Il ‘grillismo’ non è affatto paragonabile alla virulenza priva di contenuti del ‘leghismo padano’, come sostiene Michele Serra dalle pagine di Repubblica. Uno sfoggio di assurdo ‘strabismo’ che dimostra in pieno come il giornalismo ‘ufficiale’ non abbia saputo fare, fino in fondo, il proprio mestiere.
Contesto vivamente il retorico ‘perbenismo’, da comunista-borghese dei quartieri ‘alti’, espresso da Michele Serra nella sua ‘amaca’ pubblicata da ‘Repubblica’ lo scorso 24 maggio, relativa al ‘linguaggio’ di Beppe Grillo paragonato alla virulenza priva di contenuti del ‘leghismo padano’. Chi conosce realmente gli ambienti della politica sa bene quanto il sistema, in questi anni, sia rimasto ‘avvitato’ attorno ad arroganze, deliri di onnipotenza, astrattismi totalmente ingiustificati rispetto alla rispettabilissima autorevolezza che, per lo meno, sapevano dimostrare esponenti del passato come Enrico Berlinguer, Bettino Craxi, Aldo Moro o lo stesso Giorgio Almirante. Il ‘grillismo’ non è affatto privo di contenuti, come invece lo sono stati i numerosi ‘movimentismi’ politici degli ultimi decenni. E non è in alcun modo paragonabile alla demagogia xenofoba della Lega Nord. Anzi, il Movimento 5 stelle si fa portatore di un’esigenza di ‘contropoteri di controllo’ all’interno della società italiana, andando incontro a una domanda della popolazione ormai stanca di subire abusi e prepotenze di svariato genere e tipo: dai ‘bollettoni’ ingiustificati, alle molteplici truffe legalizzate che hanno vessato l’intera cittadinanza. Evidentemente, il collega Michele Serra non è ancora molto consapevole di come sarebbe ormai giunto il momento di mettere veramente le ‘mani addosso’ a qualcuno, in numerosi ambienti e settori. Il suo ‘buonismo’, puramente formale, da ‘leninista dei Parioli’, dimostra in pieno come il giornalismo ‘ufficiale’ non abbia saputo fare, fino in fondo, il proprio mestiere. Anche negli ambiti delle professionalità di ‘fiancheggiamento’, infatti, la sinistra riformista italiana dovrebbe proprio decidersi a darsi una bella ‘rinfrescata’, poiché non è possibile andare avanti con questo assurdo ‘strabismo’ in cui, all’interno di una nota di 30 righe, si continuano a esporre tesi che si aggrovigliano a tal punto da arrivare a contraddire totalmente il proprio ‘attacco’ introduttivo. Ed è per questo motivo che, ogni tanto, sono costretto ad andare a leggere i colleghi ‘berlusconiani’, i quali talvolta riescono a fornire indicazioni dirette, esplicite, senza troppi ‘giri di valzer’. Come per esempio il direttore di ‘Panorama’, Giorgio Mulè, che in un recente editoriale ha denunciato gli sprechi, economici ma soprattutto temporali, della magistratura ordinaria dello Stato allorquando decide di andare a riesumare il cadavere di De Pedis o quello di Salvatore Giuliano sulla base di ‘soffiate’ assolutamente infondate, totalmente imperniate su dicerie anonime, populiste, di corridoio. Una magistratura che spreca tempo e denaro per compiere indagini fondate sui “si dice” fa pienamente il paio con un giornalismo che non verifica più un ‘piffero’ da almeno 20 anni e che è stato capace di ‘schiaffare’ in pagina ‘la qualsiasi’, persino che il basilico fosse cancerogeno o che i polli ‘nostrani’ potessero trasmettere l’aviaria: tutte emerite stupidaggini! Noi non veniamo solo da vent’anni di volgarità ‘leghiste’, caro Serra, ma anche da un bipolarismo che ogni sera ci ha letteralmente ‘fracassato i coglioni’ per televisione e, ogni mattina, sui giornali. Alla politica italiana serve dunque una bella ‘svegliata’, una controspinta ‘da sinistra’ in grado di rimettere molte cose al loro posto. A