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23 Novembre 2024

Bobo Craxi: "È stato uno smacco per la grande diplomazia del Papa. Deve riprendere il dialogo"

di Ilaria Cordì
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Bobo Craxi: "È stato uno smacco per la grande diplomazia del Papa. Deve riprendere il dialogo"

L’ennesima crisi in Medio Oriente e le centinaia di morti tra la popolazione civile della striscia di Gaza hanno riportato all’attenzione dell’opinione pubblica e della comunità internazionale una questione che sembra irrisolvibile: quella della coesistenza tra israeliani e palestinesi secondo la formula “due popoli, due Stati”. Ma quel che più ha sconcertato, questa volta, è stata l’impotenza degli apparati diplomatici internazionali, che non sono riusciti minimamente a contenere un’escalation di violenza che ha visto in campo un’ostinata e provocatoria guerriglia da parte di Hamas a cui Israele non ha saputo rispondere con altri mezzi se non quelli militari, sino ad arrivare al genocidio. Ne abbiamo discusso con l’onorevole Bobo Craxi, responsabile della politica estera del Partito socialista italiano, che per ragioni di tradizione ‘familiare’ mantiene da sempre rapporti di amicizia e di dialogo con i Paesi arabi e, in particolare, con il popolo palestinese.

Onorevole Craxi, possiamo chiedere il suo punto di vista intorno alla crisi in Medio Oriente dopo l’escalation di violenza di queste ultime settimane? Ci sono i margini di trattativa per un ‘cessate il fuoco’ stabile e definitivo, secondo lei?
“L’avvio di una nuova crisi in Terrasanta è la peggiore delle notizie che potessimo aspettarci: uno ‘smacco’ per la diplomazia avviata dal nuovo pontificato e un dramma per i nuovi equilibri palestinesi, ma anche per l’insieme dell’intera area, già devastata dalla guerra civile siriana e dalle incertezze irakene ed egiziane. Oggi, Israele ha aperto una ‘porta’ alla tregua, ma sta perseguendo un lucido disegno destabilizzante, che non promette nulla di nuovo e di buono. La pace e la sicurezza non si otterranno certamente così…”.

Quale è stata la causa più concreta di quest’ennesima crisi? La provocatoria e insistente guerriglia da parte di Hamas, oppure alcuni problemi interni del premier israeliano, Benjamin Netanyahu?
“Si è aperta, per Israele, una ‘finestra’ di opportunità, affinché si potesse evitare il superamento dello status quo. Pressioni internazionali robuste stavano condizionando la sua linea, che era di espansione, ai fini della sicurezza. Oggi, si può tornare a parlare di pace solo alle condizioni che porranno i governanti israeliani”.

Da una parte, la reazione di Israele ai razzi lanciati dalla striscia di Gaza è sembrata assolutamente sproporzionata, ma dall’altra si vocifera di un intenso traffico di armi attraverso Siria ed Egitto che avrebbe equipaggiato i guerriglieri di Hamas armandoli fino ai ‘denti’: è una giusta analisi?
“Hamas è un braccio politico e armato dell’espressione più fanatica del mondo islamico. Non bisogna dimenticare che, prima di questa sciagurata guerra, il Governo palestinese si era adoperato per superare le divisioni interne: il progetto è fallito dopo questi massacri, che sono destinati a lasciare un segno”.

A cosa può servire il cessate il fuoco chiesto dagli americani? Riuscirà a rilanciare il dialogo?
“Israele ha imboccato la strada dello sradicamento militare di Hamas, ma in questo modo commette l’ennesimo errore che fece con l’Olp: arriveranno, infatti, movimenti sempre più radicali e sempre più sostenuti dal fondamentalismo più estremo. Prepariamoci al rischio di un allargamento del conflitto: con l’occidente alle prese con le sue crisi economiche, il futuro può solo riservarci, anziché la pace e il negoziato, il ricorso all’uso della forza, che è solo distruttrice e mai risolutrice”.

