Un incontro-scontro tra due mondi apparentemente distanti, che trovano nella loro opposizione una sintesi sorprendente: un’opera che sfida le convenzioni e invita il lettore-spettatore a immergersi in un viaggio emotivo e intellettuale
Nel panorama artistico e letterario italiano, il 2025 si apre con una pubblicazione che promette di lasciare il segno: ‘A volte’ (Segni e parole). Un progetto che unisce gli aforismi di Mauro Bianchini e le opere pittoriche di Fabrizio Molinario. Un 'incontro-scontro' tra due mondi apparentemente distanti, che trovano nella loro opposizione una sintesi sorprendente. Un dialogo tra la parola essenziale e il gesto pittorico esuberante, tra il silenzio riflessivo e l’urlo visivo. Un’opera che sfida le convenzioni e invita il lettore-spettatore a immergersi in un viaggio emotivo e intellettuale.
Mauro Bianchini è un critico d’arte e scrittore: un uomo che ha fatto della parola il suo strumento privilegiato. Vive a Castelletto Sopra Ticino, in provincia di Novara e da decenni scrive di arte moderna e contemporanea, analizzando con occhio attento e mente acuta le dinamiche del mondo artistico. I suoi aforismi, però, sono qualcosa di diverso: non sono critica, non sono analisi. Sono 'lampi' di pensiero, frammenti di verità che colpiscono dritti al cuore. Poche parole, scelte con cura chirurgica, per esprimere concetti complessi e profondi.
In ‘A volte’, i'essenziale Bianchini si rivela come un artigiano della parola, capace di scolpire frasi che risuonano nell’anima. I suoi aforismi sono come 'pietre' lanciate nello stagno della mente: creano onde di riflessione, emozione, stupore. Non c’è spazio per il superfluo: ogni termine, ribadiamo, è essenziale, ogni virgola ha un suo peso specifico. Eppure, nonostante la loro brevità, queste frasi si espandono, si moltiplicano, assumono significati diversi a seconda di chi le legge. È qui che risiede la loro forza: nella capacità di essere universali e personali allo stesso tempo.
Dall’al
tra parte del dialogo c’è Fabrizio Molinario, pittore autodidatta nato a Novara nel 1968: una figura fuori dagli schemi. Un artista che ha scelto di non seguire le vie tracciate dalle accademie, ma di creare il suo percorso personale, informato ma non condizionato dai meccanismi dell’arte contemporanea. Le sue opere sono un’esplosione di energia, un vortice di gestualità che si traduce in forme vulcaniche, primordiali, quasi arcaiche. Molinario è un pittore che non teme l’eccesso. Le sue tele sono campi di battaglia, dove il colore e la materia si scontrano, si mescolano, si fondono in un’unica entità. C’è qualcosa di selvaggio, di primitivo, nel suo lavoro: qualcosa che ricorda l’Art Brut di Jean Dubuffet o l’Outsider Art di chi crea al di fuori delle norme estetiche convenzionali. Le sue figure umane, spesso deformate, quasi grottesche, sono una rappresentazione cruda e autentica dell’essere umano, con i suoi impulsi, le sue passioni, le sue contraddizioni. Il primitivismo di Molinario non è un ritorno al passato, ma una ricerca dell’essenza, di quel nucleo creativo puro e spontaneo che esiste al di là delle regole e delle convenzioni. Le sue opere non si limitano a essere viste, vanno vissute, sentite, assorbite. Sono provocatorie, disturbanti, ma anche profondamente umane. In ‘A volte’, gli aforismi di Bianchini e le opere di Molinario entrano in una relazione complessa, articolata, a volte armoniosa, a volte conflittuale. Le parole di Bianchini, così concise e incisive, sembrano voler contenere l’esuberanza delle tele di Molinario, ma allo stesso tempo ne vengono travolte, amplificate, trasformate. Per esempio, c’è un aforisma che dice: “Il silenzio è un colore che non si vede”. Poi, accanto a queste parole, una tela di Molinario esplode in una cacofonia di tonalità, gesti, forme. Il contrasto è evidente, ma è proprio in questo contrasto che nasce la magia. Le parole di Bianchini diventano una lente attraverso la quale guardare le opere di Molinario e viceversa. Ogni aforisma sembra suggerire una nuova interpretazione delle tele e ogni tela sembra dare corpo, colore, materia alle parole.
Pubblicato nel gennaio 2025, l'opera ‘A volte’ unisce due linguaggi artistici diversi e invita il 'lettore-spettatore' a fermarsi, a riflettere, a immergersi in un dialogo che non ha fine. Un’esperienza che si rinnova ogni volta che si apre una pagina, si osserva una tela, si medita su una frase. Cristina Moregola, nel presentare il progetto, ha parlato di un “incontro-scontro” tra Bianchini e Molinario. E in effetti, è proprio questo il cuore di questo lavoro: un incontro che non nasconde le differenze, ma le esalta, le trasforma in una nuova forma d’arte. Un’opera che ci ricorda come, a volte, siano proprio gli opposti a crearci la bellezza più autentica. Un investimento emotivo, intellettuale, artistico. Un’opera che, come gli aforismi di Bianchini e le tele di Molinario, rimarrà nel tempo, lasciando il segno.
Per info: info@segnieparole.com; www.segnieparole.it
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QUI SOPRA: IL LOGO DELLA CASA EDITRICE NOVARESE, 'SEGNI E PAROLE'
AL CENTRO: FABRIZIO MOLINARIO, ARTISTA
IN APERTURA: LA COPERTINA DELL'OPERA