Apprezzato in tutto il mondo, il ‘marchio Italia’ è ormai identificato con il 'Belpaese': una vera ‘soft diplomacy’, la cui promozione e valorizzazione equivale a promuovere il 'sistema-Paese' nel suo complesso
Dal design alla moda, dalla nautica ai motori, dalla gioielleria all’aeronautica, i prodotti ‘Made in Italy’ sono inconfondibili per qualità e bellezza, dominando – high-tech a parte – tutti i settori. Mentre molti articoli, per diventare globali, perdono il ‘passaporto’ e diventano spesso insignificanti, un caffè, un vino, un abito o un’auto italiana si riconoscono sempre, grazie alla loro inconfondibile identità. Un punto di assoluta forza del nostro Paese, che verrà utilizzato come motore per promuovere e valorizzare l’Italia, generando anche opportunità di crescita e sviluppo. Questi gli obiettivi della recente firma del ‘Protocollo d’intesa’ che il nostro ministero degli Affari Esteri ha recentemente firmato sia con la ‘Fondazione Altagamma’, sia con ‘Fiat Chrysler Automobiles’: un ‘patto’ che risponde al tentativo italiano di ‘fare rete’, per diffondere la conoscenza della nostra cultura attraverso i nostri prodotti. Promozione e valorizzazione che si avvarranno della rete ‘diplomatico-consolare’ e degli istituiti italiani di cultura del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, insieme alla rete dei 6 mila punti vendita monomarca nel mondo e delle 115 aziende socie e partner di ‘Fondazione Altagamma’ e ‘Fca’. La formula vincente della nostra industria è l’eleganza, la raffinatezza, la qualità e l’ingegnosità, che sa abbinare forma e sostanza, bellezza e contenuto nel ‘prodotto finito’. E che sarà la ‘causa’ di un notevole aumento dei consumatori mondiali dello ‘stile italiano’, che entro il 2020 passerà, secondo le stime, dagli attuali 400 milioni a 600 milioni di persone in tutto il mondo. Ma quali saranno concretamente le iniziative possibili grazie alla firma del citato Protocollo? E da chi sarà composto questo esercito di futuri nuovi consumatori? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Illy, imprenditore e, dal 2003, presidente della ‘Fondazione Altagamma’.
Presidente Illy, la Fondazione Altagamma raggruppa più di 100 marchi italiani apprezzati in tutto il mondo: secondo lei, qual è il punto di forza dell’Italia?
“Innanzitutto, la bellezza: l’Italia è la patria della bellezza. La bellezza dei suoi prodotti è come se fosse quasi innata, poiché continuamente ispirata dalle meraviglie della natura e della nostra cultura. In secondo luogo, siamo ideatori e realizzatori dei nostri prodotti. Quindi, oltre alle capacità creative, abbiamo le filiere manifatturiere, artigianali e semi-artigianali che riescono a produrre i migliori prodotti al mondo. Lo dimostra il fatto che con le nostre manifatture formiamo molti dei nostri colleghi non italiani. Il terzo grandissimo punto di forza è che siamo il Paese con il più alto numero di settori produttivi: high-tech a parte, verso il quale, auspico una ‘rinascita’, li abbiamo tutti: moda, design, gioielleria, nautica, aeronautica, motori, bellezza, alimentare. Una ricchezza straordinaria, che si rafforza a vicenda simbioticamente e che, come dimostrano i nostri numeri – questa grande industria, insieme ai colleghi francesi, vale più del 5% del Pil mondiale – si traduce in una leadership italiana, oltre a significare un notevole contributo positivo anche per lo sviluppo del nostro Paese”.
Concretamente, la firma del Protocollo recentemente siglata con il ministero degli Affari Esteri a quali progetti darà vita? Ne esiste già qualcuno in ‘cantiere’?
“Concretamente, si tratta di attivare le collaborazioni basate sulla messa in scena di contenuti presso la rete di ambasciate e consolati di tutto il mondo, in occasione di eventi programmati. Come previsto, per esempio, in occasione della ‘settimana della cucina’, all’interno della quale, dal prossimo anno, saranno previsti una serie di ‘Eventi Altagamma’ per la conoscenza, promozione e valorizzazione dei nostri migliori marchi”.
