Nuova udienza lampo per il caso Patrick Zaki a Mansura (Egitto): mentre la prima data del processo slitta al 7 dicembre, diverse città italiane si stanno mobilitando per chiedere la scarcerazione del giovane studente universitario egiziano
Martedì 28 settembre nella città di Mansoura, in Egitto, si è svolta la seconda 'udienza-lampo' per il caso di Patrick Zaki, lo studente egiziano arrestato all’aeroporto de Il Cairo nel febbraio 2020. Al momento del suo arresto per motivi politici, Patrick si trovava nella capitale egiziana per una breve visita ai genitori. Lo studente, allora ventottenne, frequentava il Master Gemma dell’Università di Bologna. Dal giorno della sua incarcerazione, le unioni studentesche bolognesi e non solo, diverse organizzazioni non governative, tra cui Amnesty International, politici e attivisti italiani stanno manifestando per la liberazione del giovane studente, che rischia diversi anni di carcere se non l’ergastolo. E proprio a Bologna, in una piazza Maggiore gremita di persone, il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, ha ribadito l’urgenza di azioni concrete da parte delle istituzioni italiane: “Se le cose andranno male”, ha detto Noury, “il problema sarà politico e riguarderà Mario Draghi, che dovrà pretendere da Al-Sisi, il presidente egiziano, la grazia per Patrick”.
Un’udienza_lampo, quella del 28 settembre scorso, in cui sostanzialmente si è rimandato l’inizio del processo vero e proprio al 7 dicembre 2021. Quel giorno saranno passati quasi 22 mesi dall’arresto di Patrick, che chiede di essere liberato per poter tornare a studiare. Tra le accuse contro Zaki, vi è quella di “diffusione di false notizie fuori e dentro il Paese”, per cui sono previsti al massimo cinque anni di carcere. Mentre fino a poco tempo fa sembrava che fosse solo questo il reato contestato al giovane, uno dei legali di Patrick ha precisato che, in realtà, le altre accuse restano in piedi, vale a dire quelle di “minare la sicurezza nazionale; istigare alla protesta per il rovesciamento del regime; all’uso della violenza e al crimine terroristico”. A differenza del primo, questi reati prevedono tra i venti e i venticinque anni di carcere, se non l’ergastolo. Il motivo dell’arresto di Patrick risiede nella pubblicazione di alcuni post su Facebook e di uno scritto, risalente al 2019, in cui il ragazzo difendeva i diritti dei cristiani copti, gruppo etno-religioso di cui lo stesso Zaki fa parte.
Mentre si aspetta l’inizio del processo, a Bologna e in diverse città italiane l’allerta resta alta e si continua a scendere in piazza, per chiedere l’immediato rilascio di un prigioniero di opinione.
NELLA FOTO QUI SOPRA: PATRICK ZAKI AL CASELLO DI BOLOGNA CASALECCHIO NELL'ESTATE DEL 2019
AL CENTRO: IL PRESIDENTE EGIZIANO, AL-SISI
IN APERTURA: ATTIVISTI DI AMNESTY ITALIA PROTESTANO PER LA LIBERAZONE DELLO STUDENTE