura ‘rivoluzionaria’ rischia di produrre gravi errori, costringendo l’intera sinistra italiana a nuovi decenni di debolezza. La situazione creata da Grillo e dal suo M5S rappresenta un vero ‘peccato’, politicamente parlando, poiché per l’ennesima volta si rischia di perdere una ‘buona occasione’. Soprattutto, per un certo ‘mondo laico’ che attende da tempo la possibilità di dare il via a una serie di riforme in favore di numerose categorie di cittadini, tradizionalmente discriminati sotto il profilo dei diritti civili e delle libertà pubbliche. L’obiettivo, che personalmente speravo si riuscisse a cogliere almeno questa volta, sarebbe infatti quello di divertirsi a vedere, finalmente, qualche ‘muso lungo’ da parte del mondo cattolico, magari assistendo a cortei di vescovi, sacerdoti e suore costretti a scendere in ‘piazza’ per protestare, come accaduto in altre parti d’Europa. Ripeto: era veramente - e lo sarebbe ancora - un’ottima occasione per starcene noi, per una volta, tutti a casa a guardare la televisione e a farci un mucchio di risate per le assurdità che il ‘bigottismo’ italiano è capace di diffondere, utilizzando la cassa di risonanza dei tanti nostri ‘impiegati’ del mondo dell’informazione. Le risate andrebbero ‘sprecate’. Ma anche questa volta, temo che le cose non andranno così. E l’Italia tutta continuerà a rimanere immersa nel suo eterno medio evo: peccato.