cominciare dal fondamentale ruolo di equilibrio dell’area laica italiana, allo stato innaturalmente schiacciata tra i due ‘Partiti-pachiderma’, Pd e Pdl. Gli sconfitti delle elezioni amministrative di questa primavera 2012 non sono solamente la Lega Nord e il Popolo delle Libertà: anche il Pd continua a rimanere pervicacemente convinto che il viatico migliore per la sua futura affermazione sia il vecchio metodo del congelamento dei dualismi e delle ‘mezze verità’. Ma questo Paese, nella fase che stiamo attraversando, ha invece un gran bisogno di una ventata d’aria fresca, di un ricambio generazionale autentico, di quel balzo in avanti che la Lega Nord sembrava promettere, in passato, ma che poi non ha saputo interpretare, limitandosi a propinare slogan propagandistici buoni solo per prendere qualche voto in più tra la piccola borghesia rurale e i ceti urbani protestatari del nord d’Italia. E’ infatti la mentalità di fondo quella che dovrebbe assolutamente cambiare: basta con le solite ‘teorie della sottrazione’ da ogni genere di responsabilità; basta con il formalismo ‘vuoto’ e parolaio delle mere apparenze; basta con le affiliazioni feudali destinate a correre in soccorso solamente agli ‘amici’, o agli ‘amici degli amici’, a discapito di ogni sana competenza professionale. La mia personale posizione è parzialmente a favore del movimento dei ‘grillini’, benché fondata su motivazioni di natura freddamente ‘tattica’, tesa cioè a rinverdire e a rilanciare quel ruolo di serietà e di avvedutezza ‘laica’ della politica nei confronti di un forte movimento ‘libertario’ non più costretto in quella terribile ‘camicia di forza ideologica’ che imprigionava, a suo tempo, il Pci. L’indicazione, infatti, è sempre la stessa: quella di una sinistra più ‘snella’, consapevole del proprio ruolo di suggerimento e di ispirazione dei cambiamenti da introdurre, che sappia altresì confrontarsi con una rinnovata cultura laico-riformista dialogante, ma non per questo cedevole o subalterna, nei confronti di un universo giovanile che dimostra una drammatica necessità di nuovi punti di riferimento politici, educativi, sociali. Dobbiamo perciò deciderci ad approcciare un simile confronto con animo sereno e fermo, ma non pregiudizievole, se veramente vogliamo archiviare lo stucchevole conservatorismo ‘all’italiana’ del ‘berlusconismo’, il quale non ha saputo minimamente comprendere né i limiti culturali dei propri spunti ‘nazionalistici’, né sviluppare quelle grandi potenzialità liberalpopolari che, sino a un certo punto, gli si ponevano di fronte. Il centrodestra italiano, così com’è oggi, ha ormai definitivamente svolto il proprio ruolo ventennale: il ‘berlusconismo’ è definitivamente trascorso. Pertanto, è giunto il momento che il fronte moderato italiano si riorganizzi, che ricostruisca attorno a sé quella futura generazione di governo che potrà riportarlo, un giorno, alla vittoria. Nella speranza, magari, di vedere alla sua testa una donna scaltra e coriacea come fu, per il Regno Unito, la signora Margaret Thatcher, di recente ‘riabilitata’ da un film – ‘The iron lady’ - che ha portato la grandissima Merryl Streep a vincere l’ennesimo Oscar come migliore attrice protagonista. Una pellicola, tra l’altro, più umana che politica, che ha lanciato un sincero ‘grido di allarme’ nei confronti di una donna, la signora Thatcher, la quale sta vivendo i suoi ultimi anni di vita totalmente abbandonata tra i propri fantasmi, dopo essere riuscita a dare del filo da torcere, con onestà e autorevolezza, a tutta la cultura progressista mondiale e, al contempo, a non chinare la testa di fronte all’arroganza