Benedetto XVI e la storia di un uomo che – a detta di molti - non doveva diventare Papa. Ma al di là delle critiche al suo pontificato Ratzinger ci indica una lettura soprattutto morale di quelle che sono le responsabilità di un leader.
Marco Politi, studioso del mondo cattolico e sperimentato vaticanista, con il suo libro "Joseph Ratzinger. Crisi di un papato" ripercorre le tappe della china regressiva su cui è scivolato il teologo Ratzinger che non è riuscito a divenire uomo di governo della Chiesa. Una ricostruzione precisa e attenta di questi anni di pontificato nel quale gli errori di comunicazione sono stati ripetuti. Tuttavia, non manca in tutto ciò, un'analisi "altra" ovvero il ritratto di un uomo concentrato sulla teologia, che crede a un cristianesimo «religione dell'amore». Un uomo sensibile, timido, caloroso e pieno di umorismo nel privato, più concentrato sui suoi studi e sull'insegnamento. Eppure, sebbene la sua grande esperienza in dottrina e teologia sia indiscussa, l’opinione pubblica avverte l’assenza di una leadership sicura. Un papa che appare alieno alle dinamiche dei fatti contingenti, spesso accusato di difettare di una piena padronanzadell’abilità politica necessaria ad un’organizzazione così vasta e complessa come la Chiesa cattolica. Il netto contrasto fra l'uomo e il Papa, fra le specificità caratteriali e i requisiti richiesti a ricoprire un ruolo così determinante non sfugge nemmeno a Benedetto XVI quando dichiara al suo biografo, Peter Seewald, "Dimettersi è un diritto e, in certe circostanze, un dovere". Al di là delle polemiche sull'ipotesi di un pontificato breve e delle possibili dimissioni di Ratzinger nella primavera del 2012 (facoltà prevista dal diritto canonico) e sulle più esplicite critiche al suo operato varrebbe la pena di sottolineare la questione morale posta dal pontefice stesso: se si capisce di non essere la persona giusta al posto giusto, se le proprie capacità – pur eccelse – non sono quelle necessarie allo svolgimento dell'incarico affidatogli è doveroso sapersi mettere da partelasciando l'incarico permettendo ad altri, più adeguati, di assolvere quel ruolo. In un Paese dove abbiamo visto e sentito di tutto, tale onestà intellettuale ce la saremmo aspettati più dalla nostra classe politica e, soprattutto, da un Premier che da ottimo imprenditore – quale indubbiamente è – non ha capito che un Paese non si può condurre come un'azienda e i cittadini non sono al pari dei dipendenti.Invece tutto ciò arriva dal Papa; personalità che in questa specifica situazione dimostra di disporre di una modernità di pensiero fulminante (il che dovrebbe far capire anche ai nostalgici dell'era wojtyliana il perché di quel rapporto speciale fra Giovanni Paolo II e l'allora Cardinale Ratzinger). Un'indicazione di metodo che sottintende che chi governa è prima di tutto al servizio e lavora soprattutto per il bene della comunità di cui è a capo. Forse è vero che Benedetto XVI non ha quelle caratteristiche di pastoralità necessarie a governare ma certo non si può dire che non sia un buon leader.

DA LEGGERE
“Joseph Ratzinger. Crisi di un papato”
Marco Politi, Laterza, pp.328, euro 18