Quali sono i Paesi in cui il prodotto italiano suscita maggior ‘appeal’?
“L’Asia è sicuramente al primo posto ed è anche la ‘piazza’ più importante, data la sua densità di popolazione. Seguono, Stati Uniti e Cina. Per quanto riguarda i prodotti di lusso, i principali consumatori al mondo sono i cinesi, che occupano il primo posto in classifica, un dato dal quale è emerso che non li comprano in casa, ma tendenzialmente quando sono in viaggio. E sono seguiti da giapponesi e americani”.
E i Paesi in cui la penetrazione sui mercati è più ardua? Quali sono e, secondo lei, per quali motivazioni?
“L’unico commento che posso fare riguarda l’India, che è un po’ ‘l’eterna promessa’: sembra sempre rappresentare un ‘covo’ di opportunità, ma poi rivela uno sviluppo più lento del previsto. Le origini di questo ‘ritardo’ potrebbero essere addebitate a questioni ‘tariffarie’, a tasse di esportazione o anche a ragioni culturali, trattandosi di una tradizione millenaria, molto radicata e probabilmente meno orientata verso quello che potrei definire: ‘consumo occidentale’. Ecco: quello è il mercato in cui si può fare di più”.
‘Luxury’ al posto di ‘lusso’: perché, secondo quanto da lei dichiarato, ‘lusso’ e ‘prodotti di lusso’ sono avvertiti, in Italia, con una connotazione negativa? Può spiegarci meglio cosa intende?
“Dagli anni ’80 del secolo scorso, la parola ‘lusso’ ha iniziato ad assumere connotati non positivi: proprio nel momento in cui politicamente si è manifestata l’avversione maggiore verso un concetto di questo tipo, effettivamente il lusso si è manifestato in una forma opulenta, di esibizione, lasciando nella parola alcuni ‘ancoraggi’ negativi che tuttora permangono. Sebbene non sia più demonizzata come una volta e sia anche destinata a essere rivalutata – è solo questione di tempo – prudentemente si preferisce ricorrere al prestito inglese ‘luxury’, che ha un significato diverso e che sta diventando più colto ed esperienziale, poiché legato al concetto di eleganza”.
Questo vuol dire che il ‘luxury’ è accessibile a tutti e non ‘per pochi’, come implicitamente rimanda la parola ‘lusso’?
“Oggi, ci sono già oltre 400 milioni di consumatori. E l’aspettativa è che di arrivi a oltre 600 milioni entro il 2020. Una crescita veramente importante, che si prospetta possa raggiungere il 10% della popolazione mondiale. Per quanto riguarda il concetto di lusso, esso è da intendersi come esperienza culturale e creativa. Ed che è ciò che stiamo cerchiamo di fare noi di ‘Altagamma’: prodotti che abbiano un contenuto di estetica, di qualità e di tradizione molto alta, ma non necessariamente esclusivi e irraggiungibili. Resta chiaro, però, che la produzione, suddividendosi in ‘segmenti’, generererà sempre anche un tipo di lusso inaccessibile”.
Chi saranno questi 200 milioni di nuovi consumatori attesi per i prossimi tre anni?
“Le ‘middle class’ in crescita nel mondo. Mi spiego meglio: siamo in un periodo in cui la lotta alla povertà sta facendo entrare in un percorso di sviluppo molti Paesi che, fino ad un decennio fa, versavano in condizioni di miseria. E ciò sta generando una ‘stratificazione sociale’ che porta a una veloce crescita di ‘middle class’. Se si va a guardare Paesi con demografie molto importanti, come la Cina o l’India, ci si rende conto che stiamo parlando di decine e decine di milioni di famiglie le quali, ogni anno, entrano in una condizione di reddito ‘medio-alto’ e che, quindi, richiedono sempre più questo prodotto di alto contenuto ‘estetico-esperenziale’, diventandone consumatori”.
NELLA FOTO: ANDREA ILLY CON IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, PAOLO GENTILONI
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