propagandista del fascismo argentino nel corso della crisi delle isole Falkland. Tornando a noi, è un centrodestra liberale ciò di cui questo Paese avrebbe veramente bisogno, capace di esprimere una cultura conservatrice che, tuttavia, sappia distinguere ciò che deve, per l’appunto, conservare, rispetto a quel che può tranquillamente mandare ‘in soffitta’, rifuggendo dall’orribile qualunquismo riassumibile nella massima: “Ognuno pensi ai fatti suoi…”. Ma nell’attesa di questo nuovo centrodestra, è fuor di discussione che anche il fronte progressista debba decidersi a cambiare, proprio al fine di non lasciarsi sorprendere da quei pericoli che potrebbero derivare dalla scarsa esperienza di questi ‘baldi giovani’ che stanno emergendo sia sul fronte ‘grillino’, sia su quello ‘vendoliano’. Movimenti, questi ultimi, i quali stanno dimostrando un certo coraggio nel riuscire a presentare, sul palcoscenico della politica, ‘facce nuove’, ‘fresche’, ‘pulite’. Questo è ciò che dovrebbe decidersi a fare anche l’area laica italiana, a cominciare dal Psi di Riccardo Nencini, dai Radicali italiani, dalle nuove ‘velleità unitarie’ di quel che resta dell’antico mondo liberale. In ogni caso, a sinistra la questione principale rimane quella di un Pd colpevolmente ‘autoisolatosi’ nella propria non comprensione del fallimentare schematismo bipolarista italiano. All’Italia, oggi, occorrerebbe una grande formazione socialdemocratica capace di svolgere una funzione di contenimento - quando necessario - degli estremismi, delle suggestioni ingenue, dell’inesperienza astratta. Ma tale processo è stato ‘zavorrato’, in questi ultimi anni, proprio dal ceto politico e dall’impostazione burocratica del Pd, un Partito che ha scientemente deciso di compromettersi fino al collo con la seconda Repubblica e la sua ‘inconcludenza truffaldina’. Le ultime ‘carte’ che questa indistinta forza democratica può ancora giocarsi rimangono quelle della promozione di uno sviluppo tangibile dell’intera area progressista italiana, prendendo seriamente in considerazione temi e questioni già da tempo affrontate e risolte negli altri Paesi occidentali: dal divorzio breve al testamento biologico, dalle unioni civili al rilancio di una nuova cultura dell’imprenditorialità giovanile, in grado di riassorbire, almeno parzialmente, il nostro cronico tasso di disoccupazione interna. Per non parlare della questione relativa alla criminalità organizzata, dai suoi livelli più bassi alle sue ‘cupole’ strategiche di pianificazione del male: un ‘macigno’ di inciviltà giuridica e morale che continua a pesare sul Mezzogiorno in quanto autentica ‘causa storica’ della squilibratissima crescita economica avutasi nel nostro Paese. Si tratta di un problema da affrontare ‘di petto’, attraverso una campagna politica durissima, che vada a cercare mafiosi, camorristi, cosche e ‘capiclan’ comune per comune, strada per strada, vicolo per vicolo, metro per metro. Ma un Pd fortemente ‘complessato’ dall’antiberlusconismo e che continua a presentare i medesimi leader degli anni ’90 del secolo scorso non sembra minimamente in grado di condurre battaglie civili di questo genere. A meno che non sia esattamente questo il ‘parossismo’ individuato al fine di giungere alla vittoria nel 2013: puntare tutto su un’apparente inefficacia politica, in modo da rassicurare le svariate ‘borghesie mafiose’ che soffocano da decenni la società italiana. Un ‘trucco’ tutto democristiano, strategicamente finalizzato a una promessa di mantenimento dello ‘status quo’ sociale, piuttosto che alla risoluzione integrale di questioni e problemi. E che non è affatto certo possa ‘funzionare’…