Cambiando argomento, può spiegarci le vicende che hanno visto, in queste ultime settimane, il Psi dividersi al suo interno sulle riforme istituzionali proposte da Matteo Renzi?
“Abbiamo svolto, meno di un mese fa, un seminario interno incentrato su temi e problemi all’ordine del giorno: le riforme istituzionali e le leggi elettorali. Si sono sollevate numerose voci critiche e molte obiezioni fondate. Nel mondo socialista non c’è un’attitudine conservatrice o di ostilità alle riforme per ‘partito preso’: è semplicemente avanzato un certo scetticismo di fondo non tanto sulla modifica delle funzioni del Senato, quanto sulla sua fonte di legittimazione, sullo squilibrio di rapporto con l’altra Camera, che lo ridurrebbe, di fatto, a un organo dimezzato da un sistema di elezione che ne svilisce il carattere di sovranità popolare, consegnando nuovamente ai Segretari di Partito, che in questo schema sostanzialmente sarebbero solamente due, un totale arbitrio. Aggiungiamo il fatto che queste riforme non sono il risultato di un lungo lavoro di mediazione fra saggi e politica, ma il prodotto di un incontro nel retrobottega di una tipografia fiorentina. E’ stato critico il direttore de ‘l’Avanti!’, sono critici molti nostri deputati regionali e la gran parte del mondo socialista, tra i quali vi sono antichi e autorevoli dirigenti politici. Ha sollevato obiezioni il compagno senatore Buemi, il quale ha solennemente annunciato, fra gli applausi, di aver sottoscritto gli emendamenti di Vannino Chiti”.

E poi? Cos’è successo?

“Come nelle cronache del Pci degli anni ’50: “Contrordine compagni”! Alle ripetute richieste di chiarimento, Nencini ha imposto un voto praticamente ‘di fiducia’, asserendo che la materia istituzionale era nei patti di governo (d’altronde, tutto ciò che avviene a Firenze è diventato principio non negoziabile…), che Buemi avrebbe dovuto ritirare la propria firma dagli emendamenti di Vannino Chiti e che, nonostante la sua contrarietà di fondo al progetto avanzante, fosse necessario, per noi, sostenerlo. In altri termini, la sovranità del Psi non è limitata: è cessata”.

Non sarebbe il caso di convocare un Congresso straordinario del Partito, a questo punto? Magari verso la fine dell’anno?

“Sì: un Congresso di scioglimento, perché la funzione autonoma di un Partito socialista non è più sostenibile con questo quadro e questa guida politica. Avremmo una maggior funzione svolgendo un ruolo di minoranza all’interno del Pd, piuttosto che mantenere in vita abusivamente una sigla che ha un dovere morale verso la sua gloriosa Storia e che, invece, si rifiuta di svolgere una funzione autonoma degna di questo nome. Bisogna guardare in faccia alla realtà: se si abdica a svolgere un ruolo politico, tra l’altro a sostegno del tentativo di Renzi, che avrebbe tutto l’interesse a dotare la maggioranza di uno spettro di forze più ampio, le conseguenze vengono da sé. D’altronde, appare chiaro ed evidente che la mossa politica di Renzi di aderire al campo del socialismo europeo ha accresciuto il suo potere contrattuale in Europa, ma non ha affatto valorizzato il campo socialista e la sua influenza politica nel nostro Paese, in cui i socialisti restano i ‘paria’ della politica italiana”.

Lei è pessimista: quindi che intende fare?
“Setacciando nella nostra lunga Storia, gli imperativi per una riscossa politica si sprecano: non abbiamo ‘mollato’, ma di questo passo si corre dritti filati allo scioglimento: o si cambia politica, o il destino è segnato. Mi spiace per le giovani generazioni che si stanno avvicinando al Partito: non si sta lavorando per il prossimo futuro a una lista socialista, ma a una confluenza silenziosa nel Partito democratico. Nencini ne è del tutto consapevole. E le sue scelte, in tal senso, ne sono una logica conseguenza. Per quanto mi riguarda, ne dovrebbe prendere atto, oppure cambiare ‘registro’, rivedendo anche il suo ‘doppio incarico’ che, come si vede, imprigiona l’autonomia politica del Partito”.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
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